Come 24 conigli hanno conquistato l’Australia
Spediti dall'Inghilterra nel 1859: i loro tratti genetici selvatici hanno dato a questi animali un vantaggio devastante
[24 Agosto 2022]
Anticamente l’areale del coniglio europeo (Oryctolagus cuniculus) era limitato alla penisola iberica e al sud della Francia. Furono i romani a disperdere la specie e questa diffusione accelerò nel medioevo. Nell’Australia continentale i conigli furono introdotti per la prima volta nel 1788, quando la First Fleet sbarcò 5 conigli domestici a Sydney e prima del 1859 vennero effettuate almeno 90 altre importazioni di conigli, ma nessuna di queste popolazioni divenne invasiva. Eppure, entro 50 anni, a una velocità di 100 km all’anno, i conigli avrebbero invaso tutta l’Australia, il tasso di colonizzazione più veloce mai registrato per un mammifero introdotto.
Lo studio “A single introduction of wild rabbits triggered the biological invasion of Australia”, pubblicato su PNAS da un team di ricercatori portoghesi, britannici,. Australiani e neozelandesi, puntava a rispondere a una semplice domanda; «Quindi cosa è cambiato dopo il 1859 e come è iniziata l’invasione?»
Gli storici e l’opinione pubblica australiano sono da tempo convinti che la “piaga dei conigli” sia iniziata a Barwon Park, la tenuta di Thomas Austin , vicino a Geelong nel Victoria e il nuovo studio fornisce finalmente una prova genetica per questa versione degli eventi e mette un punto fermo al dibattito sul fatto che l’invasione sia derivata da una o più introduzioni indipendenti.
Come spiegano all’università di Cambridge, che ha guidato lo studio insieme al Centro de Investigação em Biodiversidade e Recursos Genéticos (CIBIO) dell’ Universidade do Porto, «Il 6 ottobre 1859, il fratello di Austin, William, inviò una partita di conigli selvatici – catturati nella terra di famiglia a Baltonsborough nel Somerset – insieme ad alcuni conigli domestici, sulla nave Lightning. Il giorno di Natale, 24 conigli arrivarono a Melbourne e furono spediti a Barwon Park. secondo un articolo di un quotidiano locale e lo stesso Austin, in tre anni, i “conigli di Austin” si erano moltiplicati in migliaia».
Per stabilire da dove hanno avuto origine i conigli invasivi australiani; se l’invasione è nata da una o più introduzioni; come si sono diffusi nel Paese; se ci fosse una spiegazione genetica per il loro successo rispetto a quello di altre popolazioni di conigli importate, i ricercatori hanno studiato documenti storici insieme a nuovi dati genetici raccolti da 187 “conigli europei”, per lo più catturati in natura in Australia, Tasmania, Nuova Zelanda, Gran Bretagna e Francia tra il 1865 e il 2018.
Studi recenti avevano contestato l’ipotesi di una singola origine, sostenendo invece che i conigli invasivi si siano sviluppati da diverse introduzioni indipendenti. Ma all’università di Cambridge fanno notare che «Tuttavia, non hanno campionato le popolazioni europee e domestiche ancestrali, il che è stato fondamentale per districare la fonte dei conigli australiani».
Il principale autore dello studio, Joel Alves, del Department of genetics dell’università di Oxford e del CIBIO Institute, sottolinea che «Siamo riusciti a risalire all’ascendenza della popolazione invasiva australiana fino al sud-ovest dell’Inghilterra, dove la famiglia di Austin raccolse i conigli nel 1859. I nostri risultati mostrano che, nonostante le numerose introduzioni in tutta l’Australia, è stato un singolo lotto di conigli inglesi a innescare questa devastante invasione biologica, i cui effetti si fanno sentire ancora oggi».
I ricercatori hanno scoperto che man mano che i conigli si allontanavano da Barwon Park, la diversità genetica diminuiva e che le rare varianti genetiche che si verificano nelle popolazioni in rapida crescita sono diventate più frequenti.
I ricercatori ricordano che «Nonostante la costruzione di recinzioni a prova di coniglio, l’introduzione deliberata del virus del mixoma e altre misure, i conigli rimangono una delle principali specie invasive in Australia che minacciano la flora e la fauna autoctone e costano al settore agricolo circa 200 milioni di dollari all’anno».
Studi precedenti avevano suggerito che diversi fattori contribuiscono alle invasioni biologiche, incluso il numero di individui, il numero di introduzioni e il cambiamento ambientale. Le nuove scoperte suggeriscono che «La composizione genetica di quegli animali può essere solo, se non di più, influente». I ricercatori sottolineano che «Se il fattore scatenante dell’invasione fosse stato il cambiamento ambientale, come lo sviluppo di vaste aree pastorali da parte di coloni umani, è probabile che più popolazioni locali di conigli si sarebbero espanse. I risultati genetici dello studio e il fallimento dei conigli precedenti al 1859 nel diventare invasivi hanno minato questa possibilità».
Invece, il team ha esplorato la possibilità che «L’arrivo di tratti genetici specifici abbia agito come fattore scatenante per l’invasione, qualcosa che aiuterebbe a spiegare la schiacciante evidenza genetica per una singola introduzione».
I conigli introdotti in Australia prima del 1859 venivano spesso descritti come caratterizzati da docilità: colori del mantello fantasiosi e orecchie flosce, tratti associati alle razze domestiche ma normalmente assenti negli animali selvatici. All’epoca i conigli di Austin erano descritti come catturati in natura e le scoperte genetiche del nuovo studio dimostrano che almeno alcuni di questi animali erano davvero selvatici.
Un altro autore dello studio, il genetista Francis Jiggins dell’università di Cambridge, fa notare che «Ci sono numerosi tratti che potrebbero rendere i conigli selvatici addomesticati poco adatti a sopravvivere in natura. Ma è possibile che non avessero la variazione genetica necessaria per adattarsi al clima arido e semiarido dell’Australia. Per far fronte a tutto questo, i conigli australiani hanno sviluppato cambiamenti nella forma del corpo per aiutare a controllare la loro temperatura. Quindi è possibile che i conigli selvatici di Thomas Austin e la loro progenie abbiano avuto un vantaggio genetico quando si è trattato di adattarsi a queste condizioni».
Joan Palmer ricorda che nel XX secolo suo nonno William Austin aveva avuto difficoltà a procurarsi gli animali per Thomas: «Poiché i conigli selvatici non erano affatto comuni intorno a Baltonsborough. Solo con grande difficoltà riuscì a farne 6; questi erano esemplari mezzo cresciuti prelevati dai loro nidi e addomesticati. Per completare il numero comprò 7 conigli grigi che gli abitanti del villaggio avevano tenuto nelle gabbie, come animali da compagnia o da mangiare».
Alves e Jiggins hanno scoperto che «I conigli invasivi discendenti dalle importazioni di Austin contenevano un elemento sostanziale di ascendenza domestica che supporta l’affermazione di Joan Palmer secondo cui i conigli selvatici e domestici nella spedizione si siano riprodotti prima o durante il loro viaggio di 80 giorni, il che spiegherebbe perché arrivarono più conigli rispetto a quelli inviato».
Nel 2019, lo studio “Parallel adaptation of rabbit populations to myxoma virus” pubblicato suScience da un team internazionale di ricercatori condotto da Alves e Jiggins ha rivelato come i conigli moderni che vivono in Australia, Regno Unito e Francia hanno acquisito resistenza alla mixomatosi attraverso gli stessi cambiamenti genetici. Gli scienziati hanno anche scoperto che questa resistenza si basa sull’impatto cumulativo di molteplici mutazioni di geni diversi.
Alves conclude: «Questi risultati sono importanti perché le invasioni biologiche sono una grave minaccia per la biodiversità globale e se vuoi prevenirle devi capire cosa le fa avere successo. Il cambiamento ambientale potrebbe aver reso l’Australia vulnerabile alle invasioni, ma è stata la composizione genetica di un piccolo gruppo di conigli selvatici che ha innescato una delle invasioni biologiche più famose di tutti i tempi. Questo serve a ricordare che le azioni di una sola persona, o di poche persone, possono avere un impatto ambientale devastante».