Proposte Ue per ridurre le emissioni degli allevamenti intensivi, Greenpeace: misure indebolite
Sospette pressioni dell'ultimo minuto da parte della lobby dell'industria agricola
[6 Aprile 2022]
La Commissione europea ha pubblicato la proposta per rivedere la direttiva sulle emissioni industriali, una normativa che richiede agli impianti industriali altamente inquinanti, come le centrali elettriche, gli impianti di trattamento dei rifiuti e le aziende chimiche, ma anche gli allevamenti intensivi, di ottenere specifiche autorizzazioni ambientali dalle autorità nazionali per poter operare e per limitare le emissioni inquinanti.
Greenpeace Europena Unit spiega che «Il nuovo piano riguarderebbe per la prima volta l’allevamento intensivo di bovini e modificherebbe anche le soglie in modo che più allevamenti di suini e pollame debbano ottenere permessi e monitorare e ridurre le loro emissioni di tutti gli inquinanti, compresi i gas serra. Se il piano sarà adottato nella sua forma attuale, le regole si applicheranno agli allevamenti con 150 “capi di bestiame”. Ciò equivale a 150 vacche adulte, 375 vitelli, 10.000 galline ovaiole, 500 maiali o 300 scrofe. Questo è un miglioramento rispetto alla legge esistente, in cui gli allevamenti di bovini intensivi ricevevano un pass gratuito e dove erano coperti solo gli allevamenti con oltre 40.000 polli, 2.000 suini o 750 scrofe».
Però, gli ambientalisti evidenziano che «Una bozza del piano pubblicata la scorsa settimana da Contexte, mostrava l’intenzione della Commissione di fissare tale soglia a 100 Untà di bestiame (UBA), ma con una mossa dell’ultimo minuto, dovuta a sospette pressioni della lobby agricole, questa soglia è stata aumentata. La stessa Commissione ha calcolato che fissare la soglia a 100 UBA avrebbe portato a benefici per la salute per oltre 7,3 miliardi di euro all’anno, grazie alla riduzione delle emissioni di metano e ammoniaca. Ora che la soglia è stata portata a 150 UBA i benefici per la salute sono stimati in 5,5 miliardi di euro – il che significa una perdita economica per l’intera società di 1,8 miliardi di euro ogni anno».
Marco Contiero, direttore delle politiche agricole Ue di Greenpeace , ha evidenziato che «Ridurre l’inquinamento proveniente dagli allevamenti di bovini, suini e di pollame è essenziale per affrontare le crisi climatica e della biodiversità, per prevenire miliardi di euro di costi sanitari e ambientali e per avviare una transizione globale verso sistemi alimentari più sostenibili. Gli interessi acquisiti di un piccolo numero di grandi aziende agricole hanno gravato ogni anno sulla nostra società con miliardi di costi per la salute e l’ambiente. Richiedere a questi giganti dell’allevamento industriale di ottenere un permesso per l’inquinamento è il minimo indispensabile per l’Ue».
Greenpeace European Unit ricorda che «L’allevamento di animali, in particolare la produzione industriale di bestiame, ha un impatto negativo sulla qualità dell’acqua, dell’aria e del suolo, oltre a incidere pesantemente sul clima e sulla perdita di biodiversità». E sottolinea che la commissione Ue aveva a disposizione tutte le basi scientifiche per fare scelte più coraggiose: secondo lo studio “Impacts of European livestock production: nitrogen, sulphur, phosphorus and greenhouse gas emissions, land-use, water eutrophication and biodiversity” pubblicato su IOPScience dal Joint Research Centre (JRC) della Commissione europea, «Il settore zootecnico è responsabile dell’80% delle emissioni di ammoniaca agricola dell’Ue nell’atmosfera e delle emissioni di azoto nell’acqua». Come riconosciuto nel recente rapporto “Progress made on the implementation of Directive (EU) 2016/2284 on the reduction of national emissions of certain atmospheric pollutants“ della Commissione Ue, «Le emissioni di ammoniaca rimangono un’eccezione ai miglioramenti generali fino ad oggi. Il settore agricolo dovrà impegnarsi ulteriormente per fornire le riduzioni richieste». Secondo il rapporto “The European Nitrogen Assessment – Sources, Effects and Policy Perspectives” del Jrc e di ricercatori di università britanniche, olandesi, svedesi e francesi, «L’inquinamento da azoto costa all’Unione europea fino a 320 miliardi di euro ogni anno».
Federica Ferrario, responsabile della campagna agricoltura di Greenpeace Italia, conclude: «E’ ora di rispettare il principio “chi inquina paga” invece di scaricare i costi sulla collettività: sottoporre a idonee autorizzazioni attività inquinanti come gli allevamenti intensivi è il minimo indispensabile».