Tassonomia Ue: l’Europarlamento dice sì all’inclusione di gas e nucleare
Durissime reazioni degli ambientalisti. Verso un’azione legale contro la Commissione Ue?
[6 Luglio 2022]
Il Parlamento europeo non ha respinto l’atto delegato sulla tassonomia della Commissione che prevede l’inclusione di specifiche attività energetiche dei settori del gas e del nucleare nell’elenco di attività economiche eco-sostenibili, comprese nella cosiddetta tassonomia Ue. 278 deputati hanno votato a favore del veto, 328 contro e 33 si sono astenuti. Per porre il veto alla proposta della Commissione sarebbe stata necessaria una maggioranza assoluta di 353 deputati. Se Parlamento e Consiglio non sollevano obiezioni alla proposta entro l’11 luglio 2022, l’atto delegato sulla tassonomia entrerà in vigore e si applicherà a partire dal 1° gennaio 2023.
La Commissione europea ritiene che «Gli investimenti privati possano avere un ruolo nelle attività di transizione verde dei settori del gas e del nucleare» e per questo ha proposto di «Classificare alcune attività energetiche collegate al gas fossile e all’energia nucleare come attività di transizione che contribuiscono alla mitigazione dei cambiamenti climatici. L’inclusione di alcune di queste attività è limitata nel tempo e dipende da specifiche condizioni e requisiti di trasparenza».
La proposta è stata adottata nonostante il parere fortemente contrario della Piattaforma sulla Finanza Sostenibile (PFS), il gruppo di esperti indipendenti nominati dalla stessa Commissione Ue per il supporto scientifico necessario alla redazione questo Atto Delegato Complementare per l’attuazione del regolamento sulla tassonomia. La PFS nelle sue raccomandazioni ha evidenziato che il nucleare va escluso in quanto non rispetta i criteri (previsti dall’articolo 17 del regolamento sulla tassonomia) relativi al principio sul non arrecare danni significativi all’ambiente, in particolare per quanto riguarda la gestione e lo smaltimento delle scorie radioattive. L’esclusione del gas fossile, invece, è motivata dal fatto che gli impianti a gas per poter fornire un contributo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici, come richiesto dal regolamento, devono emettere meno di 100 gr CO2e/kWh, mentre gli impianti più efficienti a disposizione emettono non meno di 316 gr CO2e/kWh.
Anche l’Institutional Investors Group on Climate Change (IIGCC), oltre 370 tra i maggiori investitori internazionali con un portafoglio di 50mila miliardi di euro, chiedeva di escludere il gas fossile dal regolamento sulla tassonomia, perchè «si indirizzerebbero capitali verso attività non compatibili con l’impegno UE verso la neutralità climatica entro il 2050».
Durissima la reazione degli ambientalisti che in questi giorni hanno manifestato a Strasburgo con una contro quella che definiscono quella approvata «Una insensata tassonomia verde che considera gas fossile e nucleare come fonti energetiche sostenibili, equiparandole alle rinnovabili». Grande la delusione tra i molti giovani che hanno partecipato alla mobilitazione “Strasburgo #notmytaxonomy, non è la mia tassonomia”.
Secondo Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, «L’Europarlamento con il voto di oggi ha ceduto alle lobby di gas e nucleare sostenendo la proposta della Commissione di classificarli come fonti energetiche sostenibili, in base al regolamento sulla tassonomia degli investimenti verdi. Un duro colpo al Green Deal Europeo e ad un’ambiziosa politica climatica in linea con l’obiettivo di Parigi di 1.5°C, indispensabile per fronteggiare l’emergenza climatica. Si tratta di una scelta politica senza alcuna base scientifica, come invece richiede il regolamento sulla tassonomia».
Ester Asin, direttrice del Wwf European policy office, ribadisce che «Il gas e il nucleare non sono verdi, ed etichettarli come tali è un palese greenwashing: questo danneggia il clima e le generazioni future! Oggi, le lobby del gas fossile e del nucleare fanno il jackpot, consentendo di dirottare miliardi di investimenti che sono estremamente necessari per garantire la transizione climatica. bbiamo perso questa battaglia, ma non ci arrenderemo. Riteniamo che questo atto sia incoerente con il regolamento sulla tassonomia, quindi, insieme ad altre organizzazioni come ClientEarth, il Wwf esplorerà tutte le potenziali strade per ulteriori azioni per fermare questo greenwashing e proteggere la credibilità dell’intera tassonomia dell’Ue e invita gli Stati membri e gli eurodeputati fare lo stesso».
Greenpeace ha annunciato che avvierà un’azione legale contro la Commissione europea e Ariadna Rodrigo, sustainable finance campaigner di Greenpeace EU ha dichiarato: «E’ una politica sporca ed è oltraggioso etichettare gas e nucleare come verdi e far fluire più denaro nel forziere di Putin, ma ora lo combatteremo nei tribunali. I vergognosi affari dietro le quinte della Commissione europea per conto delle industrie dei combustibili fossili e del nucleare non li aiuteranno in questo. Siamo ispirati dagli attivisti per il clima che questa settimana si sono riuniti qui a Strasburgo e siamo fiduciosi che i tribunali annulleranno questo greenwashing politicamente motivato, in quanto si tratta di una chiara violazione delle leggi dell’Unione europea».
Prima di avviare l’azione legale, Greenpeace presenterà alla Commissione europea una richiesta formale di revisione interna. In caso di esito negativo, porterà la causa alla Corte di Giustizia europea. Intanto ribadisce che «Il voto che ha dato il via libera all’etichetta green per false soluzioni come il gas fossile e l’energia nucleare – che, oltre a non aver risolto i suoi problemi di sicurezza, gestione a lungo termine delle scorie e proliferazione atomica, richiede molte più risorse finanziarie e tempi più lunghi rispetto alle rinnovabili – è in netto contrasto con quanto servirebbe davvero in un momento storico come questo, in cui gli effetti dei cambiamenti climatici – ondate di calore in tutta Europa, siccità e tragedie come quella avvenuta sul ghiacciaio della Marmolada – hanno gravi conseguenze sulla vita di tutte e tutti noi. Secondo Greenpeace il voto del Parlamento europeo rischia di rallentare ulteriormente la lotta alla crisi climatica, esponendo le persone e il pianeta a eventi climatici sempre più estremi».
Anche Mauro Albrizio, responsabile ufficio europeo di Legambiente è convinto che la partita non sia ancora finita: «I governi di Austria e Lussemburgo hanno già annunciato la loro volontà di ricorrere contro la proposta della Commissione alla Corte di Giustizia con buone possibilità di successo secondo diversi esperti giuridici del Consiglio e del Parlamento. Chiediamo al governo italiano di sostenere il ricorso di Austria e Lussemburgo. Si deve evitare che centinaia di miliardi di euro vadano sprecati con il nucleare ed il gas fossile aggravando così la duplice crisi climatica ed energetica. Per fronteggiare l’emergenza climatica – che ci tocca sempre più da vicino come dimostrano le ondate di calore e la siccità che hanno colpito duramente la nostra penisola – queste ingenti risorse finanziarie vanno invece investite non solo in rinnovabili ed efficienza energetica, ma anche in tutte quelle infrastrutture ambientali necessarie a difendere i nostri territori dai sempre più preoccupanti impatti climatici che rischiano di mettere in ginocchio molte attività economiche e minare la coesione sociale delle comunità in cui operano. Per quanto riguarda il settore elettrico, secondo le recenti stime dell’autorevole think-tank Ember, l’Europa può raggiungere la neutralità climatica entro il 2035 quadruplicando la sua produzione rinnovabile ed espandendo l’infrastruttura elettrica necessaria con un risparmio di oltre 1000 miliardi di euro da qui al 2035 e nello stesso tempo garantire una maggiore sicurezza energetica ed una migliore qualità dell’aria che respiriamo. Sono però necessari investimenti iniziali per circa 300-750 miliardi di euro. Risorse che il mercato finanziario può mettere a disposizione più facilmente se si escludono gas fossile e nucleare dagli investimenti verdi».