I Caraibi sono il ground zero dell’emergenza climatica globale

Guterres in Suriname: «Con gli impegni attualmente registrati, le emissioni aumenteranno del 14% entro il 2030. Questo è semplicemente un suicidio»

[5 Luglio 2022]

Il segretario generale dell’Onu ha partecipato alla conferenza dei Capi di governo del 43rd Regular Meeting della Caribbean Community (CARICOM) che si è tenuta a Paramaribo, la capitale del Suriname e l’ultimo giorno della sua permanenza nel più piccolo Paese del Sudamerica ha visitato la Riserva Naturale del Suriname Centrale, un Patrimonio dell’umanità dell’Unesco che copre circa l’11% del territorio surinamense e che è nota per le sue montagne ripide e l’infinita biodiversità – con alcune specie ancora da scoprire – e che in gran parte è ancora inaccessibile e non influenzata dall’attività antropica.

Un territori che ha rivelato a Guterres la straordinaria bellezza dell’Amazzonia, ma anche le grandi minacce che la foresta pluviale sta affrontando a causa delle attività antropiche e dei cambiamenti climatici. Infatti, le foreste del Suriname sono seriamente minacciate dalle attività minerarie e della produzione di legname, entrambe alimentate da incentivi statali per rilanciare le attività economiche. Sorvolando la distesa verde Guterres ha potuto vedere le macchie brunastre della deforestazione, le prove dell’estrazione distruttiva dell’oro e delle inondazioni che causano.

Anche se la ex colonia olandese del Suriname fa parte del continente sudamericano, è considerata una nazione caraibica per la sua storia, cultura e le sfide simili a quelle che stanno affrontando i piccoli Stati insulari dei Caraibi associati nella CARICOM ed è al summit di questo consesso caraibico che il segretari generale dell’Onu ha evidenziato la diversità della regione e la leadership per l’azione climatica, delineando una serie di azioni da intraprendere di fronte alla crisi planetaria, alla pandemia di Covid-19 e alle sfide finanziarie globali: «Ricche di diversità, unendo terra e mare e proteggendo i fragili ecosistemi costieri, le mangrovie sono un simbolo appropriato delle nazioni caraibiche: affrontano sfide, cogliendo opportunità, preservando i doni naturali», ha ricordato Guterres, che ha riconosciuto che  «I piccoli Stati costieri e insulari dei Caraibi sono particolarmente vulnerabili a quella che è la più grande sfida che il nostro mondo deve affrontare oggi: la crisi climatica. I Caraibi sono il ground zero per l’emergenza climatica globale».

Riferendosi all’effetto devastante della pandemia di Covid-19 sui sistemi sanitari e sul turismo e la crescita economica e gli investimenti esteri, ora esacerbato dalla guerra in Ucraina, il Capo dell’Onu ha aggiunto che  «Purtroppo non è l’unica sfida che la regione sta affrontando. Il vertice CARICOM di quest’anno arriva in un momento di massimo pericolo, sia per le persone che per il pianeta». E Guterres ha detto ai leader del CARICOM che per affrontare questi problemi sono necessarie soluzioni coraggiose, evidenziandone tre:

Abbinare l’azione climatica alla portata e all’urgenza della crisi. Guterres ha chiesto «Una riduzione urgente e trasformativa delle emissioni per fermare il riscaldamento globale a 1,5° C, sostegno per l’adattamento dagli impatti climatici e assistenza finanziaria per garantire la resilienza. Ringrazio i leader caraibici per aver contribuito a mostrare la strada. Sono ispirato dai vostri  numerosi sforzi per salvaguardare la vostra incredibile biodiversità e i vostri  doni naturali, compresi gli sforzi delle comunità indigene». Ma ha aggiunto che«Ssono necessarie maggiori ambizione e azione climatica  da parte di tutti,  ma in particolare del G20 che rappresenta l’80% delle emissioni globali. La guerra in Ucraina non può portare a decisioni miopi che chiudono la porta a 1,5° C. Con gli impegni attualmente registrati, si prevede che le emissioni aumenteranno del 14% entro il 2030. Questo è semplicemente un suicidio e deve essere annullato». E ha aggiunto che «I Paesi più ricchi devono aprire la strada a una “rivoluzione delle rinnovabili” giusta ed equa e devono mantenere la loro promessa di fornire 100 miliardi di dollari di finanziamenti per il clima per l’adattamento a partire da quest’anno. Ed è tempo per una discussione franca e per dare spazio al processo decisionale in merito alle perdite e ai danni che i vostri Paesi stanno già vivendo».

Riformare il sistema finanziario globale “moralmente in bancarotta” e stimolare una ripresa sostenibile. Il Segretario generale dell’Onu ha sottolineato che «Le economie in via di sviluppo hanno bisogno di accedere a finanziamenti a costo zero o basso, nonché di un alleggerimento e ristrutturazione del debito. Per quanto riguarda il debito, abbiamo bisogno di un sollievo immediato per i Paesi in via di sviluppo il cui debito sta per scadere. Sostengo pienamente la creazione di un Fondo per la resilienza dei Caraibi e la riforma del sistema finanziario internazionale per aiutare la regione a rispondere meglio e prevenire una massiccia vulnerabilità agli shock esterni. Chiaramente, le nostre vecchie metriche ci hanno deluso. E’ ora di cambiarle». Per questo  Guterres ha proposto di «Andare oltre la preoccupazione del sistema finanziario per il reddito pro capite,  stabilendo un ‘indice di vulnerabilità multidimensionale’ per determinare l’accesso al sostegno finanziario. Per i vostri paesi, ciò significherebbe garantire che i fattori complessi e interdipendenti del debito e dell’impatto del cambiamento climatico siano compresi  in qualsiasi analisi di ammissibilità per la riduzione e il finanziamento del debito».

Continuare a combattere contro la pandemia di Covid-19. Il capo dell’Onu ha chiesto a governi, ONG e imprese farmaceutiche di «Lavorare meglio insieme per produrre localmente test, vaccini e trattamenti. Non siamo ancora fuori pericolo… E dobbiamo continuare a lavorare a stretto contatto per fermare la diffusione del virus nei Caraibi attraverso misure di salute pubblica comprovate e prepararci per future pandemie attraverso investimenti coraggiosi in preparazione e formazione. I Paesi non devono mai più essere così impreparati. Confermo il sostegno delle Nazioni Unite ai Caraibi affinché si adoperino per queste soluzioni».

Ma, nonostante i suoi problemi, il Suriname, il Paese meno popolato del Sud America, è considerato un leader mondiale nella conservazione della biodiversità, con oltre il 90% della sua superficie terrestre coperta da foreste autoctone e risorse naturali enormi della nazione compensano ampiamente le sue dimensioni. E’ un Paese carbon-negative, poiché le sue foreste pluviali assorbono più emissioni di quelle emette il Suriname.

Dopo aver visitato i gioielli naturali surinamensi, Guterres ha convocato una conferenza stampa congiunta con Guterres ai giornalisti in una conferenza stampa congiunta con il presidente laburista surinamense Chan Santokhi del Progressive Reform Party/Vooruitstrevende Hervormingspartij, il partito della maggioranza indo-surinamese, che governa il Paese in coalizione con i socialdemocratici del General Liberation and Development Party/Algemene Bevrijdings- en Ontwikkelingspartij che  rappresenta la comunità Maroon surinamese e il segretario generale dell’Onu ha sottolineato che «Le foreste pluviali sono un dono prezioso per l’umanità. Ecco perché da qui in Suriname, voglio inviare un messaggio al mondo: dobbiamo onorare e preservare il dono delle foreste pluviali perché questo non è un dono che continueranno a dare».

Ma Guterres ha lanciato un duro avvertimento: «Se continuiamo a vedere l’attuale portata della distruzione nelle foreste pluviali del mondo, non stiamo solo mordendo la mano che ci nutre, ma la stiamo facendo a brandelli. La deforestazione dilagante e il peggioramento degli impatti sul clima stanno aumentando gli incendi boschivi e la siccità. Questo è scandaloso e vergognoso. E’ un suicidio globale al rallentatore. Una tale distruzione dovrebbe essere un campanello d’allarme globale per salvare i polmoni del nostro pianeta».

Prima Guterres aveva visitato il villaggio indigeno di Pierre Kondre – Redi Doti, a circa 67 chilometri a sud di Paramaribo: 100 indios che vivono in un’area circondata da 9.000 ettari di foresta. Una terra bruno-rossastra, ricca di ferro è difesa dal capo Lloyd Read dei popoli Kaliña, insieme alle donne e agli uomini della comunità che hanno ricevuto Guterres cantando e ballando con i loro costumi tribali rossi.  Lloyd ha detto a Guterres che «La sfida che affrontiamo per proteggere Madre Terra e la foresta pluviale amazzonica non è apprezzata e rappresenta una minaccia per le nostre vite. La mia gente – non per colpa nostra – è attualmente in pericolo a causa dello sfruttamento di risorse naturali e le conseguenze del cambiamento climatico, come piogge abbondanti e prolungate e inondazioni. Anche la contaminazione da mercurio, causata principalmente da attività estrattive illegali, sta minacciando le vite e i mezzi di sussistenza degli indigeni nella regione. Al Sud la vita è rovinata dal mercurio. Non c’è pesce, carne e acqua pulita da bere. Livelli estremamente elevati di questo metallo sono stati trovati anche nei capelli dei nostri nativi».

Guterres ha a Lloyd maggiori dettagli e gli ha promesso di riferire le sue preoccupazioni ai leader politici del Suriname: «Questa è una visita di solidarietà con le comunità indigene del Suriname e di tutto il mondo. Quando siamo testimoni che stiamo ancora perdendo la battaglia del cambiamento climatico, quando vediamo la biodiversità sempre più minacciata ovunque, quando vediamo l’inquinamento in tutto il mondo è molto importante riconoscere che le comunità indigene stanno mostrando la saggezza, la resilienza e la volontà per stare in pace con la natura».

La comunità indigena di Redi Doti, coltiva ananas, frutto della passione e manioca. La visita di Guterres ha coinciso con la Giornata internazionale delle cooperative e il capo dell’Onu ha potuto vedere il lavoro di due cooperative sostenute dalla Fao e dall’Unione europea: una cooperativa di donne crea prodotti biologici derivati ​​dall’ananas, l’altra si occupa del processo di coltivazione e sta cercando di trasformare la raccolta dell’ananas in una produzione annuale, anziché stagionale.

Secondo l’United Nations development programme (UNDP), «L’inclusione delle comunità indigene e tribali nella prosperità economica è fondamentale». Sebbene costituiscano solo il 4% della popolazione multietnica totale del Suriname, i diritti alla terra degli indios coprono più dell’80% del territorio del Paese, ma non sono riconosciuti ufficialmente dalla legislazione nazionale.

Il Capo Lloyd Read ha salutato Guterres dicendo che avrebbe chiesto a Tamushi l’Onnipotente [il grande spirito Dio], di dargli la forza e il potere di andare oltre, in un mondo minacciato dal cambiamento climatico e dalla guerra. Poi ha cantato una preghiera in lingua Kaliña e ha detto a Guterres che sperava che si sarebbe ricordato di loro. Nella successiva conferenza stampa con Il presidente Santokhi, Guterres ha ribadito che «Le popolazioni indigene non hanno contribuito al cambiamento climatico, eppure sono tra le più colpite. Allo stesso tempo, hanno soluzioni da cui il mondo può imparare così tanto. Sono orgogliosi guardiani di parte dell’indispensabile diversità biologica del pianeta e hanno bisogno di supporto per farlo».

Ma è sulla costa che il segretario generale dell’Onu ha potuto vedere gli impatti devastanti dei cambiamenti climatici provocati da erosione costiera, inondazioni e innalzamento del livello del mare. Weg Naar Zee, un’area costiera a nord-ovest di Paramaribo e parte dei 386 km della zona costiera prevalentemente fangosa del Suriname, ha subito un’erosione estrema che ha fatto scomparire il fango molle, l’habitat di foraggiamento preferito per gli uccelli costieri. Dal 2016, l’Onu sostiene gli sforzi del Suriname, guidati da scienziati e studenti, per aumentare la conservazione, il ripristino naturale e la riabilitazione delle mangrovie. Uno di questi progetti, guidato dall’Università Anton de Kom del Suriname, installa strutture di cattura dei sedimenti lungo la costa e impianti per invertire il danno.

Passeggiando lungo la costa fangosa con il ministro della pianificazione territoriale del Suriname, Silvano Tjong-Ahin, Guterres ha piantato un giovane albero di mangrovie. Si tratta di un progetto guidato dal professor Sieuwnat Naipal, che è una delle forze trainanti della conservazione delle mangrovie nel Suriname. Guterres ha detto ai giornalisti che lo seguivano: «Le soluzioni basate sulla natura, come la conservazione delle mangrovie, delle foreste pluviali e di altri ecosistemi essenziali, sono vitali. Il mondo ha bisogno di più iniziative del genere» e ha aggiunto: «Quello che ho visto qui in Suriname mi dà speranza e ispirazione. Ma quello che stiamo vedendo in tutto il mondo è motivo di profondo shock e rabbia. Purtroppo il Suriname si distingue come un’eccezione in un mondo che si sta muovendo nella direzione sbagliata. In tutto il mondo, stiamo assistendo al fallimento della leadership climatica e alla proliferazione di disastrosi sconvolgimenti climatici… Per raggiungere l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura di 1,5 gradi, le emissioni globali devono diminuire del 45% entro il 2030.  Tuttavia, gli attuali impegni nazionali sul clima dovrebbero comporterà un aumento delle emissioni del 14% entro il 2030».

Guterres ha concluso evidenziando che «Le nazioni caraibiche sono in prima linea nella crisi climatica e hanno costantemente mostrato una leadership ferma.  Come ho visto oggi, abbiamo gli strumenti e il know-how. Il nostro mondo ha bisogno della volontà politica e della solidarietà per fare la differenza di cui ha bisogno. Il Suriname e la regione dei Caraibi stanno aprendo la strada. Dobbiamo seguire questi leader: per le persone, per i posteri e per il nostro pianeta».