Cosa significano per l’Italia i nuovi obiettivi europei sui prodotti fitosanitari

Se il regolamento Ue verrà approvato senza modifiche, si prospetta un impegno molto importante in tema di riduzione di utilizzo di sostanze chimiche e pericolose in agricoltura nei prossimi otto anni

[12 Luglio 2022]

Il 22 giugno scorso è stata pubblicata la proposta della Commissione europea di un nuovo regolamento per un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, che, una volta approvato dall’Europarlamento, dovrebbe sostituire la Direttiva 2009/128/CE.

Il principale elemento caratterizzante il regolamento proposto riguarda l’obiettivo di riduzione dell’uso del 50%, entro il 2030, dei prodotti fitosanitari chimici e dei prodotti fitosanitari più pericolosi.

In particolare, gli obiettivi indicati nella proposta sono i seguenti.

  • Obiettivo 1. Riduzione dell’uso e del rischio dei prodotti fitosanitari chimici del 50% rispetto alla media del periodo 2015-2017
  • Obiettivo 2. Riduzione dell’uso dei prodotti fitosanitari più pericolosi del 50% rispetto alla media del periodo 2015-2017

Ogni Stato membro deve concorrere al raggiungimento degli obiettivi europei fissando all’interno del proprio ordinamento legislativo propri obiettivi di riduzione. Questi potranno essere diversi da quelli europei se si verificano alcune condizioni indicate nel regolamento stesso, che tengono conto dei progressi raggiunti o mancati da ogni stato membro negli anni in applicazione della Direttiva 2009/128/CE.

Per l’Italia non potranno essere fissati obiettivi al 2030 meno rigorosi di quelli europei, fissati al 50% di riduzione d’utilizzo di sostanze chimiche contenute nei prodotti fitosanitari. Stando ai calcoli con i dati ad oggi disponibili sui dati di vendita dei prodotti fitosanitari a livello europeo e nazionale, i risultati ottenuti non consentono di scendere in Italia al di sotto dell’obiettivo europeo e, fortunatamente, non vi è neanche la necessità di incrementarlo.

Negli anni trascorsi fra il 2011 e il 2017 l’Italia è stata più virtuosa della media europea riguardo alla riduzione d’ uso e rischio di prodotti fitosanitari chimici in generale e di quelli più pericolosi, in applicazione della Direttiva 128/2019. Infatti, mentre in Europa si è registrato un aumento medio percentuale dell’8-10% di questo indicatore, in Italia si è avuta una riduzione, anche se modesta, del 6%.

L’Italia è stata invece (molto) meno virtuosa della media Europea per quanto riguarda la quantità utilizzata di sostanze chimiche e di sostanze più pericolose per unità di superficie agricola. Infatti, se in Europa l’intensità ponderata di utilizzo delle sostanze chimiche nel periodo 2015-17 è stata di 22,3 kg/ha e la quantità di utilizzo delle sostanze più pericolose di 0,42 kg/ha, in Italia i valori di questi indicatori sono risultati  molto più alti, rispettivamente di 55 kg/ha e 1,26 kg/ha.

In base a questi elementi l’Italia dovrà fissare il proprio obiettivo 1 ad un “punto intermedio”, come propone ad oggi il regolamento, compreso fra il 65% e il 35,4%.  Se per  “punto intermedio” si intende auspicabilmente, ma solo per chiarezza, il “punto medio”, tale valore sarebbe 50,2%. Lo stesso si dica per l’obiettivo 2. L’Italia dovrà fissare il proprio obiettivo 2 ad un “punto intermedio” compreso fra il 65% e il 34%, con valore medio di 49,5%.

Se il regolamento europeo verrà approvato senza modifiche, per l’Italia si aspetta un impegno molto importante in tema di riduzione di utilizzo di sostanze chimiche e pericolose in agricoltura nei prossimi otto anni e sarà necessaria una sensibile correzione di rotta rispetto a quanto fatto fino ad oggi.

È bene ricordare che rispetto al periodo di riferimento 2011-2013 la diminuzione generale delle vendite di fitofarmaci in Italia rispetto ad oggi (2020) è stata soltanto del 9%. Lo zolfo, che presenta forti oscillazioni di vendita fra un anno e l’altro, è diminuito del 25% rispetto al periodo di riferimento, mentre le sostanze organiche di sintesi, quelle che danno più preoccupazione di inquinamento delle acque, sono incrementate del  5%. Il consumo di glifosate, che rappresenta il maggiore responsabile del mancato raggiungimento degli obiettivi di qualità delle acque italiane, è cresciuto di quasi 900 tonnellate nel 2020, raggiungendo quantitativi superiori del 50% rispetto al triennio di riferimento 2011-13.

Abbastanza positivo risulta invece l’andamento dell’indice di rischio armonizzato europeo HRI-1, ultimamente molto criticato dal mondo ambientalista perché ritenuto inadeguato, che, ancora in graduale diminuzione nel 2020, si è ridotto del 28% in circa  dieci anni.

di Alessandro Franchi per greenreport.it