Il degrado del suolo sta costando 50 miliardi di euro l’anno agli Stati europei

Montanarella (Jrc): «Il 60-70% è reso insalubre, un quarto dei terreni è soggetto a tassi di erosione idrica insostenibili e altrettanti sono a rischio alto o molto alto di desertificazione»

[10 Novembre 2022]

A Ecomondo è in corso la prima edizione degli Stati generali per la salute del suolo, organizzata da Re Soil Foundation e dal Gruppo di coordinamento nazionale per la bioeconomia del presidenza del Consiglio dei ministri, in collaborazione con Crea e Ispra.

Un consesso di alto livello scientifico, in cui è intervenuta anche Lucrezia Caon, responsabile Fao per suolo e acqua, spiegando che «lo stato di salute dei suoli mondiali è allarmante. Il 33% già oggi presenta segni di degrado. E, se non si interverrà per tutelarli, intervenendo sulle attuali pratiche di gestione, quella percentuale raggiungerà il 90% entro il 2050».

Alla base del problema c’è una lunga sottovalutazione di quanto sia cruciale la salute del suolo per la biodiversità, la sicurezza alimentare mondiale e per la regolazione del clima. Ma, più in generale, dalla qualità dei terreni dipende la possibilità di centrare quasi tutti gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

«La degradazione del suolo colpisce direttamente il benessere di 3,2 miliardi di persone nel mondo –  aggiunge Caon – Dobbiamo ricordare che nel 2021 quasi 830 milioni di persone nel mondo hanno sofferto la fame e 2,3 miliardi sono in stato di insicurezza alimentare. Le proiezioni del futuro ci dicono che l’8% della popolazione mondiale soffrirà la fame nel 2030».

Un grosso problema anche per gli Stati europei, già oggi fortemente minacciati dal progressivo degrado del suolo, come evidenziato nel suo intervento da Luca Montanarella, alla guida della Land resources unit del Joint research centre della Commissione europea.

Nel suo intervento, Montanarella ha evidenziato anzi che lo stato di salute attuale dei suoli nella Ue è forse più preoccupante che a livello mondiale: «Il 60-70% è reso insalubre a causa delle attuale pratiche di gestione, dagli effetti dell’inquinamento dell’aria e dai cambiamenti climatici. Un quarto dei terreni è soggetto a tassi di erosione idrica insostenibili e altrettanti sono a rischio alto o molto alto di desertificazione. Inoltre, ci sono in Europa 2,8 milioni di siti potenzialmente contaminati ma appena il 24% è inventariato».

Tutto questo ha importanti riflessi anche sul piano economico: tra le principali voci di costo spiccano la gestione dei siti contaminati (6,5 miliardi di euro/anno), la perdita di fosforo causata dall’erosione dei terreni (fino a 4,3 miliardi all’anno), l’esigenza di rimuovere i sedimenti da corsi d’acqua e bacini idrici (2,3 miliardi all’anno) e la perdita di produttività dovuta all’erosione idrica (1,25 miliardi di euro l’anno).

«Non intervenire per contrastare con efficacia il degrado dei suoli sta costando agli Stati europei più di 50 miliardi di euro ogni anno», aggiunge Montanarella. E senza interventi collettivo, il costo è destinato a diventare sempre più salato.

«Senza suolo non mangiamo e se l’Italia non approverà finalmente la legge sulla tutela del suolo, è impossibile parlare di sicurezza e sovranità alimentare – conclude Michele Munafò, responsabile del Sistema informativo nazionale ambientale dell’Ispra –Il 95% di ciò che troviamo nel piatto dipende dal suolo fertile. Se quei terreni spariscono perché coperti da cemento, asfalto, erosi, salinizzati, contaminati e non più fertili, noi non mangeremo più. Di una legge per tutelarlo si parla da 10 anni ma senza risultati. È fondamentale adeguare il nostro sistema nazionale indirizzandolo verso gli obiettivi di arresto del consumo di suolo fissati dalla Ue, il bilanciamento dei servizi ecosistemici del suolo. E ciò va fatto entro il 2030 perché gli Obiettivi di Sviluppo sostenibile ci richiamano a questo impegno. Quell’anno è un punto di non ritorno».