Gli impatti a lungo termine del ciclo globale del carbonio sui cambiamenti climatici

Un modello di ricerca unico illustra come i periodi geologici passati possono aiutarci a comprendere i futuri cambiamenti climatici

[26 Luglio 2022]

Man mano che la ricerca scopre di più sulla storia remota della Terra, milioni di anni prima che facessero la loro comparsa esseri umani, i climi del passato diventano sempre più importanti per comprendere come gli elementi chiave del sistema climatico siano influenzati dagli elevati livelli di gas serra. Lo studio “Past climates inform our future” pubblicato nel 2020 su Science  ha sottolineato l’importanza di ricostruire e simulare i climi del passato per prevedere i cambiamenti futuri. Il nuovo studio “Sustained mid-Pliocene warmth led to deep water formation in the North Pacific”, pubblicato recentemente su Nature Geoscience da un team di ricercatori britannici e statunitensi contestualizza e amplia sorprendentemente i risultati dello studio precedente .

Di solito, gli scienziati del clima costruiscono modelli con alcune centinaia di anni di registrazioni meteorologiche storiche, inclusi dati come le temperature della superficie del mare, la velocità del vento e la copertura nuvolosa. Questi modelli vengono utilizzati in tutto il mondo per valutare l’impatto delle emissioni di gas serra, prevedere scenari per il clima futuro e proporre strategie di mitigazione. Le registrazioni storiche del clima in genere coprono solo un secolo o due. La principale autrice del nuovo studio e coautrice di quello del 2020,Hater Ford della School of Geography della School of geography della Queen Mary University of London e del Godwin laboratory for palaeoclimate research dell’università di Cambridge, sottolinea che questo «Non dà in realtà all’oceano profondo abbastanza tempo per bilanciarsi con le impostazioni climatiche imposte»,  per questo i suoi studi si concentrano maggiormente sui “climi paleo”, coprendo un quadro molto più ampio di condizioni climatiche per aiutare a comprendere i cambiamenti climatici a lungo termine.

Nel nuovo studio pubblicato su Nature Geoscience, la Ford ha utilizzato dati geologici e un modello climatico del periodo caldo del Pliocene medio,  circa 3 milioni di anni fa, che viene spesso usato come analogo per i futuri cambiamenti climatici, perché le temperature globali erano allora di circa 2,3ᵒ C più calde di oggi, ma i livelli di CO2 erano simili.

Alla Queen Mary University of London evidenziano che «La particolarità di questo studio è che il modello climatico è stato eseguito per 2000 anni, consentendo alle condizioni nelle profondità oceaniche di equilibrarsi naturalmente nel tempo e consentendo una visione molto più profonda».  La Ford ha spiegato che «Eseguire modelli climatici globali per migliaia di anni è computazionalmente costoso, ma fondamentale per pensare agli impatti a lungo termine del ciclo del carbonio e del cambiamento climatico».

Il team di ricerca è rimasto sorpreso nel trovare proprio in quel periodo la formazione di acque profonde nel Pacifico settentrionale, dove oggi non ce n’è, suggerendo che «Il periodo caldo potrebbe aver influenzato la capacità dell’oceano di immagazzinare carbonio e il processo di ciclo del carbonio nell’oceano».

La Ford ha concluso: «Sebbene la maggior parte degli studi si concentri sulle condizioni della superficie del mare, è importante anche considerare i cambiamenti nelle profondità oceaniche, poiché questi avranno un impatto sulle condizioni della superficie del mare. Sappiamo che il Pacifico settentrionale funge oggi da area di stoccaggio del carbonio, ma se si forma una massa di acque profonde, impedisce tale stoccaggio, con conseguenze per il ciclo globale del carbonio, come il punto in cui i nutrienti vengono portati sulla superficie del mare per l’attività biologica».