Gli incendi spingono i puma nell’area urbana di Los Angeles dove corrono rischi mortali

I ricercatori dell'UCLA e del National Park Service hanno studiato i movimenti dei puma prima e dopo l'incendio di Woolsey

[21 Ottobre 2022]

Il Woolsey Fire è stato un mega-incendio che nell’autunno del 2018 ha incenerito più di 40.000 ettari di foresta nelle montagne di Santa Monica, in California, bruciando metà dell’habitat dei puma (Puma concolor, chiamati anche leoni di montagna o coguari)  che vivono nell’area, una popolazione già circondata da autostrade e dall’oceano. La maggior parte dei puma è sopravvissuta all’incendio, ma il nuovo studio “Mountain lions avoid burned areas and increase risky behavior after wildfire in a fragmented urban landscape”, pubblicato su Current Biology, da un team di ricercatori statuinitensi, ha scoperto che «Gli animali, non più in grado di utilizzare le aree bruciate, adottano comportamenti rischiosi che aumentano la probabilità di incontri pericolosi con l’uomo e le infrastrutture che ha costruito e  i puma rivali».

La principale autrice dello studio, Rachel Blakey, del Kretz Center for California Conservation Biology dell’università della California Los Angeles (UCLA). Evidenzia che «I conflitti con altri puma, in particolare i maschi, possono essere mortali». Per evitarli, i puma possono attraversare strade trafficate e autostrade, qualcosa che i ricercatori hanno scoperto si è verificato con maggiore frequenza nei 15 mesi successivi all’incendio, passando da circa 3 investimenti di puma al mese a 5.

La Blakey fa notare che «I leoni di montagna con i quali conviviamo a Los Angeles stavano già rischiando per le strade e gli altri puma. Il Woolsey Fire, limitando ulteriormente lo spazio che hanno, ha davvero intensificato quei rischi».

Il puma P-61 è un esempio di cosa è successo dopo il mega-incendio: come fanno tutti i maschi subadulti, P-61 ha lasciato l’area in cui era stato allevato per stabilire un proprio territorio, ma con così tanta terra bruciata, si è avventurato a est, dalle montagne di Santa Monica attraverso l’autostrada 405, il primo attraversamento di successo registrato della strada più trafficata degli Usa da parte di un puma. Ma P-61 è stato quasi subito attaccato da un maschio adulto che ha il suo territorio nelle colline a est dell’autostrada e, tentando di ritirarsi attraverso la 405, è stato investito da un veicolo e ucciso.

Un altro maschio, P-64 – noto come “Culvert Cat” per la sua abitudine di attraversare l’autostrada 101 attraverso un tunnel di drenaggio – durante il Woolsey Fire  era nelle Simi Hills della Contea di Ventura ma quasi due terzi dell’habitat dove viva<veva insieme ad altri puma è bruciato e P-64 si è spostato a sud, dove ha incontrato aree urbanizzate e probabilmente attività antincendio e di evacuazione della popolazione umana. E’ probabilmente per questo che “Culvert Cat” ha deciso di tornare a nord, dove il terreno fumava ancora e dove è morto poche settimane dopo.

Il corpo di “Culvert Cat” è stato recuperato da Seth Riley, uno degli autori dello studio e capo della sezione della Santa Monica Mountains National Recreation Area dove è stato condotto lo studio, e Riley racconta che «Abbiamo potuto vedere che le sue zampe erano bruciate ed è morto di fame».

I risultati dello studio, che si basano sui dati su posizione e spostamenti trasmessi dai  collari di localizzazione applicati a una dozzina di puma dal National Park Service, insieme ai dati degli incendi e del terreno bruciato, «Dimostrano quanto possano essere devastanti gli incendi per le popolazioni locali di leoni di montagna».

Dato che sono predatori che cacciano all’agguato e che hanno bisogno vi vegetazione per mimetizzarsi e garantire così l’elemento sorpresa, la diffusa perdita di fitti cespugli e chapparal causata dagli incendi significa molti meno nascondigli per cacciare e i ricercatori hanno scoperto che «I leoni di montagna hanno quasi completamente evitato le grandi fasce di territorio  bruciato del loro habitat».

Anche un cambiamento nelle abitudini di caccia può spiegare in parte perché i puma, in gran parte notturni, dopo l’incendio sono risultati più attivi durante il giorno, «Rimanendo attivi per il 16% delle ore diurne, rispetto al 10% di prima dell’incendio». Per la Blakey, «Questo potrebbe essere dovuto al loro bisogno di cacciare animali diversi dai cervi muli, la loro preda principale, così come per evitare altri maschi. L’aumento dell’attività diurna rende anche più probabile l’incontro con gli esseri umani».

E mentre dopo l’incendio il park service  ha avuto un forte aumento di  segnalazioni di  puma che stavano invadendo più di prima le aree popolate, lo studio ha scoperto che non era vero. Uno degli utori dello studio, Jeff Sikich, un biologo del National Park Service – Santa Monica Mountains National Recreation Area, a capo di un team che censisce i leoni di montagna, tiene traccia della loro dieta, misura i tassi di sopravvivenza e ne determina le cause di morte, sottolinea che «In tutte le nostre ricerche, abbiamo riscontrato questa fortissima tendenza ad evitare le aree urbane. Questo non è cambiato dopo l’incendio». Per Sikich attribuisce l’impressione che gli avvistamenti di puma siano in crescita alla diffusione di allarmi nelle abitazioni e alle telecamere di sorveglianza, che possono dare alle persone l’impressione di una maggiore attività. Infatti, è stata proprio la telecamera di sicurezza di una gated community a filmare lo scontro tra il giovane e sfortunato puma P-61 e il suo rivale.

Il National Park Service  studia e segue da 20 anni la popolazione unica di puma urbani di Los Angeles e la collaborazione con l’UCLA e i suoi ricercatori e ricercatrici come la Blakey, ha aiutato gli scienziati ad approfondire la loro comprensione di questi magnifici  animali e a migliorare il lavoro per salvaguardarli, compreso il rafforzamento della diversità genetica delle piccole popolazioni di leoni di montagna della regione, che sono state isolate l’una dall’altra per anni dalle autostrade e che hanno recentemente iniziato a mostrare gli effetti riproduttivi della consanguineità. Riley  sottolinea che «Collegarli a nuovi habitat e compagni è fondamentale per tenere a bada l’estinzione. Il nuovo Wallis Annenberg Wildlife Crossing sull’autostrada 101, attualmente in costruzione, è un passo nella giusta direzione, ma è necessario fare anche altro. Risolvere il problema degli incendi è una sfida più difficile. Lo sviluppo urbano umano ha notevolmente aumentato le fonti di accensione e portato a più incendi in periodi di tempo più brevi, il che è una cattiva notizia per il chapparal autoctono e per i leoni di montagna. La vegetazione potrebbe non ricrescere abbastanza densamente da soddisfare le esigenze di caccia dei leoni di montagna e potrebbe essere sostituita da erbe invasive che sono ancora più infiammabili. Dobbiamo fare tutto il possibile per aumentare la connettività dell’habitat, ridurre l’effetto di enormi incendi e assicurarci di avere ancora questi magnifici animali nel parco e nella regione, per le generazioni future».

Un coautore dello studio, Daniel Blumstein dell’UCLA, conclude: «Capire come si comportano i leoni di montagna in un luogo come Los Angeles fa parte dello sviluppo di una prospettiva più ampia su come le persone e la fauna selvatica condividono lo spazio nel mondo. Studi come questo, nei quali ci chiediamo come gli animali usano e percepiscono il loro mondo alterato dall’uomo, sono essenziali per comprendere e gestire meglio le minacce alla nostra biodiversità urbana».