Rivolta in Ciad contro il governo golpista: almeno 30 morti
Intanto il Ciad dichiara lo stato di calamità naturale per le inondazioni dopo anni di siccità
[21 Ottobre 2022]
Ieri, nella capitale del Ciad Ndjamena e Moundou, la seconda città del Paese, ci sono stati violenti scontri tra polizia e manifestanti contrari al prolungamento del periodo di transizione. Non a caso gli scontri sono iniziati fin dalla mattina presto del 20 ottobre, giorno in cui i militari golpisti avevano in precedenza promesso che avrebbe ceduto il potere ai civili.Nella tarda serata di ieri a Ndjamena era tornata una relativa calma, ma si sentivano ancora spari e la città non ha finito di contare i suoi morti.
Il portavoce del governo ciadiano, Aziz Mahamat Saleh, ha detto all’AFP che durante gli scontri a Ndjamena. «Sono state uccise circa 30 persone, tra cui 10 membri delle forze di sicurezza, Una manifestazione vietata si è trasformata in un’insurrezione. Ci sono stati una trentina di morti, tra cui una dozzina di elementi della polizia e diversi feriti. I manifestanti hanno attaccato gli edifici pubblici, il governatorato, il quartier generale del Partito del primo ministro, quello del presidente dell’Assemblea nazionale».
Infatti, nonostante la manifestazione fosse stata vietata dal governo golpista del presidente Mahamat Idriss Deby, giovedi mattina diverse centinaia di persone sono scese nelle strade della capitale per opporsi alla permaneza al potere del presidente di transizione che, invece di lasciare il potere come promesso, ha giurato per la seconda volta per restarci. I manifestanti hanno iniziato ad erigere barricatye e a incendiare pneumatici e colonne di fumo nero si vedevano un po’ ovunque a Ndjamena. In diversi quartieri della città ci sono stati violenti scontri ai quali ha partecipato anche l’esercito. Nel nono arrondissement della Capitale, oltre alla polizia hanno sparato sui manifestanti anche uomini in borghese su auto prive di contrassegni.
Il Presidente della Commissione dell’Unione Africana, l’ex premier ciadiano Moussa Faki Mahamat, ha scritto su Twitter: «Condanno fermamente la repressione delle manifestazioni che ha provocato la morte di uomini in Ciad. Invito le parti al rispetto della vita umana e dei beni e a privilegiare le vie pacifiche per superare la crisi».
Intanto si stanno cercando morti e feriti e il corrispondente di Radio France International (Rfi) a Ndjamena, Madjiasra Nako, ha scritto che «I feriti vengono portati nei centri sanitari che restano sotto altissima sorveglianza. All’hôpital de l’Union, per esempio, dove c’erano almeno 7 cadaveri, le famiglie, che sono venute a prendere i loro morti sono state gasate. Un giornalista ha potuto contare almeno 18 cadaveri nell’obitorio del l’hôpital général de référence national. Tra i morti c’è il giovane giornalista Oredjé Narcisse che lavorava per Radio CEFOD».
Richard, un attivista dei diritti umani di Moundou, ha detto a che nella sua città «I soldati hanno sparato a bruciapelo contro i manifestanti. […] Ci sono molti feriti da arma da fuoco.
La Mezzaluna Rossa del Ciad ha detto di aver schierato 10 team per fornire il primo soccorso e di aver portato dozzine di feriti in ospedale.
Succès Masra del partito Transformers, uno dei gruppi che avevano indetto la protesta, ha ha scritto su Twitter: «Ci stanno sparando. Stanno uccidendo la nostra gente».
Le sedi dei partiti dell’attuale primo ministro Saleh Kebzabo (nominato la settimana scorsa), l’Union national pour la démocratie et le renouveau (UNDR), e del suo predecessore, Rassemblement National des Démocrates Chadiens (RNDT Le Réveil), sono state vandalizzate. Al telefono con la Reuters, il vicepresidente dell’UNDR Celestin Topona ha confermato che «Il nostro quartier generale è stato saccheggiato e poi dato alle fiamme. La guardia è stata quasi linciata dai manifestanti violenti».
Il poverissimo ma strategico Ciad è in crisi dopo la morte improvvisa dell’eterno presidente Idriss Déby, ucciso nell’aprile del 2021 negli scontri con il Front pour l’alternance et la concorde au Tchad, una milizia ribelle. Il consiglio militare di transizione guidato dal figlio di Déby, Mahamat Idriss Déby, che ha preso il potere con un golpe dopo la morte del presidente promettendo il ritorno a un governo civile dopo 18 mesi, ha nuovamente rinviato le elezioni a ottobre 2024 e gli oppositori chiedono un ritorno più rapido alla democrazia e un cambio di governo dopo che Déby padre ha governato il Ciad con il pugno di ferro per tre decenni, facendolo diventare il braccio armato delle potenze occidentali e e trascinandolo in avventure militari negli Stati confinanti.
Il ministero degli esteri della Francia, ex potenza coloniale del Ciad, ha condannato le violenze e «L’uso di armi letali contro i manifestanti. La Francia non ha alcun ruolo in questi eventi, che rientrano strettamente nell’ambito della politica interna del Ciad. Le false informazioni sul presunto coinvolgimento della Francia sono prive di fondamento». Ma il presidente francese Emmanuel Macron ha partecipato ai funerali solenni dell’ex presidente Idriss Déby e la Francia ha “tollerato”, se non appoggiato, il golpe militare del figlio.
La dichiarazione di Parigi arriva dopo le proteste antifrancesi dopo il nuovo colpo di Stato in Burkina Faso a settembre, dove I manifestanti hanno attaccato l’ambasciata e il centro culturale francesi nella capitale Ouagadougou dopo che i leader del colpo di stato hanno accusato la Francia di ospitare il capo della giunta militare defenestrato, il tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba in una base in Burkina, un’accusa che la Francia ha respinto,
Durante la sua lunga permanenza al potere, Déby padre aveva respinto diversi tentativi di spodestarlo da parte dei ribelli che provenivano dalla Libia e dal Sudan e ci è riuscito grazie al sostegno economico e militare della Francia, che lo considerava un forte alleato nella sua campagna contro il jihadismo nel Sahel.
Oltre alla crisi politica ed economica, il Ciad deve fare i conti anche devastanti inondazioni che, dopo anni di siccità, stanno colpendo oltre 1 milione di persone. Il giorno prima che scoppiasse la rivolta, Deby aveva dichiarato lo stato di emergenza per «Contenere e gestire meglio questa situazione di disastro nazionale» e aveva annunciato alla gtelevisione nazionale che «Le acque hanno inghiottito più di 465.000 ettari di campi e 19.000 capi di bestiame. Sul lago Ciad stanno attualmente convergendo notevoli quantità d’acqua, che probabilmente causeranno più danni di quanto già osservato su tutto il territorio. Le aree più esposte sono la città di Ndjamena e dintorni, le opere esistenti non sono state progettate sulla base dei dati meteorologici e idrologici attuali, il che significa che la situazione sta diventando sempre più preoccupante. Il rischio di esondazioni diffuse diventa sempre più evidente se il rialzo del livello delle acque rimane costante durante questa settimana. E’ in atto un piano di risposta del governo per fornire elementi essenziali alle vittime delle inondazioni. Vi annuncio che sarà istituito lo stato di emergenza per contenere e gestire al meglio questa situazione di calamità naturale. Vorrei invitare i Paesi amici ei partner tecnici e finanziari a sostenere gli sforzi del governo». Ma poche ore dopo nelle strade e nelle piazze delle due più grandi città del Ciad è scoppiato il caos.
Mentre si combatte e si muore, nella capitale, Ndjamena, le dighe costruite dagli abitanti cedono di fronte ai fiumi in piena che attraversano la città e circa 50.000 persone siano state costrette ad abbandonare le loro case e si stavnno allestendo siti per accogliere i senzatetto.