Al via l’indagine Onu sulla violazione dei diritti umani in Iran

L’Iran: doppio standard occidentale. Türk: «Situazione insostenibile. Contro i manifestanti la tipica narrazione della tirannia»

[25 Novembre 2022]

La sessione speciale dell’Human Rights Council tenutasi a Ginevra ha accolto la richiesta dell’United Nations High Commissioner for Human Rights,  Volker Türk,  di aprire un’indagine indipendente sulle violenze mortali in corso contro i manifestanti in Iran e ha istituito una missione conoscitiva sulle proteste iniziate il 16 settembre, dopo la morte della 22enne kurda Jina Mahsa Amini, e che continuano nella Repubblica Islamica dell’Iran.

L’Human Rights Council ha approvato la risoluzione  con 25 voti favorevoli (Argentina, Benin, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Gabon, Gambia, Germania, Honduras, Giappone, Libia, Lituania, Lussemburgo, Isole Marshall, Messico, Montenegro, Namibia, Nepal, Olanda, Paraguay, Polonia,  Corea del sud, Ucraina, Regno Unito, Stati Uniti d’America)  6 contrari (Cina, Pakistan, Eritrea, Venezuela, Cuba e Armenia) e 15 astenuti (Bolivia, Brasile, Camerun, Costa d’Avorio, India, Indonesia, Kazakistan, Malawi, Malaysia, Mauritania, Namibia, Qatar, Senegal, Sudan, Emirati Arabi Uniti e Uzbekistan).

Türk  ha prima di tutto  confermato di nutrire «Una profonda ammirazione per il popolo iraniano. Durante le mie numerose visite ufficiali nel Paese nella mia precedente incarnazione, sono stato ispirato dalle persone che ho incontrato e dal ricco patrimonio culturale e letterario del Paese. L’accoglienza da parte dell’Iran dei rifugiati afgani è stata e rimane una vera espressione di solidarietà internazionale. Mi addolora vedere cosa sta succedendo nel Paese. Le immagini dei bambini uccisi. Di donne picchiate per strada. Di persone condannate a morte».

L’Alto commissario per i diritti umani ha ricordato che  in Iran Negli ultimi anni abbiamo assistito a ondate di proteste che chiedevano giustizia, uguaglianza, dignità e rispetto dei diritti umani. Sono state accolte con violenza e repressione. L’uso non necessario e sproporzionato della forza deve finire. I vecchi metodi e la mentalità da fortezza di chi detiene il potere semplicemente non funzionano. In realtà, aggravano solo la situazione. Ora ci troviamo in una vera e propria crisi dei diritti umani. Le proteste in corso, scatenate il 16 settembre in seguito alla morte in custodia di Jina Mahsa Amini, si sono estese in tutto il Paese. Secondo quanto riferito, le proteste hanno avuto luogo in oltre 150 città e 140 università in tutte le 31 province dell’Iran. Le regioni minoritarie continuano a essere colpite in modo sproporzionato, soprattutto in termini di vittime. Alcuni dei loro rappresentanti in Parlamento hanno espresso critiche nei confronti della risposta delle autorità a queste proteste. Donne, giovani, uomini, di tutta la società: studenti, lavoratori di vari settori, atleti e artisti chiedono a gran voce il cambiamento. Con incredibile coraggio».

Per questo, anche in occasione dell’  International Day for the Elimination of Violence Against Women, Türk ha chiesto al regime teocratico iperconservatore iraniano di «Porre fine a leggi e pratiche discriminatorie contro donne e ragazze. Per il pieno rispetto dei diritti e delle libertà di tutto il popolo iraniano. Per l’inclusione e l’uguaglianza. Per un futuro migliore e più giusto. Esorto il governo e chi detiene il potere ad ascoltare a riconoscere le profonde lamentele sociali, economiche e politiche che si sono accumulate. Ad ascoltare le richieste delle persone affinché i loro diritti siano protetti e le loro voci siano ascoltate. Ad accettare la legittimità di coloro che invocano visioni diverse della società. Le donne e le ragazze devono potersi sentire libere e sicure in pubblico senza timore di violenze o molestie. Vivere in sicurezza ed essere in grado di partecipare alla vita pubblica su un piano di parità con gli uomini. I giovani devono sapere che possono esprimere pacificamente le loro opinioni senza timore di essere arrestati e incarcerati».

Per Türk, «La situazione attuale è insostenibile. Dall’inizio delle proteste, secondo quanto riferito, le forze di sicurezza hanno risposto usando la forza letale contro manifestanti disarmati e passanti che non rappresentavano alcuna minaccia per la vita. In palese disprezzo delle regole internazionali sull’uso della forza. Le forze di sicurezza, in particolare il Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (i Padaran, ndr) e le forze dei Basij, hanno usato munizioni vere, pallottole e altri proiettili metallici, gas lacrimogeni e manganelli. Secondo fonti attendibili, una stima prudente del bilancio delle vittime finora è di oltre 300, di cui almeno 40 bambini. Questo è inaccettabile. Abbiamo ricevuto segnalazioni secondo cui i manifestanti feriti temono di andare in ospedale per il rischio di essere arrestati dalle forze di sicurezza. Professionisti medici hanno denunciato pubblicamente l’interferenza delle forze di sicurezza nel trattamento dei manifestanti feriti. Da quello che abbiamo potuto raccogliere, circa 14.000 persone, compresi i bambini, sono state finora arrestate nel contesto delle proteste. Questo è un numero impressionante. Sono allarmato dalle notizie secondo cui anche i bambini sospettati di aver partecipato alle proteste vengono arrestati a scuola. Centinaia di studenti universitari sono stati convocati per essere interrogati, minacciati o sospesi e viene loro impedito di entrare nei campus universitari. Leader della società civile sono stati presi di mira e arrestati dalle loro case e luoghi di lavoro, tra cui difensori dei diritti umani, giornalisti e avvocati. Ai manifestanti arrestati continua a essere negato l’accesso a un avvocato. Molti affrontano accuse di sicurezza nazionale con lunghe pene detentive. Ci sono notizie preoccupanti di torture fisiche e psicologiche e maltrattamenti di manifestanti detenuti per estorcere confessioni forzate, alcune delle quali trasmesse dai media statali. Le famiglie delle vittime vengono molestate e prese di mira. Secondo fonti ufficiali, almeno 21 persone arrestate nel contesto delle proteste rischiano attualmente la pena di morte, di cui almeno 6 sono state condannate a morte con l’accusa di moharebeh (inimicizia contro Dio) ed efsad-e fel-arz (corruzione su terra), in contrasto con gli standard internazionali».

L’Alto commissario Onu ha ammonito il governo della destra religiosa al potere a Teheran: «Abbiamo visto dichiarazioni che cercano di delegittimare ed etichettare manifestanti, attori della società civile e giornalisti come agenti di nemici e Stati stranieri. Questa è una narrazione di convenienza. Come abbiamo visto nel corso della storia, è la tipica narrazione della tirannia. Per distrarre dalle cause profonde delle lamentele. Il popolo iraniano, di ogni estrazione sociale, etnia, età, chiede un cambiamento. Queste proteste sono radicate nelle negazioni di libertà di lunga data. Nelle disuguaglianze giuridiche e strutturali. Nella mancanza di accesso alle informazioni. Nelle chiusure di Internet. Per decenni, le donne e le ragazze sono state ostacolate da una discriminazione pervasiva, nella legge e nella pratica. E, in assenza di canali efficaci per esprimere le loro preoccupazioni, i timori e la frustrazione si sono moltiplicati. Le persone sono diventate disilluse in assenza di prospettive di riforme reali. Così sono scese in piazza».

La rappresentante dell’Iran, Khadija Karimi, direttrice generale per gli affari internazionali del Vice Cancelliere per le Donne e gli Affari Familiari dell’Istituzione Presidenziale dell’Iran, ha assicurato che «Dopo la morte della signora Amini, da parte del governo sono state prese le misure necessarie per chiedere giustizia. Questi includevano la formazione di una commissione investigativa parlamentare indipendente e di un’équipe medica forense. Tuttavia, prima dell’annuncio formale dell’analisi dell’indagine, la reazione prevenuta e frettolosa di un certo numero di autorità occidentali e il loro intervento negli affari interni dell’Iran, hanno trasformato le assemblee pacifiche in rivolte e violenze».

Nel suo intervento Türk ha confermato che sugli eventi il suo ufficio ha ricevuto molte  comunicazioni dal governo iraniano, «Comprese le indagini interne sulla morte della signora Amini. Rimaniamo preoccupati per il fatto che le indagini non abbiano soddisfatto gli standard internazionali di imparzialità, indipendenza e trasparenza. La persistente impunità per le violazioni dei diritti umani rimane una delle maggiori sfide in Iran, alimentando ulteriormente il malcontento e la sfiducia. Considerazioni politiche e di sicurezza hanno indebolito l’indipendenza e l’imparzialità delle istituzioni che sono fondamentali per garantire la responsabilità. Eppure la responsabilità è un ingrediente chiave del perseguimento della giustizia per le violazioni dei diritti umani. Chiedo pertanto processi investigativi indipendenti, imparziali e trasparenti sulle presunte violazioni dei diritti umani, in linea con gli standard internazionali. Sono anche profondamente preoccupato per l’allarmante aumento del numero di esecuzioni a partire dal 2021, in particolare per reati legati alla droga. A settembre 2022, il numero complessivo di esecuzioni avrebbe superato le 400 nell’anno, per la prima volta in cinque anni. Si tratta di un aumento sostanziale rispetto alle almeno 330 e 276 esecuzioni nel 2021 e nel 2020, rispettivamente. E almeno 85 persone che erano bambini al momento di commettere il presunto reato sono attualmente nel braccio della morte. Due sono stati giustiziati quest’anno».

Türk ha concluso: «La Repubblica islamica dell’Iran ha accettato le raccomandazioni formulate attraverso l’Esame periodico universale di questo Consiglio sulla garanzia del diritto a un processo equo, l’accesso alla giustizia, la libertà dalla tortura durante la detenzione e la garanzia dei diritti dei detenuti, comprese le cure mediche. Esorto il governo ad attuare con urgenza queste raccomandazioni chiave. Chiedo alle autorità di smettere immediatamente di usare la violenza e le molestie contro i manifestanti pacifici e di rilasciare tutti gli arrestati per aver protestato pacificamente, nonché – cosa cruciale – per imporre una moratoria sulla pena di morte. Le società sono in continua evoluzione e cambiamento. Nessuna società può essere calcificata o fossilizzata in momento unico. Tentare di farlo, contro la volontà della sua gente, è inutile.  Esorto coloro che detengono il potere in Iran a rispettare pienamente le libertà fondamentali di espressione, associazione e riunione, che sono parte integrante dello sviluppo sostenibile e a impegnarsi con il popolo iraniano sulla sua visione per il futuro del loro paese. Il cambiamento è inevitabile. La via da seguire sono riforme significative».

L’agenzia iraniana Pars Today ha scritto che la riunione di Ginevra aveva «L’obiettivo di condannare la situazione dei diritti umani in Iran a sostegno dei recenti disordini. Sebbene molti Paesi occidentali abbiano criticato le politiche in materia di diritti umani dell’Iran con doppi standard, alcuni Paesi di questo Consiglio lo hanno accusato di promuovere i “doppi standard”».

La Karimi, ha definito «Vergognoso l’uso politico dei diritti umani da parte dei Paesi occidentali. La mossa politicamente motivata della Germania riguardante la situazione dei diritti umani in Iran è una cospirazione, organizzata per scopi occulti. Mentre i diritti del popolo iraniano sono stati ampiamente violati dai cosiddetti campioni dei diritti umani a causa delle sanzioni unilaterali imposte dal regime americano e dell’attuazione di sanzioni crudeli da parte dei Paesi europei, in particolare Germania, Inghilterra e Francia, esprimere preoccupazione per la situazione dei diritti umani in Iran e lo svolgimento di una riunione speciale è ingannevole è fraudolento».

La ministra degli esteri tedesca Annalena Baerbock ha ribattuto: «Almeno 15.000 persone sono state arrestate e il regime iraniano ora sta anche minacciando i manifestanti con la pena di morte. E perché? Solo perché queste donne, uomini e bambini vogliono godere dei diritti dei quali tutti noi vogliamo godere: vivere dignitosamente e senza discriminazioni».

L’ambasciatrice Usa per i diritti umani a Ginevra, Michèle Taylor, ha aggiunto: «Il popolo iraniano sta chiedendo qualcosa di così semplice, qualcosa che la maggior parte di noi qui dà per scontato: l’opportunità di parlare e di essere ascoltati. Applaudiamo il loro coraggio, in particolare le donne, le ragazze e i giovani che chiedono coraggiosamente il rispetto dei loro diritti umani e  di ritenere responsabili chi ha commesso gli abusi».

Anche Javaid Rehman, uno studioso di diritto britannico-pakistano e professore di diritto islamico e diritto internazionale presso la Brunel University di Londra e relatore speciale Onu sulla situazione dei diritti umani in Iran, ha respinto le giustificazioni della rappresentante dell’Iran e ha concluso ricordando che «Nell’ultima settimana si sono intensificati gli sforzi per mettere a tacere i manifestanti, anche contro i bambini. Almeno 60 – 70 persone sono state uccise, compresi 5 bambini, per lo più provenienti da aree curde. La situazione nelle città curde di Piranshahr, Javanrood e Mahabad è allarmante. Il governo iraniano ha costantemente presentato rapporti privi di fondamento e ribadito affermazioni secondo le quali Jina Mahsa non è morta a causa di violenze o percosse. In altri rapporti, il governo confuta l’uccisione di bambini da parte delle forze di sicurezza, sostenendo che si sono suicidati, sono caduti dall’alto, sono stati avvelenati o uccisi da anonimi “agenti nemici”».