L’aumento del pascolo minaccia le praterie più aride del pianeta (VIDEO)
Il pascolo è positivo per la biodiversità nelle aree fredde e negativo in quelle più calde
[25 Novembre 2022]
La pastorizia è un’attività umana fondamentale che sostiene centinaia di milioni di persone, è strettamente legata agli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) dell’Onu ed è particolarmente importante nelle zone aride, che coprono più del 40% della superficie terrestre, dove vivono un terzo della popolazione umana e la metà di tutto il bestiame del pianeta.
Lo studio “Grazing and ecosystem service delivery in global drylands”, pubblicato su Science da un team internazionale di ricercatori guidato da Fernando T. Maestre del Laboratorio de Ecología de Zonas Áridas y Cambio Global dell’Universidad de Alicante presenta la prima valutazione degli impatti ecologici del pascolo nelle zone aride del pianeta, indicando che «Il pascolo ha effetti positivi sulla fornitura di servizi ecosistemici nelle praterie più biodiverse e più fredde, ma diventano negativi nelle praterie più calde e meno biodiverse».
Per arrivare a quersta conclusione, il team composto da un centinaio di scienziati ed esperti ha studiato 326 ecosistemi aridi in 25 Paesi di tutti i continenti. Maestre spiega che «Utilizzando protocolli standardizzati, abbiamo valutato in che modo l’aumento della pressione del pascolo influisce sulla capacità delle praterie aride di fornire servizi ecosistemici critici per le persone, come il mantenimento della fertilità del suolo, la regolazione del clima o la produzione di foraggio e legname. Questo ha permesso di caratterizzare come gli impatti di questo aumento dipendano dal clima, dal suolo e dalla biodiversità locale e di ottenere ulteriori informazioni sul ruolo della biodiversità nell’erogazione di questi servizi».
I ricercatori hanno scoperto che le relazioni tra clima, condizioni del suolo, biodiversità e servizi ecosistemici misurati variano con la pressione del pascolo. Un altro autore dello studio, il francese Nicolas Gross, dell’Institut national de la recherche agronomique (INRAe) sottolinea che «Gli stock di carbonio del suolo sono diminuiti e l’erosione del suolo è aumentata quando il clima è diventato più caldo sotto l’elevata pressione del pascolo, qualcosa che non è stato osservato quando la pressione del pascolo è diminuita. Questi risultati suggeriscono che la risposta delle zone aride ai cambiamenti climatici in corso può dipendere da come le gestiamo a livello locale».
Gli impatti dell’aumento della pressione del pascolo sono passati dall’essere per lo più positivi nelle aree più fredde con una maggiore ricchezza di specie vegetali a negativi nelle località più calde con minore diversità vegetale e maggiore stagionalità delle precipitazioni. Secondo un coautore dello studio, l’australiano David Eldridge dell’università del New South Wales, «Non esiste una risposta univoca al pascolo nelle terre aride. Qualsiasi effetto del pascolo, in particolare il pascolo eccessivo, varierà in tutto il mondo, quindi è importante tenere conto delle condizioni locali quando si gestiscono il bestiame domestico e gli erbivori selvatici»,
I ricercatori hanno anche fatto notare che «La diversità delle piante vascolari e degli erbivori è positivamente correlata alla fornitura di servizi ecosistemici come lo stoccaggio del carbonio, che svolge un ruolo fondamentale nella regolazione del clima» e il francese Yoann Pinguet del Centre national de la recherche scientifique aggiunge: «I nostri risultati evidenziano chiaramente l’importanza di preservare la biodiversità delle zone aride del mondo nel loro complesso, non solo per preservare la loro capacità di fornire servizi essenziali per le persone, ma anche per mitigare i cambiamenti climatici».
dell’Universidad de Alicante concludono: «I risultati di questo studio sono di grande rilevanza per ottenere una gestione più sostenibile del pascolo, nonché per stabilire efficaci azioni di gestione e ripristino volte a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e della desertificazione nelle zone aride del nostro pianeta».