Le ondate di caldo colpiranno sempre di più i poveri, i ricchi riusciranno a cavarsela

Il 25% della popolazione mondiale sarà colpita dalle ondate di caldo quanto tutto il restante 75% messo insieme

[11 Febbraio 2022]

Secondo lo studio “Increasing Heat-Stress Inequality in a Warming Climate”, pubblicato su Earth’s Future dell’American Geophysical Union (AGU) da un team di ricercatori canadesi e statunitensi guidato da Mohammad Reza Alizadeh, del Department of bioresource engineering della McGill University – Montreal, «A causa di una combinazione di collocamento e accesso agli adattamenti del caldo, come l’aria condizionata, le persone con un reddito più basso sono esposte alle ondate di caldo per periodi di tempo più lunghi rispetto alle loro controparti a reddito più alto. Questa disuguaglianza dovrebbe aumentare con l’aumento delle temperature».

Dallo studio emerge che, attualmente, le fasce di popolazioni a reddito più basso devono affrontare un’esposizione alle ondate di caldo del 40% superiore rispetto alle persone a reddito più elevato e che «Entro la fine del secolo, il 25% più povero della popolazione mondiale sarà esposto a ondate di caldo a un tasso equivalente al resto della popolazione messa insieme».

Le popolazioni più povere possono essere colpite da una o due ondate di caldo in più a causa del cambiamento climatico sia per le aree dove vivono, sia per l’incapacità economica di poter utilizzare dispositivi di mitigazione come l’aria condizionata.

L’AGU spiega che «Lo studio ha analizzato i dati storici sul reddito, i registri climatici e gli adattamenti al calore per quantificare il livello di esposizione alle ondate di caldo che le persone con livelli di reddito diversi devono affrontare in tutto il mondo. L’esposizione alle ondate di caldo è stata misurata dal numero di persone esposte alle ondate di caldo moltiplicato per il numero di giorni di ondate di caldo. I ricercatori hanno abbinato queste osservazioni ai modelli climatici per prevedere come cambierà l’esposizione nei prossimi otto decenni».

Lo studio ha rilevato che, anche tenendo conto dell’accesso all’aria condizionata, ai ripari per raffrescarsi, alle norme di sicurezza per i lavoratori all’aperto e alle campagne di sensibilizzazione sulla sicurezza da caldo, entro il 2100 il quarto più povero della popolazione mondiale dovrà affrontare un aumento pronunciato dell’esposizione alle ondate di caldo. Invece, il terzo della popolazione con il reddito più alto sperimenterà pochi cambiamenti nell’esposizione  caldo perché la capacità dei più ricchi di stare al passo con i cambiamenti climatici è generalmente maggiore.

Entro il 2100, le persone che vivono nei quartieri con la popolazione a più basso reddito dovranno affrontare 23 giorni di ondate di caldo in più all’anno rispetto a quelle nei quartieri a reddito più alto. I ricercatori ricordano che «Molte regioni popolose e a basso reddito si trovano nei tropici già caldi e si prevede che la loro popolazione crescerà , contribuendo alle discrepanze nell’esposizione alle ondate di caldo».

Il principale autore dello studio, il climatologo Mojtaba Sadegh del Department of civil engineering della Boise State University, sottolinea che «Lo studio si aggiunge a un numero crescente di prove che le popolazioni che hanno contribuito meno al cambiamento climatico antropogenico spesso sopportano il peso maggiore degli impatti del cambiamento climatico. Storicamente, i Paesi a reddito più alto contribuiscono alla maggior parte delle emissioni di gas serra. Ci aspettavamo di vedere una discrepanza, ma vedere un quarto del mondo affrontare la stessa esposizione degli altri tre quarti messi insieme… è stato sorprendente»

Ma anche per i ricchi si prospettano tempi bui, come spiega ancora Sadeg, «Sebbene le regioni a reddito più elevato abbiano spesso un maggiore accesso agli adattamenti, probabilmente dovranno affrontare blackout o interruzioni di corrente poiché la domanda di elettricità sommergerà la rete. Un aumento dell’area geografica colpita dalle ondate di caldo, che lo studio ha rilevato che sia già aumentata di 2,5 volte dagli anni ’80, limiterà la nostra capacità di “prendere in prestito” elettricità dalle regioni vicine non interessate, come la California che importa elettricità dal Pacifico nord-occidentale».

Kristie Ebi, del Center for Health and the Global Environment dell’università di Washington che non è stata  coinvolto nello studio, ha detto all’AGU:  «Sappiamo per troppa esperienza che l’emissione di una previsione di ondata di caldo non è sufficiente per garantire che le persone sappiano quali azioni appropriate devono intraprendere durante un’ondata di caldo e come farlo. Raccogliere più dati sulla frequenza delle ondate di caldo e sulle risposte nei Paesi a basso reddito è fondamentale».

Sadegh conclude: «Spero che lo studio stimolerà innovazioni in soluzioni di raffreddamento economiche ed efficienti dal punto di vista energetico, oltre a evidenziare la necessità di soluzioni a breve termine. Dobbiamo aumentare la consapevolezza dei pericoli e della sicurezza termica e migliorare i sistemi di allerta precoce e l’accesso a tali sistemi di allerta».