Trasformando in elettrici solo l’1% dei veicoli più inquinanti, riduzione delle emissioni pari a quella ottenuta convertendo in elettrico il 10% di veicoli scelti casualmente

Mobilità elettrica e home working per ridurre l’inquinamento urbano

In Italia 800.000 anni di vita persi ogni anno per la pandemia invisibile da inquinamento atmosferico e per il traffico costi sociali fino a 34 miliardi di euro

[10 Giugno 2022]

Lo studio “Gross polluters and vehicles’ emissions reduction”, pubblicato su Nature Sustainability da  Matteo Böhm, Mirco Nanni e  Luca Pappalardo dell’Istituto di scienza e tecnologie dell’informazione del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isti) si occupa di «Quanto e cosa, gli individui che vivono in un’area urbana, respirano quotidianamente dipende da diversi fattori, ed è variabile nello spazio e nel tempo. Così come è molto variabile la responsabilità delle auto, per quelle stesse emissioni a cui le persone sono esposte. Alcune strade delle città, sono più inquinate di altre, e alcuni veicoli privati inquinano più di altri».

Lo studio, realizzato in collaborazione con il Dipartimento di ingegneria informatica, automatica e gestionale (Diag) della Sapienza Università di Roma ha evidenziato come «In città come Roma e Firenze, ma anche a Londra, il 10% delle strade più inquinate può arrivare ad “ospitare” quasi il 60% delle emissioni veicolari di tutta la città, e, allo stesso modo, il 10% dei veicoli più inquinanti può arrivare ad essere responsabile per ben più della metà delle emissioni».

Inoltrte, dallo studio emerge che «Rendendo elettrico anche solo l’1% dei veicoli privati più inquinanti in un centro urbano, la conseguente riduzione delle emissioni di CO2 sarebbe pari a quella ottenuta se una quantità 10 volte maggiore di veicoli scelti a caso fossero elettrici. Risultati analoghi si ottengono dall’applicazione dell’home working mirato ad evitare i viaggi sistematici casa-lavoro di una porzione della popolazione».

Nanni, che è direttore del Kdd-Lab, sottolinea che «Si tratta di una evidenza scientifica di quanto sia importante compiere scelte che siano informate. Misure come le cosiddette targhe alterne, ancora in voga fino a pochi anni fa, sono incredibilmente meno efficaci di politiche di riduzione delle emissioni che compiano invece scelte mirate, come i più recenti divieti alla circolazione dei veicoli particolarmente inquinanti, o eventuali incentivi all’elettrico, che dovrebbero, però, essere concepiti per chi inquina di più.

Ma chi inquina di più? Si possono individuare dei comportamenti di mobilità, adottati con le nostre auto, che causano maggiori emissioni? Pappalardo risponde che «Dal nostro lavoro emerge che chi si sposta in modo più prevedibile, come nel tragitto casa-lavoro, è responsabile di una maggiore fetta di emissioni di chi ha, invece, un comportamento di mobilità più erratico ed imprevedibile».

Matteo Böhm, dottorando della Sapienza. È convinto che questo tipo di ricerche possono essere di aiuto ai decisori politici: «Nel concepire politiche di riduzione delle emissioni veicolari che siano veramente efficaci e riescano, così, ad avere un impatto positivo sulle nostre città, bisogna conoscere il fenomeno in modo approfondito”, conclude e autore dello studio. Solo con scelte informate, infatti, si può “sapere dove colpire”, ed arrivare così ad ottenere il massimo risultato. La nostra speranza è che studi come questo possano aiutare a raggiungere questo obiettivo».

Lo studio arriva proprio mentre il Parlamento europeo ha deciso di eliminare le auto a combustibili fossili entro il 2035 e secondo il presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), Alessandro Miani, «E’ una buona notizia per la salute di 500 milioni di cittadini, che vedono ogni anno sparire un’intera città da 500.000 abitanti nella sola Europa a causa dell’inquinamento atmosferico, senza suscitare lo stesso allarme della pandemia da COVID-19. Solo in questo modo sarà possibile migliorare la qualità dell’aria delle nostre città, perché oggi l’81% degli Europei respira un’aria che non è conforme agli standard di salubrità dei limiti fissati nel 2005 dalle Linee Guida per la Qualità dell’Aria dell’Oms, ulteriormente dimezzati nel recente aggiornamento presentato alla Commissione Europea lo scorso 20 settembre 2021 durante una plenaria allargata a tutti gli stakeholders, a cui ha preso parte anche SIMA. L’agenzia Europea per l’Ambiente stima 593.700 anni di vita persi ogni anno solo in Italia a causa delle polveri sottili PM 2.5  a cui se ne aggiungono altri  200.700 dovuti agli ossidi di azoto, con un costo attribuito pari a circa 100.000 euro ciascuno e di conseguenza un valore complessivo superiore ai 79 miliardi di euro in termini di anni di vita persi. Dal momento che in Italia (stando ai dati dell’Informative Inventory Report dell’ISPRA e il Registro emissioni INEMAR) il settore trasporti rappresenta tra il 21% e il 45% di tutte le polveri sottili emesse, oltre a pesare per il 46-50%  delle emissioni di Ossidi di Azoto (con punte del 70% nella sola Milano), va da sé che il traffico veicolare nel suo complesso abbia un impatto in termini di costi per anni di vita persi ogni anno nel nostro Paese compreso tra i 24 ed i 34 miliardi di euro».