Le aquile anatraie maggiori sono tornate a Chernobyl
Gli effetti a lungo termine sui rapaci del rewilding nella zona di esclusione di Chernobyl
[24 Gennaio 2022]
Dopo il disastro della centrale nucleare di Chernobyl, avvenuto nel 1986 nella vicina Ucraina che allora era ancora una Repubblica sovietica, in Bielorussia oltre 2.000 km2 di territori precedentemente destinati all’agricoltura intensiva e agli insediamenti umani sono stati dichiarati zona di esclusione (CEZ) e da all’ora quell’area ha subito poco o nessun disturbo umano, subendo decenni di “rigenerazione passiva” durante i quali la natura è stata lasciata a sé stessa.
Ora. lo studio “Long-term Effects of Rewilding on Species Composition: 22-years of Raptor Monitoring in the Chernobyl Exclusion Zone”, pubblicato su Restoration Ecology da Valery Dombrovski e Dzmitry Zhurauliou dell’Accademia nazionale delle scienze della Bielorussia e da Adham Ashton-Butt del British Trust for Ornithology (BTO) e del Department of biological and marine sciences dell’università di Hull, ha analizzato più di 20 anni di dati sulla popolazione di rapaci dalla CEZ di Chernobyl, valutando l’impatto della ridotta attività umana su alcuni dei rapaci più rari d’Europa. Secondo il BTO, «Le loro scoperte dimostrano il potere del rewilding per sostenere la biodiversità, inclusa la conservazione delle specie vulnerabili».
Per analizzare i cambiamenti nella copertura del suolo avvenuti nell’ultimo ventennio nella CEZ, lo studio ha utilizzato immagini satellitari, riscontrando «Cambiamenti significativi nel tipo di habitat, con una riduzione delle aree aperte e un aumento del 680% degli habitat delle zone umide», fenomeno che i ricercatori attribuiscono in gran parte alla successione, una progressione naturale di un habitat precedentemente ostacolata dalla gestione antropica del territorio, insieme alla chiusura dei canali di drenaggio artificiali per impedire la diffusione di materiale radioattivo nell’acqua che fuoriesce dall’area. «Con l’acqua che non defluiva più – spiega il team bielorusso e britannico – gli habitat esistenti sono stati allagati e si sono formate nuove zone umide».
Ed è molto probabiImente questa rinaturalizzazione che ha permesso ai ricercatori di documentare anche l’eccezionale ricolonizzazione della CEZ da parte dell’Aquila anatraia maggiore (Clanga clanga), uno dei rapaci più rari d’Europa e oggetto di precedenti ricerche BTO a causa del suo status “vulnerabile” nella Lista Rossa IUCN. Al BTO dicono che « Almeno 13 coppie sono state registrate nella CEZ bielorussa, l’unico aumento segnalato nella storia recente di una popolazione di aquila anatraia maggiore e un eccellente indicatore della presenza di zone umide di alta qualità nell’area rinaturalizzata».
Lo studio ha seguito anche le popolazioni di altre 12 specie di rapaci dal 1998 al 2019 e i ricercatori evidenziano che «Diversi assemblaggi di specie – l’abbondanza e il tipo di specie presenti in un’area – sono associati a diversi habitat». L’analisi dei cambiamenti nell’abbondanza di specie diverse ha mostrato un calo dei predatori generalisti come l’albanella minore (Circus pygargus) e la poiana (Circus cyaneus) e la poiana comune (Buteo buteo), che cacciano su campi aperti e terreni agricoli e mangiano una varietà di specie di prede, e un aumento di specialisti come l’aquila anatraia maggiore e il lodolaio euroasiatico (Falco subbuteo).
C BTO conclude: «Poiché gli specialisti dipendono per il cibo da altre specie importanti per la conservazione, come il re di quaglie (Crex crex) e il beccaccino (Gallinago gallinago), questo cambiamento indica un impatto positivo del rewilding sull’ecosistema nel suo insieme, non solo sulle popolazioni di rapaci, e mostra il potenziale valore del rewilding come strategia per affrontare la biodiversità perdita».
Il precedente studio “Spatial and temporal differences in migration strategies among endangered European Greater Spotted Eagles Clanga clanga” pubblicato su Bird Conservation International il primo dicembre 2021 da un team che comprendeva Dombrovski e Ashton-Butt e ricercatori estoni e polacchi, aveva utilizzato il GPS per tracciare i movimenti di uno dei rapaci più rari d’Europa, facendo luce sulle pressioni che questa specie deve affrontare al di fuori della stagione riproduttiva.
L’aquila anatraia maggiore, con meno di 1.000 coppie riproduttive rimate in Europa, è in pericolo di estinzione, e si sa poco sul suo areale di svernamento, anche se si ritiene che sia probabile che sia limitato a poche zone umide adatte che forniscono cibo sufficiente.
Prima dello studio del 2021 erano stati identificati numerosi siti di svernamento lungo la costa mediterranea, ma sono state registrate aquile anatraie maggiori anche in Medio Oriente e nell’Africa nord-orientale. Ma le differenze nei luoghi di svernamento e all’interno delle popolazioni esistenti sono poco note, il che ostacola gli sforzi per conservare e identificare le minacce per questa specie al di fuori dei luoghi di riproduzione.
Gli scienziati hanno applicato tag GPS su aquile anatraie maggiori adulte che si riproducono in Estonia, Polonia e Bielorussia e hanno analizzato dove questi uccelli, rivelando così l’estensione dell’areale di svernamento e le differenze nelle regioni di svernamento tra le diverse popolazioni riproduttive e tra maschi e femmine. Ne è venuto fuori che le aquile estoni svernano tutti nell’Europa meridionale, mentre quelle polacche e bielorusse svernano nell’Europa sud-orientale, in Medio Oriente o in Africa. Tra le aquile anatraie bielorusse, i maschi avevano maggiori probabilità di svernare più a sud rispetto alle femmine, con la maggior parte dei maschi che svernavano all’interno di una stratta fascia del Sahel orientale (Sud Sudan ed Etiopia) e le femmine nelle zone umide costiere nell’Europa sudorientale (Grecia meridionale) e in Turchia. Le stesse aree di svernamento potrebbero essere utrilizzate dalle aquile polacche, ma c’è incertezza a causa del piccolo numero di rapaci rintracciati. La maggior parte delle aquile anatraie maggiori che svernano in Europa lo fanno in un numero limitato di aree protette, sottolineando l’importanza di questi luoghi per questa specie. Tuttavia, solo due dei 12 siti di svernamento in Africa hanno uno status protetto, entrambi all’interno dello stesso parco nazionale.
Il team di scienziati conclude: «Questi distinti territori di svernamento di femmine e maschi potrebbero avere un impatto sulla conservazione della specie. La maggior parte delle femmine seguite ha svernato in siti formalmente protetti, mentre i maschi no. Ciò potrebbe portare a una sopravvivenza basata sul sesso se le zone umide africane venissero degradate. Al contrario, la perdita di habitat in Europa avvenuta in passato rispetto all’Africa potrebbe aver ridotto il numero di femmine rispetto ai maschi. Inoltre, le aree protette possono non essere sufficientemente protette e le aquile in alcune aree protette europee sono minacciate dalla caccia o da linee elettriche pericolose. In definitiva, un rapporto tra i sessi sbilanciato potrebbe aumentare i tassi di ibridazione con le aquile anatraie minori (Clanga pomarina, una specie più comune e strettamente imparentata con le anatraie maggiori, ndr) e quindi aumentare il rischio di estinzione per l’aquila anatraia maggiore».