Guerra e insicurezza alimentare: servono alternative più sostenibili
L'allevamento di insetti per farne mangimi è una soluzione che va in questa direzione, riducendo l’uso (e l’import) di mais e soia
Pochi giorni fa il World food program dell’Onu ha lanciato l’allarme su una potenziale quanto aspettata crisi globale della fame, esacerbata dalla guerra in Ucraina. La questione non sta ricevendo l’attenzione che merita. Secondo la stessa agenzia infatti, sono quasi 280 milioni le persone che oggi nel mondo soffrono la fame, una cifra in grandissimo aumento se si pensa che prima della pandemia questo valore di aggirava intorno ai 140 milioni.
Coi porti sul Mar Nero bloccati, una quantità esorbitante di grano rimane intrappolata in Ucraina. Un’altra grande quantità è già andata distrutta sotto le bombe russe. In un mondo globalizzato, il commercio di beni e risorse costituisce le fondamenta delle economie mondiali che sono sempre più altamente interconnesse spazialmente e settorialmente all’interno di una complessa rete di interazioni globali.
Mentre i beni agricoli globali oggi connettono sempre di più milioni di agricoltori e consumatori in tutto il mondo, Ucraina e Russia sono tra i maggiori esportatori di frumento tenero: esportando circa il 20% e 10% rispettivamente delle esportazioni mondiali di questo importante cereale. Sono perciò molti gli Stati che dipendono dall’export di queste due nazioni.
Dai dati Fao si evince che il frumento tenero russo e ucraino va soprattutto verso il Nord Africa, il Medio e l’Estremo Oriente. Paesi come Indonesia, Turchia, Egitto, Tunisia, Bangladesh, Yemen e Libano sono già destinati a risentire moltissimo di questa situazione, che potrebbe anche andare a peggiorare con il prolungarsi della guerra. La maggior parte di questi Stati soffre già di ulteriori problemi e, sempre sulla base delle stime Fao, questi Paesi sono ubicati nelle aree del mondo dove si avrà nei prossimi anni un sostanziale incremento demografico che ci guiderà dagli attuali 7,9 miliardi di persone ai 9,8 miliardi nel 2050 e 11,2 miliardi nel 2100.
L’import di mais da Russia e Ucraina è principalmente utilizzato nei Paesi importatori come mangime per animale. È cioè parte fondamentale del ciclo di vita del bestiame. Il mais è infatti il principale ingrediente delle diete per animali di interesse zootecnico; i sottoprodotti del mais vengono inclusi principalmente nelle diete degli animali monogastrici, mentre l’insilato e il pastone integrale di mais sono usati quasi esclusivamente per l’alimentazione dei ruminanti.
Già da ben prima di questa guerra, un importante corpus scientifico aveva sottolineato le problematiche dovute alla crescente richiesta di materie prime e risorse destinate alla filiera agricola della produzione di bestiame, sottolineando ad esempio la crescente deforestazione in molte aree del mondo adibita alla produzione di beni agricoli usati come mangimi per animali. Su tutti la produzione di soia in Sud America, anch’essa fortemente guidata dalla crescente produzione e consumo di prodotti animali.
Questa guerra sta quindi evidenziando e acutizzando un problema già esistente, a cui tutti gli attori politici e la comunità scientifica internazionale sono chiamati a trovare soluzioni adeguate. Alla luce di questo i Paesi in via di sviluppo sono aree prioritarie che possono svolgere un ruolo chiave nella creazione di un nuovo quadro ispirato a un modello di economia circolare, così guidando la transizione globale verso sistemi alimentari più sostenibili.
Un esempio emergente che va in questa direzione è l’allevamento di insetti. Poiché i sottoprodotti agricoli e i rifiuti organici possono essere utilizzati come input per gli insetti, e gli insetti possono essere usati come input per il bestiame andando a sostituire i tradizionali mangimi, questi rappresentano un modo efficace per riciclare i nutrienti altrimenti persi da un lato e ridurre gli impatti legati ai rifiuti così riducendo l’import degli attuali mangimi.
Gli insetti come mangimi sono diventati oggigiorno una questione rilevante proprio a causa dell’aumento del costo delle proteine animali, dell’insicurezza alimentare, delle continue pressioni ambientali, e della crescita della popolazione con il conseguente incremento della domanda di proteine.
Sebbene su diversi aspetti siano ancora necessari ulteriori sviluppi della ricerca, oggi appare sempre più evidente la necessità di trovare soluzioni alternative all’attuale sistema di produzione animale. Il futuro dovrà quindi mostrarci l’intensificazione di progetti mirati a lanciare nuovi mercati nei Paesi in via di sviluppo focalizzati su alternative sostenibili alla produzione di mangimi per i settori dell’allevamento, attraverso la creazione di cooperative agricole e di nuovi settori commerciali più sostenibili.