FSZ: noi non c’entriamo niente con le violenze contro i masai e il progetto del governo della Tanzania
Tanzania: il governo arresta e picchia i masai. Migliaia in fuga dal Serengeti National Park
Survival international: «Vogliono sfrattare i masai dalle loro terre per far spazio a safari, caccia sportiva e “conservazione”»
[15 Giugno 2022]
Migliaia di Masai che protestavano contro i tentativi del governo della Tanzania di sfrattarli dalle loro terre ancestrali per far spazio ad “aree protette” dove consentire safari di caccia grossa, sono scappati dalle loro case per sfuggire a una brutale repressione da parte della polizia.
Secondo quanto denuncia Survival Internatinal, «L’8 giugno, decine di veicoli della polizia e circa 700 funzionari sono arrivati a Loliondo – nella Tanzania settentrionale, vicino al famoso Parco Nazionale del Serengeti – per demarcare un’area di 1.500 kmq di terra masai e trasformarla in un’Area Protetta. Il 10 giugno hanno sparato ai Masai che protestavano contro i tentativi di sfratto: almeno 18 uomini e 13 donne sono stati colpiti con armi da fuoco, mentre 13 persone sono state ferite con i machete. E’ stata confermata la morte di una persona». Video e foto che circolano sui social media e rilanciati da Survival mostrano un attacco indiscriminato e letale contro i masai che protestavano.
Secondo l’ONG che difende i diritti dei popoli indigeni, «Adesso la polizia sta andando casa per casa nei villaggi masai, picchiando e arrestando chi ritiene abbia diffuso le immagini delle violenze o abbia preso parte alle proteste. Un uomo di 90 anni è stato picchiato dalla polizia perché il figlio era accusato di aver filmato la sparatoria. In uno solo dei villaggi, almeno 300 persone, compresi bambini, sarebbero scappati nel bush. Una decina di persone sono state arrestate.
Survival International ricorda che «Le violenze degli ultimi giorni sono solo l’ultimo di una lunga serie di tentativi fatti precedentemente dalle autorità della Tanzania per sfrattare i Masai dalla loro terra, a Loliondo, e far spazio al turismo dei safari e alla caccia da trofeo. A ottenere il controllo e la gestione della caccia commerciale nell’area sarebbe la Otterlo Business Company (OBC, basata negli Emirati Arabi) – che organizza spedizioni di caccia per la famiglia reale degli Emirati e i suoi ospiti».
Un leader masai che ha voluto restare anonimo per motivi di sicurezza, ha detto a Survival che «Il nostro governo ha deciso di sguinzagliare tutta la potenza dei militari per cacciarci dalla nostra terra, lasciando molti feriti per i colpi di arma da fuoco e i bambini a vagare nel bush. Noi ci siamo spostati a dormire nel bush. Il governo rifiuta di curare i feriti. Molte persone sono senza cibo. E questa è la nostra terra ancestrale. Prendere la nostra terra per far spazio alla caccia da trofeo di lusso dei leader degli Emirati Arabi, è una cosa barbara». E un altro masaiu ha aggiunto: «Amo questo luogo perché è la mia casa. Vogliono la nostra terra perché abbiamo fonti d’acqua, e le abbiamo perché le proteggiamo. Conviviamo con la fauna da generazioni. Non vogliono i Masai perché le persone che vengono qui non vogliono vedere i Masai. Prima non pensavamo molto al turismo (o comunque non in senso negativo), ma ora abbiamo capito che turismo significa che arrivano persone con i soldi, il che induce il governo a concludere che “Se spostiamo i Masai, di persone con i soldi ne verranno di più”».
Survival accusa anche la Germania: «E’ un’importante finanziatrice di progetti di conservazione in Tanzania ed è ampiamente coinvolta nella definizione delle politiche di conservazione nel Paese, che hanno già causato lo sfratto di migliaia di indigeni. La Zoologische Gesellschaft Frankfurt (Frankfurt Zoolocical Society – FSZ) finanzia guardaparco e funzionari, alcuni dei quali – secondo i Masai – hanno preso parte agli ultimi sfratti».
La FSZ respinge le accuse e si è detta «Scioccata nell’apprendere delle segnalazioni di violenze a Loliondo il 10 giugno 2022. Continuiamo a monitorare da vicino la situazione. FZS non è coinvolta né supporta alcun lavoro relativo all’erezione di punti di sorveglianza nell’area della Loliondo Game Controlled Area (LGCA). FZS riconosce i diritti delle persone a garantire i propri mezzi di sussistenza, godere di ambienti sani e produttivi e vivere con dignità, e pertanto applica e promuove attivamente approcci basati sui diritti alla conservazione della biodiversità. Ove possibile, lavoriamo in modo proattivo con le comunità locali, i governi e le organizzazioni di donatori su questioni relative all’utilizzo del suolo e all’accesso alle risorse naturali, risultanti dall’istituzione di aree protette, foreste, aree di biodiversità o zone circostanti per garantire che siano evitati o minimizzati gli impatti sociali negativi. Allo stesso tempo, riteniamo che le aree protette siano una componente essenziale per ridurre l’impatto della triplice crisi globale dei cambiamenti climatici, della perdita di biodiversità e delle pandemie».
Fiore Longo, una ricercatrice di Survival International è appena rientrata da una missione su campo e attacca un modello colonialista di conservazione della natura: «Ciò che è in corso a Loliondo si sta rapidamente trasformando in una catastrofe umanitaria, che rivela il vero volto della conservazione. Sparano contro i Masai solo perché loro vogliono vivere in pace nelle loro terre ancestrali, li attaccano per far spazio alla caccia da trofeo e alla “conservazione”. Molti dei Masai che oggi subiscono violenze erano già stati sfrattati nel 1959 dal Serengeti, dai funzionari coloniali britannici: di fatto, quella di oggi non è altro che una continuazione del passato coloniale. La violenza che vediamo in Tanzania è la realtà della conservazione in Africa e Asia: violazioni quotidiane dei diritti umani dei popoli indigeni e delle comunità locali per permettere ai “ricchi” di cacciare e fare safari. Questi abusi sono sistematici e sono il risultato di un modello di conservazione dominante, che ha le sue radici nel razzismo e nel colonialismo. L’idea che vi sta dietro è che all’interno delle Aree Protette gli umani – e in soprattutto i non bianchi – siano una minaccia per l’ambiente. Ma i popoli indigeni vivono in queste aree da generazioni: quei territori oggi sono aree importanti per la conservazione proprio perché i suoi abitanti originari si sono presi cura così bene di fauna e flora. Non possiamo più chiudere un occhio di fronte alle violazioni dei diritti umani commesse nel nome della ‘conservazione’. Questo modello di conservazione è profondamente disumano e inefficace, e deve cambiare immediatamente».
Ma la FSZ smentisce che il motivo dell’attuale conflitto sia la conservazione dell’ambiente: «L’attuale Loliondo Game Controlled Area (LGCA) di oltre 4.000 chilometri quadrati costituisce una parte importante dell’ecosistema del Serengeti, un bacino di utenza per bacini idrografici essenziali per il bestiame, le persone e la fauna selvatica e un’importante area di pascolo per le comunità Maasai residenti. Per gran parte degli ultimi due decenni, lo stato di quest’area è stato incerto, portando a un crescente conflitto sulla terra tra il governo, gli investitori e le comunità. In tutto questo tempo, le richieste di queste risorse naturali sono cresciute notevolmente, esacerbate dall’incertezza su ciò che riserva il futuro. Poiché l’ecosistema del Serengeti è stato un luogo centrale per i progetti FZS per più di 60 anni, vedere la fine del conflitto a Loliondo è qualcosa a cui teniamo profondamente. Il governo della Tanzania ha indicato la sua intenzione di trasformare circa 1.500 chilometri quadrati lungo il confine orientale del Serengeti National Park come Game Reserve gestita dalla Tanzania Wildlife Authority. Su questo tema, alla FZS non è stato chiesto di fornire consulenza tecnica o contributo finanziario di alcun tipo dal governo tanzaniano, né dai Masai e da altri residenti di Loliondo. Non siamo stati coinvolti in nessuna decisione, né nella recente installazione di punti di sorveglianza nella zona. FZS condanna fermamente l’uso della violenza o dell’intimidazione per risolvere questo problema. Ci impegniamo a lavorare fianco a fianco con le comunità e le autorità governative in quest’area per trovare soluzioni praticabili e sostenibili per proteggere le risorse naturali sulla loro terra a beneficio delle generazioni attuali e future. Ci auguriamo che tale soluzione venga raggiunta».