Welcome to EartH2: dal made in Italy tre tecnologie per produrre idrogeno low carbon
Dall’italiana NextChem una nuova campagna per far conoscere soluzioni tecnologiche già pronte all’uso, in grado di rendere il Paese protagonista nella nuova filiera energetica
[1 Marzo 2022]
Secondo l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena) l’idrogeno, in meno di trent’anni, coprirà fino al 12% del consumo globale di energia, andando a ridisegnare a fondo quella geopolitica che oggi vede l’Italia dipendente dal gas fossile in arrivo da Paesi come la Russia.
«L’idrogeno potrebbe rivelarsi l’anello mancante per un futuro energetico a prova di clima – commenta Francesco La Camera, direttore generale Irena – Ma l’idrogeno non è un nuovo petrolio. E la transizione non consiste nella sostituzione di un carburante, bensì nel passaggio a un sistema nuovo con sconvolgimenti politici, tecnici, ambientali ed economici».
A partire da un cambiamento tanto profondo quanto basilare: l’idrogeno non è una fonte energetica, come le rinnovabili o i combustibili fossili, ma un vettore sempre più determinante per immagazzinare, spostare e commercializzare energia. Il primo passo per portare l’Italia nella nuova economia dell’idrogeno, che anche l’Ue considera sempre più rilevante, sta dunque nel domandarsi come produrlo senza dipendere ancora una volta da risorse o tecnologie altrui.
Per contribuire a rispondere a questa domanda, NextChem – ovvero la controllata della multinazionale italiana Maire Tecnimont che opera nel campo della chimica verde e delle tecnologie a supporto della transizione energetica – ha lanciato la campagna di comunicazione “Welcome to EartH2”, incentrata sulle sue soluzioni per la produzione di idrogeno rinnovabile e a basse emissioni.
Complessivamente, NextChem propone tre tecnologie per la produzione di idrogeno rinnovabile e low carbon, tutte con caratteristiche diverse tra loro.
«La prima tecnologia – spiegano da NextChem – è relativa alla produzione di un Idrogeno blu elettricoTM, derivante da gas naturale e basato su un know-how tradizionale ma che prevede l’utilizzo di energia elettrica per alimentare le reazioni endotermiche del reforming del metano. Questo consente di ridurre del 45% le emissioni di CO2 rispetto al sistema tradizionale di produzione di idrogeno grigio. Inoltre, la possibilità di utilizzare energia elettrica da fonte rinnovabile per fornire il calore di reazione consente di ridurre ulteriormente le emissioni». Tra le tre opzioni sul tavolo questa è la più classica ma anche la meno sostenibile, tenuto conto che si basa sull’impiego di un combustibile fossile come il gas naturale anche se con cattura della CO2.
«La seconda tecnologia è quella relativa alla produzione di idrogeno da elettrolisi alimentato da energia da fonte rinnovabile, il cosiddetto idrogeno verde. È la versione più sostenibile di produzione dell’idrogeno, perché è l’unica opzione “zero-carbon”», proseguono da NextChem. In questo caso si parla di una soluzione impiegabile con successo già adesso, anche se ad oggi i costi per la produzione di idrogeno verde sono maggiori rispetto a quelli necessari per le tradizionali tecnologie dedicate all’idrogeno blu; si tratta però di una questione di tempo, perché gli investimenti nel settore continueranno a crescere e presto si arriverà a soluzioni competitive anche sotto il profilo dei costi, come già delineato (tra gli altri) dall’Irena.
La terza tecnologia messa in campo da NextChem è quella più innovativa, ovvero «l’Idrogeno circolareTM, una fonte di idrogeno a basse emissioni. È prodotto da syngas, ottenuto dalla conversione chimica del carbonio e dell’idrogeno contenuti nei rifiuti plastici e secchi non riciclabili, ad oggi mandati all’incenerimento o smaltiti in discarica». L’idrogeno circolare presenta già oggi costi competitivi rispetto alle tecniche di produzione tradizionali, e permette al contempo di risolvere il problema dei rifiuti non riciclabili meccanicamente, e inviati dunque all’incenerimento o smaltiti in discarica, dando una seconda vita al carbonio e all’idrogeno contenuti in questi scarti. Una soluzione che potrebbe rendere l’Italia protagonista dell’economia circolare, oltre che nell’economia dell’idrogeno.