“Vamos gente, vamos nessa”, Survival International ricorda Bruno Pereira e Dom Phillips
I due attivisti assassinati perché difendevano gli indios incottattati del Territorio Indigeno Javari
[17 Giugno 2022]
Pubblichiamo una testimonianza di Fiona Watson, direttrice del dipartimento ricerca e Advocacy di Survival International, che ha visitato più volte la Valle Javari negli ultimi trent’anni e conosceva bene sia Bruno Pereira che Dom Phillips i due attivisti trovati assassinati in Brasile.
Bruno Pereira, noto difensore dei diritti indigeni, e Dom Phillips, esperto giornalista britannico, sono scomparsi il 5 giugno nei pressi del Territorio Indigeno Javari, nel Brasile occidentale. La loro morte è stata ora confermata dalla Polizia brasiliane, sebbene i loro corpi non siano ancora stati formalmente identificati.
Bruno aveva ricevuto minacce di morte per il suo lavoro a fianco dei popoli indigeni della regione e della loro organizzazione UNIVAJA, finalizzato a rimuovere trafficanti di droga, minatori, bracconieri e taglialegna illegali dalla loro foresta.
Autorità indiscussa nel campo delle tribù incontattate, Bruno era uno specialista del lavoro sul campo, necessario per localizzare la presenza dei popoli incontattati e far riconoscere e proteggere i loro territori. «Gli avevamo chiesto di lavorare con noi per la sua esperienza e le sue conoscenze, ma anche per l’enorme fiducia che riponevamo in lui» hanno dichiarato rappresentanti di UNIVAJA.
Dom, che da anni indagava e denunciava le violazioni di diritti indigeni e la distruzione dell’ambiente, stava scrivendo un libro sulla lotta per salvare l’Amazzonia.
Nella Valle Javari, un territorio grande quanto l’Austria, vive la più alta concentrazione di popoli incontattati al mondo. Lì, la pressione degli esterni determinati a rubare le risorse naturali per profitto è particolarmente intensa. L’avamposto del FUNAI (Dipartimento brasiliano agli Affari Indigeni) a Javari ha subito diversi attacchi e nel 2019 è stato assassinato il funzionario sul campo Maxciel Pereira dos Santos.
Mentre i presunti assassini si trovano ora in stato di fermo, è chiaro che a creare le condizioni perché si verificasse questa tragedia è stato il governo brasiliano. I tentativi genocidi di aprire le terre indigene agli invasori e premiare i criminali con l’impunità, hanno portato sia a livelli di deforestazione sempre più alti sia a violenze spaventose contro coloro che vi si oppongono, in particolare le comunità e i leader indigeni.
Bruno e Dom sono le ultime vittime di una guerra condotta dal Presidente Bolsonaro e dai suoi alleati dell’agrobusiness. Paulo Paulino Guajajara, Ari Uru Eu Wau Wau, Alex Lopes Guarani, Arokona Yanomami e Original Yanomami sono solo alcuni degli indigeni uccisi negli ultimi anni. Finora, nessuno degli assassini è stato consegnato alla giustizia.
«Siamo vicini alle famiglie di Bruno e Dom, a cui esprimiamo il nostro dolore e la nostra profonda tristezza. Per noi, popoli indigeni della Valle Javari, è una perdita inestimabile» ha dichiarato UNIVAJA.
Sottolineando il ruolo cruciale svolto dagli amici indigeni e dai compagni di Bruno e Dom nelle richerche, hanno aggiunto: «Siamo stati i primi a perlustrare il fiume Itaquaí alla ricerca di Pereira e Phillips sin da domenica, il giorno della scomparsa… Siamo stati noi, gli indigeni, attraverso UNIVAJA e il nostro team di monitoraggio del territorio EVU, a trovare l’area che poi è diventata il punto focale delle ricerche da parte di altri, come la Polizia Federale, l’Esercito, la Marina e i Vigili del Fuoco».
L’UNIVAJA ha espresso la propria rabbia verso le autorità che hanno costantemente ignorato le loro denunce secondo cui la Valle Javari è diventata un punto caldo per il traffico di droga, il bracconaggio e l’estrazione mineraria, con minacce continue agli indigeni che vivono lì e stanno cercando di fermare l’invasione: «Abbiamo inviato informazioni sull’invasione della Valle Javari alle autorità, spiegando loro che bande armate di bracconieri legati ai trafficanti di droga erano entrati nel nostro territorio per prendersi le nostre risorse…. ma le autorità sono state lente a reagire».
Non poteva inoltre mancare preoccupazione per i pericoli a cui tutti loro sono esposti ogni giorno: «Vogliamo che le indagini continuino. I due arrestati, Pelado e Dos Santos, fanno parte di un gruppo più ampio, lo sappiamo. Eravamo preoccupati per le nostre vite, per quelle di tutte le persone minacciate che appartengono al movimento indigeno (perché non era minacciato solo Bruno Pereira). Quando le forze armate e la stampa se ne andranno da Atalaia do Norte, che ne sarà di noi?»
Survival International lavora a fianco dei popoli indigeni e dei loro alleati in tutto il paese per fermare il genocidio in Brasile e proteggere dalle invasioni i territori delle tribù incontattate, i popoli i più vulnerabili del pianeta. Chiediamo al governo brasiliano di assicurare alla giustizia gli assassini di Bruno e Dom, così come quelli dei tanti indigeni uccisi per aver difeso la loro terra.
Quando la lotta per i popoli incontattati si faceva particolarmente dura, Bruno ci diceva “Vamos gente, vamos nessa” (Forza ragazzi, facciamolo!). La sua passione e il suo impegno ci mancheranno moltissimo, ma resteranno sempre vivi in tutti coloro che hanno avuto il privilegio di lavorare con lui e continueranno a lottare.
«Sto tornando a Javari. Stanno succedendo tante cose lì: ci sono molte aree di estrazione mineraria nei pressi del Territorio Indigeno, davvero vicine ai gruppi incontattati … il team di monitoraggio di UNIVAJA sta facendo un buon lavoro», aveva detto recentemente a Survival. «Il governo sta cercando di criminalizzare UNIVAJA… persecuzioni e intimidazioni non sono rivolte solo a me, siamo in tanti, ma tutto questo finirà spero, finirà. Sono stati 4 anni molto intensi… Pensiamo a cosa riusciremo a ricostruire dopo. Io intanto sono qui e resisto. Mi attaccano ma non mi arrenderò».
Le nostre più sentite condoglianze alle famiglie e agli amici di Bruno e Dom, e agli indigeni della Valle Javari e altrove, che hanno perso due valorosi alleati nella lotta per la sopravvivenza.
di Fiona Watson