Alle scimmie piace la frutta alcoolica. Confermata l’ipotesi della scimmia ubriaca (VIDEO)
L'attrazione naturale degli esseri umani per l'alcool potrebbe essere un’ereditata dai nostri antenati primati
[6 Aprile 2022]
Lo studio “Dietary ethanol ingestion by free-ranging spider monkeys (Ateles geoffroyi)”, pubblicato recentemente su Royal Society Open Science dalle antropologhe Christina Campbell e Victoria Weaver della California State University – Northridge (CSUN) e dai biologi Aleksey Maro e Robert Dudley dell’università della California- Berkley (UCB), dimostra che le scimmie ragno dalle mani nere di Panama mostra cercano e mangiano frutta abbastanza matura da essere fermentata, contenente fino al 2% di etanolo. E i risultati dello studio confermano la teoria secondo la quale l’inclinazione umana a bere alcoolici può avere le sue radici nell’affinità dei nostri antichi antenati a consumare frutti fermentanti ma nutrienti.
Da 25 anni Dudley era incuriosito dall’attrazione degli esseri umani per l’alcool, tanto che nel 2014 ha scritto un libro, “The Drunken Monkey: Why We Drink and Abuse Alcohol” nel quale proponeva che la nostra attrazione per l’alcool sia nata milioni di anni fa, quando i nostri antenati – scimmie e grandi scimmie . scoprirono che il profumo dell’alcool li portava a trovare rutti maturi, fermentanti e nutrienti. Le sue ricerche avevano dimostrato che alcuni frutti noti per essere mangiati dai primati hanno una gradazione alcoolica naturalmente elevata fino al 7%. Ma all’epoca Dudley non disponeva di dati che dimostrassero che le scimmie o le grandi scimmie cercassero e mangiassero preferibilmente frutti fermentati, o che digerissero l’alcool contenuto in quei frutti. Il nuovo studio porta nuovi dati a sostegno di quella che Dudley chiama l’ipotesi della “scimmia ubriaca”.
La Campbell la Weaver, hanno raccolto a Panama frutta mangiata e scartata dalle scimmie ragno dalle mani nere e hanno scoperto che «La concentrazione di alcool nei frutti era solitamente compresa tra l’1% e il 2% in volume, un sottoprodotto della fermentazione naturale dei lieviti che mangiano lo zucchero nei frutti in maturazione». Inoltre, i ricercatori californiani hanno raccolto l’urina da queste scimmie selvatiche e hanno scoperto che conteneva metaboliti secondari dell’alcool e dicono che «Questo risultato dimostra che gli animali stavano effettivamente utilizzando l’alcool per produrre energia, non stava solo passando attraverso i loro corpi».
La Campbell evidenzia che «Per la prima volta, siamo stati in grado di dimostrare, senza ombra di dubbio, che i primati selvatici, senza l’interferenza umana, consumano l’etanolo contenuto nella frutta. Questo è solo uno studio, e se ne devono fare di più, ma sembra che ci possa essere del vero nell’ipotesi della “scimmia ubriaca”, che la propensione degli esseri umani a consumare alcool deriva da una profonda affinità radicata dei primati frugivori (mangiatori di frutta) per l’etanolo presente in natura all’interno dei frutti maturi».
Sono stati Dudley e Maro per analizzare il contenuto alcoolico dei frutti. Maro sta conducendo uno studio parallelo sul contenuto di alcool nella dieta a base di frutta degli scimpanzé in Uganda e Costa d’Avorio.
Dudley spiega che lo studio «E’ un test diretto sull’ipotesi della scimmia ubriaca, La prima cosa è che c’è etanolo nel cibo che stanno mangiando e stanno mangiando molta frutta. Quindi, seconda cosa, stanno effettivamente metabolizzando l’alcool: metaboliti secondari, con le urine escono etilglucuronide ed etilsolfato. Quello che non sappiamo è quanto ne stanno mangiando e quali sono gli effetti comportamentali e fisiologici. Ma è una conferma».
Lo studio è stato condotto sul campo a Isla Barro Colorado, a Panama, dove Dudley ha condotto spesso ricerche e dove ha iniziato a pensare al ruolo dell’etanolo nelle diete animali e a come questo potrebbe essere legato al nostro piacere nel consumere alcool e ad abusarne.
I ricercatori hanno scoperto che la frutta che le scimmie ragno annusavano e mordevano solitamente aveva concentrazioni di alcool comprese tra l’1% e il 2%, circa la metà della concentrazione degli infusi a basso contenuto alcoolico, I frutti maturi raccolti dalle scimmie provenivano dall’albero di Jobo (Spondias mombin), e sono una componente importante della dieta delle scimmie ragno. Ma lo stesso frutto viene anche usato da millenni in tutto il Centro e Sud America dalle popolazioni umane indigene per fare la chicha, una bevanda alcoolica fermentata.
Dai campioni di urina di 6 scimmie ragno, 5 contenevano metaboliti secondari dell’etanolo e la Campbell evidenzia che «Probabilmente le scimmie stavano mangiando la frutta con etanolo per le calorie. Otterrebbero più calorie dalla frutta fermentata che dalla frutta non fermentata. Più calorie significano più energia». Dudley dubita che le scimmie sentano gli effetti inebrianti dell’alcool apprezzati dagli esseri umani: «Probabilmente non si stanno ubriacando, perché le loro viscere si riempiono prima che raggiungano livelli inebrianti. Ma questo fornisce loro qualche beneficio fisiologico. Forse, inoltre, c’è un beneficio antimicrobico all’interno del cibo che stanno consumando, o l’attività del lievito e dei microbi potrebbe predigerire il frutto. Non si può escluderlo».
La Campbell conclude: «La necessità di un elevato apporto calorico delle scimmie potrebbe aver influenzato in modo simile le decisioni degli antenati umani nella scelta della frutta da mangiare. Dato che ha più calorie, gli antenati umani potrebbero anche aver selezionato preferenzialmente frutta carica di etanolo per consumarla, Gli effetti psicoattivi ed edonici dell’etanolo possono comportare allo stesso modo un aumento dei tassi di consumo e un aumento calorico. Oggi, la disponibilità di alcool in forma liquida, senza la polpa che ci riempie le budella invece dei frutti in fermentazione, significa che è facile esagerare. L’idea che l’attrazione naturale degli esseri umani per l’alcool sia ereditata dai nostri antenati primati potrebbe aiutare la società ad affrontare le conseguenze negative dell’abuso di alcool. Il consumo eccessivo di alcool, come il diabete e l’obesità, può quindi essere considerato concettualmente come una malattia da eccesso nutrizionale».