Food Outlook: i più poveri del mondo pagano di più per meno cibo e di qualità peggiore

La Fao: rischi per la sicurezza alimentare dovuti ai prezzi elevati dei prodotti alimentari e agricoli

[10 Giugno 2022]

Quest’anno il costo globale delle importazioni di cibo sta per raggiungere un nuovo record di 1,8 trilioni di dollari, ma sono prezzi più elevati e i costi di trasporto e non i volumi di cibo importati che  rappresentano la maggior parte dell’aumento previsto. E’ quanto emerge dal nuovo rapporto “Food Outlook  – Biannual Report on Global Food Markets”, pubblicato dalla Fao e che lo riassume così: «Preoccupante, molti Paesi vulnerabili stanno pagando di più ma ricevono meno cibo».

Pubblicato due volte l’anno, il Food Outlook fornisce le previsioni della Fao sull’andamento della domanda e dell’offerta del mercato per i principali prodotti alimentari del mondo, inclusi cereali, colture oleaginose, zucchero, carne, latticini e pesce. Esamina anche le tendenze nei mercati dei futures e i costi di spedizione per i prodotti alimentari. La nuova edizione contiene anche due capitoli speciali che esaminano il ruolo dell’aumento dei prezzi degli input agricoli, come combustibili e fertilizzanti, e i rischi che la guerra in Ucraina pone per i mercati globali delle materie prime alimentari

La Fao prevede che «l conto globale delle importazioni di cibo aumenterà di  51 miliardi rispetto al 2021, di cui 49 miliardi di dollari riflettono prezzi più alti» e che «I Paesi meno sviluppati (Least Developed Countries – LDCs) ) quest’anno subiranno una contrazione del 5% nell’ammontare delle importazioni alimentari, mentre l’Africa subsahariana e il gruppo Net Food-Importing Developing Countries  registreranno un aumento dei costi totali, nonostante una riduzione dei volumi importati».

Il rapporto evidenzia che «Si tratta di segnali allarmanti dal punto di vista della sicurezza alimentare, che indicano che gli importatori avranno difficoltà a finanziare l’aumento dei costi internazionali, annunciando potenzialmente la fine della loro resilienza ai prezzi più elevati».

Il principale autore del Food Outlook, l’economista della Fao Upali Galketi Aratchilage, fa notare che «Prendendo in considerazione l’impennata dei prezzi degli input, le preoccupazioni per il clima e dell’aumento delle incertezze di mercato derivanti dalla guerra in Ucraina, le ultime previsioni della Fao indicano un probabile inasprimento dei mercati alimentari e delle bollette delle importazioni alimentari che raggiungono un nuovo record»,
Come strategia per salvaguardare la loro sicurezza alimentare, la Fao ha proposto uno strumento –  Food Import Financing Facility – per  fornire sostegno alla bilancia dei pagamenti dei Paesi a basso reddito che dipendono maggiormente dalle importazioni alimentari.

Il rapporto spiega che «I grassi animali e gli oli vegetali sono il principale contributore all’aumento dei costi di importazione che dovrebbero essere raggiunti nel 2022, sebbene i cereali non siano molto indietro per i Paesi sviluppati. I Paesi in via di sviluppo, nel loro insieme, stanno riducendo le importazioni di cereali, semi oleosi e carne, il che riflette la loro incapacità di far fronte all’aumento dei prezzi».

Il Food Outlook snocciola dati che sono in qualche modo sorprendenti rispetto alla narrazione attuale sulla disponibilità di cibo: «Nel 2022 la produzione mondiale dei principali cereali dovrebbe diminuire per la prima volta in quattro anni, mentre anche l’utilizzo globale è visto in calo, per la prima volta in 20 anni. Tuttavia, non si prevede che l’uso di cereali per il consumo alimentare diretto da parte dell’uomo ne risentirà, poiché si prevede che il calo dell’uso totale risulterà dal minor uso di frumento, cereali grossolani e riso nei mangimi. Nel corso dell’anno, le scorte mondiali di grano aumenteranno marginalmente, principalmente a causa del previsto accumulo di scorte in Cina, Federazione Russa e Ucraina. Si prevede che la produzione e l’utilizzo del mais mondiale raggiungeranno nuovi record, associati a una maggiore produzione di etanolo in Brasile e negli Stati Uniti d’America, nonché alla produzione industriale di amido in Cina. Si prevede che il consumo globale di oli vegetali supererà la produzione, nonostante il previsto razionamento della domanda».

Invece, se la produzione di carne dovrebbe diminuire in Argentina, Unione Europea e Stati Uniti d’America, «La produzione globale aumenterà dell’1,4%, guidata da un aumento previsto dell’8% della produzione di carne suina in Cina, raggiungendo e persino superando il livello prima della drammatica diffusione del virus della peste suina africana nel 2018».
Il rapporto prevede che «La produzione mondiale di latte aumenterà più lentamente rispetto agli anni precedenti, limitata dal numero di mandrie da latte in calo e dai margini di profitto più bassi in diverse grandi regioni produttrici, mentre il commercio potrebbe contrarsi a causa del livello elevato del 2021».

Invece, la produzione mondiale di zucchero dovrebbe aumentare dopo tre anni di declino, soprattutto in India, Thailandia e Unione Europea.

La produzione globale dell’acquacoltura aumenterà del 2,9% mentre quella della pesca di cattura aumenterà probabilmente dello 0,2%. Riflettendo l’aumento dei prezzi del pesce, il Food Outlook  prevede che «I ricavi totali delle esportazioni dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura aumenteranno del 2,8%, mentre i volumi sono diminuiti dell’1,9%.
La Fao ricorda che «Insieme all’aumento dei prezzi dei generi alimentari, con l’Indice dei prezzi alimentari della FAO (FFPI) vicino al suo massimo storico e i prezzi di diversi prodotti di base hanno registrato forti rincari nell’ultimo anno: i settori agricoli sono esposti a limitazioni dell’offerta dovute all’aumento dei costi di input, in particolare per fertilizzanti e combustibili, che potrebbero stimolare ulteriormente il rialzo del prezzo dei generi alimentari. I prezzi elevati dei generi alimentari sono in genere un vantaggio per i produttori, poiché i profitti delle aziende agricole aumentano. Tuttavia, i costi degli input in rapido aumento, associati all’aumento dei costi energetici e alle restrizioni all’esportazione dei fertilizzanti chiave imposte dai principali attori del settore, stanno più che compensando tutto questo che, se protratto, solleverebbe dubbi sul fatto che le risposte dell’offerta possano essere sia rapide che sufficienti».

Nel capitolo speciale del rapporto dedicato alla sulla dinamica dei prezzi elevati dei fattori di produzione, Josef Schmidhuber e Bing Qiao, della Divisione mercati e commercio della Fao, scrivono che «L’impennata del prezzo dei fattori di produzione solleva dubbi sul fatto che gli agricoltori del mondo possano permettersi di acquistarli». Ma questo innescherebbe un circuito pericoloso: «Gli agricoltori possono ridurre le applicazioni di input o passare a colture a minore intensità di input, il che non solo ridurrebbe la produttività, ma avrebbe anche effetti negativi sulle esportazioni di prodotti alimentari chiave verso i mercati internazionali, aumentando gli oneri affrontati dai Paesi che dipendono fortemente dalle importazioni per soddisfare le loro esigenze alimentari di base. Ciò vale anche per i principali Paesi esportatori, ad esempio, alcuni agricoltori nordamericani stanno passando dal mais alla soia, che richiede meno fertilizzanti a base di azoto».
Il Global Input Price Index (GIPI), un nuovo strumento introdotto dalla Fao nel 2021, è ora ai massimi storici e negli ultimi 12 mesi è aumentato ancora più velocemente dell’Indice Fao dei prezzi alimentari. Per l’agenzia Onu, «Questo indica prezzi reali bassi (e in calo) per gli agricoltori, nonostante i prezzi più elevati incontrati dai consumatori. Questo, a sua volta, ostacola loro gli incentivi ad aumentare la produzione in futuro. Perché ciò accada, tuttavia, o il GIPI deve diminuire o l’FFPI deve aumentare ulteriormente – o una combinazione dei due».

Ma il Food Outlook conclude che «Per ora, e in base alle condizioni attuali, la situazione non è di buon auspicio per una risposta dell’offerta guidata dal mercato che potrebbe plausibilmente frenare ulteriori aumenti dei prezzi dei generi alimentari per la stagione 2022/23 e forse la prossima».