Il finanziamento pubblico internazionale ai combustibili fossili è diminuito, ma è probabile un rimbalzo a meno che i governi non mantengano gli impegni

L’Italia sesto più grande finanziatore pubblico di combustibili fossili al mondo: 2,8 miliardi di dollari all’anno, più di Arabia Saudita e Russia

Solo il 3,5% dei finanziamenti internazionali italiani vanno alle energie rinnovabili. Alla COP27 l’Italia manterrà a le promesse o arriverà a mani vuote?

[1 Novembre 2022]

Secondo il nuovo rapporto “At a Crossroads: Assessing G20 and MDB international energy finance ahead of stop funding fossils pledge deadline” pubblicato da  Oil Change International e Friends of the Earth Usa e al quale  hanno collaborato Legambiente e ReCommon, «Tra il 2019 e il 2021 l’Italia ha fornito 2,8 miliardi di dollari all’anno in finanza pubblica per i combustibili fossili».

Legambiente evidenzia che «Lo studio mostra che il nostro Paese è in ritardo, rispetto ad altri, nell’attuare un impegno congiunto a porre fine al finanziamento pubblico per i progetti internazionali sui combustibili fossili entro la fine del 2022, adottato alla conferenza globale sul clima di Glasgow lo scorso anno. L’Italia rimane il sesto maggior fornitore di finanza pubblica internazionale per combustibili fossili a livello globale, piazzandosi davanti ad Arabia Saudita e Russia, che si trovano rispettivamente all’8° e 9° posto».

Il rapporto, che esamina la finanza pubblica per i combustibili fossili dei Paesi del G20, ha dimostrato che «I finanziamenti italiani per le fonti più inquinanti sono fluiti in gran parte attraverso l’agenzia italiana di credito all’esportazione, Servizi Assicurativi del Commercio Estero (SACE). Questo tipo di finanziamento preferenziale alle fossili aiuta a sfruttare ulteriori investimenti per i progetti proposti e rende più probabile che vengano portati a termine – denuncia Legambiente – SACE ha fornito supporto a molti progetti controversi, tra cui il progetto Mozambico GNL, che sta esacerbando un conflitto interno al Paese africano, che ha visto brutalità inimmaginabili e migliaia di morti. SACE ha anche sostenuto le fonti fossili in Russia nei sette anni trascorsi dall’annessione della Crimea, azioni che Bloomberg sottolinea “aiutavano ad arricchire la Russia mentre si preparava ad invadere l’Ucraina”».

Secondo Anabela Lemos di Justica Ambiental/Friends of the Earth Mozambique, «Questo rapporto mette in evidenza l’immensa quantità di finanziamenti che i Paesi più ricchi del mondo continuano a riversare in progetti di combustibili fossili in Africa a scapito dei cittadini africani. L’attuale corsa alle risorse di combustibili fossili dell’Africa equivale a una perpetuazione delle modalità estrattive di sfruttamento coloniale, devastando le risorse agricole e forestali del continente e privando le comunità locali dei loro mezzi di sussistenza e talvolta persino delle loro vite».

Simone Ogno, ReCommon, ha affermato: «Finora le attività di SACE sono proseguite senza una vera e propria politica pubblica sul cambiamento climatico, che le ha consentito di sostenere finanziariamente progetti devastanti per il clima, l’ambiente e le comunità in prossimità di queste infrastrutture. Molti di questi progetti sono andati a beneficio di regimi che alimentano conflitti e instabilità politica, come la Federazione Russa, l’Egitto e il Mozambico. È tempo che il Governo italiano attui la Dichiarazione di Glasgow con una politica solida per tutte le sue istituzioni di finanza pubblica, senza lasciare scappatoie per il gas o false soluzioni per il clima».

Il Cigno Verde fa notare che «Una quota molto inferiore della finanza pubblica italiana è andata all’energia pulita: una media annua di 112 milioni di dollari tra il 2019 e il 2022. Ciò significa che su un totale di 3,2 miliardi di dollari per il finanziamento dell’energia, l’89,8% è andato ai combustibili fossili e il 3,5% è andato all’energia pulita (215 milioni di dollari, ossia il 6,7%, sono andati ad altre voci non meglio definite)».

Il rapporto rivela che «Tra il 2019 e il 2021 i Paesi del G20 e le banche multilaterali di sviluppo (MDB) hanno fornito almeno 55 miliardi di dollari all’anno alla finanza pubblica internazionale per i combustibili fossili. Si tratta di un calo del 35% rispetto agli anni precedenti (2016-2018), ma comunque quasi il doppio del sostegno fornito per l’energia pulita, con una media di soli 29 miliardi di dollari all’anno».

Ma  gli autori del rapporto avvertono che «I flussi delle finanze pubbliche internazionali sono spesso volatili e che per essere in linea con gli obiettivi climatici, il sostegno pubblico ai combustibili fossili deve cessare del tutto. Per continuare questo trend alla diminuzione del sostegno ai combustibili fossili, i governi chiave del G20 dovranno rispettare l’impegno congiunto preso da 39 Paesi e istituzioni alla conferenza globale sul clima dello scorso anno di porre fine al sostegno diretto delle finanze pubbliche internazionali ai combustibili fossili entro la fine del 2022 e dare invece priorità assoluta finanza pubblica per l’energia pulita».

Il rapporto evidenzia che «I Paesi del G20 Canada, Stati Uniti, Germania e Italia continuano a essere grandi finanziatori di fossili, mentre sono in ritardo nella pubblicazione delle loro politiche per realizzare la dichiarazione di Glasgow». Tuttavia, un numero crescente di Paesi ha riaffermato che l’energia pulita è la strada verso l’energia a prezzi accessibili, non il gas fossile. Il rapporto fa notare che  «A una settimana alla conferenza globale sul clima in Egitto e due mesi alla fine del 2022, le politiche approvate da Regno Unito, BEI, Danimarca, Francia, Finlandia e Svezia vietano completamente il supporto per l’estrazione, la lavorazione del gas e le infrastrutture chiave come il GNL e condutture. Mettono restrizioni variabili sul supporto all’energia a gas».

Il rapporto rileva inoltre che «Se tutti i Paesi del G20 e le MDB trasferissero completamente il loro sostegno internazionale dai fossili verso l’energia pulita, triplicherebbero quasi la loro attuale media annuale per l’energia pulita a 85 miliardi di dollari. Per raggiungere questo totale, altri grandi fornitori di finanza pubblica del G20, tra cui Giappone, Corea del Sud e Cina, dovranno unirsi ai loro colleghi come firmatari della Dichiarazione di Glasgow e rispettare il nuovo impegno».

E anche Legambiente ricorda che «All’Italia, che tra pochi giorni sarà impegnata alla conferenza mondiale sul clima, la COP27 in programma Egitto, mancano meno di due mesi per rispettare la scadenza di fine anno del suo impegno a porre fine alla finanza pubblica internazionale per i combustibili fossili. Altri Paesi, tra cui Regno Unito, Francia, Belgio, Danimarca, Svezia e Finlandia, hanno già pubblicato nuove politiche per attuare l’impegno. Nel suo ultimo rapporto, l’IPCC ha evidenziato che la finanza pubblica per i combustibili fossili è “gravemente disallineata” rispetto al raggiungimento degli obiettivi di Parigi, ma che, se spostata, potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nel colmare il divario verso azioni e politiche di mitigazione, consentendo riduzioni delle emissioni ed una giusta transizione».

Per Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente, «E’ giunto il momento di un cambiamento radicale. L’Italia deve smettere di sovvenzionare i combustibili fossili e i progetti correlati, che non solo contribuiscono alla grande crisi che assistiamo quotidianamente, ai prezzi dell’energia e alla crisi climatica, ma portano anche a conflitti e disuguaglianze sociali. L’appello al nuovo Governo: l’Italia deve cambiare rotta, disinvestire in progetti dannosi finanziati con denaro pubblico e puntare su energie rinnovabili ed efficienza per aiutare imprese e famiglie».

Adam McGibbon, di Oil Change International, ha aggiunto: «L’Italia ha fatto una promessa all’ultima conferenza sul clima: il Governo italiano manterrà la parola data o verrà alla COP27 a mani vuote? Questo è un momento di crescenti crisi climatiche, energetiche e del costo della vita. Spostare il sostegno dai combustibili fossili sporchi e rischiosi ad un’energia pulita, economica e affidabile, che aumenterà i posti di lavoro, ridurrà la dipendenza dal gas estero e combatterà la crisi climatica».

Altri risultati chiave del rapporto includono: Giappone, Canada, Corea e Cina hanno nuovamente fornito la finanza pubblica più diretta per i combustibili fossili tra il 2019 e il 2021, con una media annua rispettivamente di 10,6 miliardi di dollari; $ 8,5 miliardi; $ 7,3 miliardi e $ 6,7 miliardi. Questi paesi sono rimasti al primo posto per l’intero set di dati 2013-2021. Il 53% della finanza pubblica internazionale per i combustibili fossili è confluito in progetti di gas. Questi 30 miliardi di dollari all’anno sono più di quelli ricevuti da qualsiasi altro tipo di energia dal 2019 al 2021 e di tutti i finanziamenti per le energie rinnovabili messi insieme. La maggior parte dei finanziamenti internazionali sui combustibili fossili del G20 e dell’MDB sono confluiti in Paesi relativamente ricchi. Il Mozambico è l’unico Paese a basso reddito tra i primi 15 beneficiari e 12 sono Paesi a reddito medio-alto. Si stima che circa 8,2 miliardi di dollari o il 27% del calo del 2021 nel finanziamento dei combustibili fossili sia dovuto a nuove politiche. La diminuzione del supporto fossile dal 2019 al 2021 è stata determinata da un drastico calo nel 2021. Tuttavia, i dati di inizio 2022 per il Canada e una diminuzione della disponibilità di dati per la Corea del Sud suggeriscono che il 53% della diminuzione sarà temporaneo a meno che non vengono adottate nuove politiche di restrizione dei combustibili fossili. Il punto positivo è che il 27% del calo è riconducibile alle nuove politiche di restrizione dei fossili da parte del Regno Unito, della Banca europea per gli investimenti, della Cina, dell’OCSE e di altre che sono entrate in vigore in tutto o in parte. Tra il 2019 e il 202, i finanziamenti per l’energia pulita ai Paesi africani sono diminuiti, da una media annua di 3,2 miliardi di dollari tra il 2016 e il 2018, fino a 2,8 miliardi di dollari all’anno. Questo è ben al di sotto di ciò che è necessario per soddisfare sia l’accesso all’energia che gli imperativi climatici in tutto il continente.

Claire O’Manique, autrice principale del rapporto e analista di finanza pubblica di Oil Change International, spiega che « I finanziamenti pubblici internazionali sono urgentemente necessari per costruire una transizione energetica globalmente giusta. Ma non possono svolgere questo ruolo critico se i Paesi del G20 e le  MDB continuano a incanalare 55 miliardi di dollari all’anno in progetti di combustibili fossili che devastano il clima. Il movimento per il clima continuerà a ritenere i Paesi ricchi responsabili del loro ruolo nel finanziamento della crisi climatica e chiederà che si muovano per primi e più velocemente per eliminare gradualmente la loro produzione di combustibili fossili, smettere di finanziare i fossili e pagare la loro giusta quota per una transizione energetica globalmente giusta. E’ ormai tempo che i dollari delle finanze pubbliche vengono spesi per porre rimedio al colonialismo dei combustibili fossili. finanziando soluzioni reali».

L’altra autrice principale del rapporto, Kate DeAngelis, responsabile del programma finanziario internazionale di Friends of the Earth United States, ha ricordato che «L’anno scorso molti dei maggiori finanziatori pubblici mondiali di progetti di combustibili fossili all’estero, inclusi gli Stati Uniti, si sono impegnati a porre fine a tutte le finanze pubbliche per progetti di combustibili fossili e trasferire questi soldi all’energia pulita. Da allora, abbiamo visto alcuni leader mantenere saldi questi impegni mentre gli Stati Uniti e altri non sono riusciti a far approvare le loro politiche sull’attuazione di queste promesse. Queste istituzioni per decenni hanno finanziato progetti di combustibili fossili in tutto il mondo che hanno danneggiato comunità, ucciso lavoratori e membri delle comunità e causato distruzione ambientale. E’ tempo che questo finanziamento deleterio finisca».

Lidy Nacpil dell’Asian Peoples’ Movement on Debt and Development ha commentato: «La finanza pubblica continua a sostenere il carbone e altri combustibili fossili in Asia nonostante l’attuale emergenza climatica. Gli impatti devastanti della crisi climatica sono dimostrati in modo più drammatico e tragico dalle recenti catastrofiche inondazioni che hanno visto un terzo del Pakistan finire sott’acqua. Se i governi e le istituzioni multilaterali non interromperanno il loro sostegno all’industria dei combustibili fossili, questi tragici eventi diventeranno solo più comuni e più gravi».

Tasneem Essop, direttore esecutivo di CAN International, attacca i governi: «Il denaro dei contribuenti duramente guadagnato non può essere utilizzato dai governi per sostenere progetti di combustibili fossili a livello nazionale o all’estero. I Paesi del G20 che insieme contribuiscono per oltre l’80% delle emissioni globali non possono sostenere questo spreco criminale di risorse pubbliche che sta guidando l’emergenza climatica, esacerbando i conflitti, aumentando il costo della vita e aumentando la povertà, le malattie e i disastri climatici. La finanza pubblica – il denaro del popolo – deve essere utilizzata per aiutare le persone a passare a sistemi energetici puliti e sostenibili e verso un futuro clima sicuro per tutti».

Per May Boeve, direttrice esecutiva di 350.org, «E’ tempo che i governi mostrino l’aspetto della vera leadership climatica e mettano fine alla finanza pubblica internazionale per i combustibili fossili. Se vogliamo mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi, un declino gestito della produzione di combustibili fossili è l’unico modo e l’unico linguaggio che queste società di combustibili fossili procacciatori di profitto capiscono è il denaro. Abbiamo bisogno di un uso efficiente dell’energia insieme a un massiccio lancio delle energie rinnovabili. E’ ora di chiudere la pipeline del denaro per i combustibili fossili sporchi e di investire tutto nel nostro futuro».

Aki Kachi, senior climate finance analyst al NewClimate Institute, analizza la situazione del Paese leader dell’economia europea:  «Soprattutto considerando l’attuale crisi energetica in Germania, c’è una chiara necessità di supportare altri Paesi per evitare errori tedeschi che ne hanno esacerbato la vulnerabilità. Questo significa costruire la sicurezza energetica attraverso le energie rinnovabili e non la futura dipendenza dai combustibili fossili. E’ imperativo che l’attuazione da parte della Germania della Dichiarazione di Glasgow sia ambiziosa invece di cercare di trovare scappatoie».

Hadi Jatmiko, a capo della WALHI’s National Campaign Division, ha concluso ricordando che il cambiamento climatico e il colonialismo energetico sono un dramma reale che molti popoli vivono già sulla loro pelle: «Il finanziamento internazionale delle istituzioni di finanza pubblica dei ricchi governi del G20 per progetti energetici con fonti di combustibili fossili in Indonesia ha contribuito notevolmente allo sprofondamento dei villaggi costieri in Indonesia. Ogni anno, 1 ettaro di terra viene perso lungo la zona costiera di Demak, nella provincia di Giava Centrale a causa dell’innalzamento del livello del mare, il finanziamento di questo progetto oltre a distruggere il clima ha anche distrutto la vita economica dei pescatori e aumentato il numero di pescatori morti al mare. Nel 2010 il numero dei pescatori morti è stato di 87 persone. Ma nel 2020 il numero è salito a 251 persone. A causa del clima imprevedibile determinato dal cambiamento climatico, i pescatori in Indonesia possono andare in mare solo per 6 mesi all’anno. Il resto dell’anno devono cambiare professione per diventare coolies o venditori ambulanti. Oltre a questo, inondazioni improvvise, le frane e le tempeste di seroja stanno diventando più intense e frequenti in tutta l’Indonesia. Fermare i finanziamenti per progetti che distruggono il clima e le false soluzioni alla crisi climatica non può essere ritardato, deve essere fatto ora incondizionatamente, spostando i finanziamenti su progetti energetici puliti, equi, sostenibili e decentralizzati».