Con Cospe sta proseguendo il progetto Nabi, per promuovere soluzioni basate sulla natura

Rete Clima, piantare alberi per difendere il pianeta e le nostre città

Acrami: «Piantare un albero è simbolo della protezione di un territorio ma anche di riflessione sul fatto che ognuno può fare la propria parte»

Milano è la capitale economica italiana ma anche tra le aree la più inquinate in Europa. In un contesto simile la riforestazione urbana è oggi la soluzione di miglioramento ambientale più economica, in particolare nelle aree suburbane e nei parchi urbani. Rete Clima intende offrire una progettualità concreta, rivolta alle aziende che vogliono piantare alberi impegnandosi in campo ambientale sia per il miglioramento della qualità del territorio urbano sia per contrastare il cambiamento climatico. Per approfondire il loro lavoro, Cospe ha intervistato Pietro Acrami, collaboratore di Rete Clima.

Rete Clima è un network dalla struttura tecnica che promuove concreti progetti di economia circolare, supportando aziende e organizzazioni orientate allo sviluppo sostenibile: com’è nato tutto questo? Qual è il suo percorso evolutivo?

«Rete Clima è nata dieci anni fa da Andrea Pellegatta e Paolo Viganò ed è frutto della loro esperienza scout. È nata grazie all’assegnazione di due bandi per due progetti di deforestazione partecipata: uno in provincia di Monza e un secondo progetto in provincia di Como. Io sono arrivato dopo, sono in Rete Clima da circa tre anni.

Rete Clima è un network che promuove azioni di Corporate social responsibility (Csr), di sostenibilità e di decarbonizzazione. Si tratta di una rete strutturata come ente tecnico che si compone di tecnici e persone formate nel settore delle scienze ambientali e agrarie. Questi sono fondamentalmente i due filoni principali.

In breve, come ente tecnico, Rete Clima accompagna le aziende in tutto il lungo processo di decarbonizzazione, partendo quindi dall’analisi dell’impronta fino alla riduzione, alla compensazione ed eventuali progetti anche di forestazione a livello nazionale».

Quali sono i feedback delle comunità, delle aziende e di chi – direttamente o indirettamente – è parte dei vostri progetti? Questi ultimi sono anche frutto di una partecipazione dal basso?

«Noi ci rivolgiamo alle comunità indirettamente attraverso il nostro lavoro con le aziende. Il punto vincente di Rete Clima è che prendiamo per mano le aziende. In prima battuta, cerchiamo di capire la loro situazione di base, le esigenze,e poi, caso per caso, proponiamo delle soluzioni concrete. In poche parole, il processo parte da un’analisi per arrivare a processi di riduzione dell’impronta ecologica, compensazione ed eventualmente riforestazione».

E per le comunità?

«Nei nostri progetti o nelle nostre iniziative puntiamo sicuramente ad aumentare il loro coinvolgimento. Ti faccio un esempio. Se andiamo a lavorare in contesti di emergenza, come abbiamo fatto in occasione dell’incendio che ha colpito il parco delle Madonie in Sicilia lo scorso anno, la popolazione partecipa ed è consapevole che stai lavorando per recuperare e risollevare quel territorio. Da un punto di vista strettamente tecnico, la popolazione non è coinvolta. Ci affidiamo di solito a professionisti sul campo, soprattutto quando facciamo un lavoro lontano dalla nostra sede.

Per i feedback a posteriori, assolutamente sì. Sono fondamentali e ci permettono di migliorare ulteriormente un territorio e il suo tessuto sociale. Piantando alberi, attivi anche il tessuto sociale».

Qual è il vostro range d’azione? Lavorate solo da un punto di vista locale o vi siete spostati anche in altre regioni italiane?

«Fino a oggi abbiamo lavorato principalmente nel Nord ovest italiano. Siamo stati tanto in Lombardia, ma anche in Piemonte, Trentino. In questo momento stiamo lavorando in Sicilia, come detto prima, e anche in Sardegna».

Agite sia grazie ai partner (accademici, enti, organizzazioni, etc.) che alle pubbliche amministrazioni: qual è il loro supporto, sia concreto che etico, nello sviluppo delle vostre iniziative?

«Sicuramente le università sono fondamentali per Rete Clima. Abbiamo molti contatti e, per farti qualche esempio, lavoriamo con l’Università Bicocca di Milano. Le innovazioni arrivano da questi contesti e il legame molto stretto con il mondo accademico ci permette di spostare la ricerca dal mondo universitario alla nostra azione quotidiana.

Tra gli altri partner ci sono sicuramente anche gli enti pubblici. Grazie al loro supporto troviamo le aree forestali e quelle da forestare. In molti territori le terre sono pubbliche e serve che l’ente ci dia il permesso di portare i finanziatori. Ci appoggiano e apprezzano il nostro lavoro.

Lavoriamo poi con associazioni come Pefc Italia, che promuove la certificazione di gestione forestale sostenibile. Lavoriamo insieme per proporre alle aziende percorsi di gestione forestale. Ad esempio,proponiamo il miglioramento delle foreste sul territorio o la creazione e l’investimento di territori ancora “vuoti”.

Un’altra collaborazione interessante è con Asso Floro, una rete di associazioni che raggruppa tutte le realtà del vivaismo italiano e garantisce la corretta filiera vivaistica nei nostri interventi».

Pianificare la sostenibilità in azienda come azione di governance strategica è uno dei vostri focus vincenti. Ci spiega meglio cosa significa e quali sono i tasselli che compongono questo approccio?

«Sicuramente deve esserci un forte interessamento da parte dell’azienda nella condivisione di una vision e nel desiderio di raggiungere quell’obiettivo. È necessario il coinvolgimento di molti settori e la pianificazione delle singole aree in prima battuta, poi di concerto. Tenendo molto a questo aspetto, come Rete Clima aiutiamo le aziende anche attraverso un accompagnamento nella stesura dei report di sostenibilità. Ogni azienda deve strutturarsi in base alle proprie dimensioni e caratteristiche. È altrettanto fondamentale il legame che si instaura con l’azienda».

Cosa ci dici del progetto “Nabi – Nature-based innovations for urban forest and rainwater management”, promosso in Italia da Cospe?

«Ho apprezzato parecchio questo progetto e l’iniziativa della raccolta di esperienze di buone prassi di Nature based solutions. In questo modo, insieme, aiutiamo a mettere a confronto diverse realtà ed esperienza accomunate dallo stesso obiettivo: contrastare e mitigare gli effetti del cambiamento climatico.

Secondo me la caratteristica fondamentale di Rete clima è quella di essere una rete e il progetto Nabi è in linea con questo aspetto: essere in tanti vuol dire anche avere formazione e stimoli diversi che arricchiscono il nostro operare».

Un altro progetto a cui sei particolarmente affezionato?

«Forse il progetto a cui oggi mi sento più legato è un progetto che verrà lanciato a breve. Si chiama “campagna foresta Italia” e vuole essere un cappello a tutte le azioni forestali che facciamo. Per me è molto importante perché tanti dicono “Piantiamo alberi” ma spesso sembra si piantino numeri. Con questa campagna vogliamo dire infatti che piantare alberi è fondamentale ma altrettanto fondamentale è anche la gestione delle foreste,  evitare incendi, frane ecc. Sicuramente non riusciremo a salvare tutte le foreste italiane ma vogliamo giocare la nostra partita. Piantare un albero è simbolo della protezione di un territorio ma anche di riflessione sul fatto che ognuno può fare la propria parte».