In Italia 2,6 mln di persone a rischio fame, ma lo spreco di cibo vale 15 mld di euro

Il solo impatto idrico dello spreco alimentare domestico equivale al 10% del fabbisogno d'acqua di tutta l’Africa

[13 Ottobre 2022]

Mentre la povertà alimentare è tornata a crescere nel nostro Paese, con oltre 2,6 milioni di persone che faticano a nutrirsi regolarmente a causa dell’aumento dei prezzi e dei rincari delle bollette, lo spreco di cibo domestico – ovvero quello che viene buttato nelle nostre case, non contando dunque quello imputabile alla filiera – vale oltre 9,2 miliardi di euro l’anno.

Contando anche il costo dell’energia utilizzata per la produzione del cibo, il conto sale a 15 miliardi di euro, secondo il rapporto 2022 sullo spreco di cibo dell’Osservatorio waste watcher international, presentato oggi. Si tratta di circa l’1% del Pil nazionale.

Tutto questo mentre il mondo si avvicina rapidamente al 2030, l’anno di verifica degli Obiettivi dell’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile: «Con tutta evidenza, più ci avviciniamo al traguardo, più si allontanano gli obiettivi fame zero e spreco zero», spiega l’agroeconomista Andrea Segrè, direttore scientifico dell’Osservatorio.

Lo spreco investe soprattutto l’ortofrutta, ma anche altri alimenti come latte e derivati, o il pane. Si tratta di valutazioni difficile da fare, basandosi sulle risposte degli stessi cittadini attraverso un apposito sondaggio, condotto in collaborazione con Ipsos.

In base a questa auto-valutazione l’estate segnata dalla crisi delle bollette ha reso gli italiani paradossalmente più spreconi, con la quota di spreco settimanale pro capite è passata da 595,3 a 674,2 grammi rispetto all’ultima rilevazione di Waste watcher international diffusa nel febbraio 2022.

«Siamo ai massimi storici, e con tutta evidenza l’Italia e il mondo devono darsi l’obiettivo di una global food policy come strategia sociale, economica e di sviluppo sostenibile», argomenta Segrè.

Anche perché gli impatti dello spreco di cibo non si fermano certo al perimetro delle nostre case: l’impatto idrico dello spreco alimentare domestico italiano nel 2022 «è pari a 749,7 miliardi di litri», ovvero quasi equivalente a «10 volte le precipitazioni rilevate in Emilia Romagna dall’inizio dell’anno alla fine di agosto o al 10% del fabbisogno idrico dell’Africa».

Allargando il quadro d’osservazione fino ai confini del rapporto tecnico pubblicato sullo spreco di cibo già nel 2018 dall’Ispra – l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale –, dove lo spreco alimentare viene definito come «la parte di produzione che eccede i fabbisogni nutrizionali e le capacità ecologiche», risulta che in Italia «almeno il 60% circa in energia alimentare della produzione primaria edibile destinata direttamente o indirettamente all’uomo potrebbe essere sprecata». In altre parole, ogni 100 calorie di alimenti destinati al consumo umano, 60 sono sprecate: più della metà.

A questo livello d’indagine, le soluzione possibili non possono che gravitare in una dimensione pubblica e dunque collettiva, piuttosto che nel ristretto ambito dei soli comportamenti privati. Partendo dal presupposto che vede oggi i sistemi alimentari prevalenti tra i maggiori fattori di superamento dei limiti planetari ecologici e sociali, il rapporto Ispra suggerisce in pratica di cambiare rotta ripartendo dalle piccole comunità virtuose, focalizzando l’attenzione sull’importanza della autosufficienza alimentare e dello sviluppo coordinato di sistemi alimentari locali resilienti, da sostenere con adeguati incentivi.