I cittadini dell’Ue esportano i danni ambientali dei loro consumi

Gli impatti ambientali negativi e le pressioni associate al consumo dell'Ue sono aumentati nell'Europa orientale e in tutto il mondo

[27 Gennaio 2023]

«I consumatori dell’Unione europea stanno “esportando” impatti ambientali negativi in ​​altri Paesi del mondo, compresi i loro vicini dell’Europa orientale, pur mantenendo la maggior parte dei benefici economici legati al consumo di beni e servizi», è quello che emerge dallo studio “Ecologically unequal exchanges driven by EU consumption” pubblicato su Nature Sustainability da un team  internazionale di ricercatori ha studiato gli indicatori ambientali tra il 1995 e il 2019.

Seccondo i ricercatori guidati da Benedikt Bruckner della Rijksuniversiteit Groningen, «Grandi quote delle  10 principali pressioni e impatti ambientali sono “esternalizzate” in Paesi e regioni al di fuori dell’Ue, mentre oltre l’85% dei benefici economici rimane all’interno dei Paesi membri, sebbene con una distribuzione non uniforme di costi e benefici all’interno dell’Ue».

Gli indicatori analizzati dallo studio includevano le emissioni di gas serra, il consumo di materiali, l’utilizzo del suolo, il consumo di acque superficiali e sotterranee, la formazione di particolato, l’ossidazione fotochimica e la perdita di biodiversità dovuta alla copertura del suolo, nonché l’ecotossicità delle acque dolci, marine e terrestri. I ricercatori hanno scoperto che «7 pressioni e impatti analizzati – indicatori di ecotossicità, emissioni di gas serra, formazione di particolato, ossidazione fotochimica e consumo di materiale – sono aumentati notevolmente al di fuori dell’Ue, mentre sono diminuiti all’interno del blocco».

I ricercatori delle università di Birmingham, Groningen, del Maryland e dell’Accademia cinese delle scienze, hanno anche analizzato il valore aggiunto dal consumo di beni e servizi all’interno dei  27 Paesi Ue tra il 1995 e il 2019 e l’autore corrispondente dello studio, Yuli Shan dell’università di Birmingham, sottolinea che «Per il bene del nostro pianeta, le pressioni ambientali e gli impatti dei consumi dell’Ue devono diminuire sostanzialmente, riducendo l’esportazione di danni ambientali oltre i confini dei ricchi Stati dell’Ue verso le regioni più povere. I benefici del consumo dell’Ue sono maggiori per la maggior parte dei Paesi membri rispetto a quelli al di fuori dell’Unione, mentre inducono pressioni e impatti ambientali più elevati per i vicini orientali dell’Ue come Albania, Montenegro, Serbia, Ucraina e Moldavia».

L’Europa orientale, territorio di delocalizzazione del “made in Italy”, è la regione che riceve la quota più bassa di valore aggiunto economico rispetto alle pressioni ambientali e agli impatti associati al consumo dell’Ue, mentre le pressioni e gli impatti indotti dal consumo dell’Ue sono diminuiti nella maggior parte dei suoi Stati membri: per Paesi Bassi e Svezia, gli indicatori in tutte e dieci le categorie sono diminuiti dal 1995 al 2019. Austria, Repubblica ceca, Italia, Polonia, Romania e Slovenia hanno tutti registrato diminuzioni in 9 analisi su 10 delle pressioni e degli impatti ambientali.

Al contrario, tutti gli impatti e le pressioni analizzati associati ai consumi dell’Ue sono aumentati in Brasile, Cina, India, Giappone, nonché in Europa orientale e Medio Oriente.

Bruckner, ha commentato: «Poiché nell’Ue vivono molti consumatori super-ricchi che contribuiscono in modo sproporzionato al danno ambientale globale e all’uso delle risorse, dobbiamo concentrare gli sforzi di mitigazione sul consumo eccessivo».

Il leader del progetto e altro autore corrispondente Klaus Hubacek,anche lui delluniversità di Groningen, ha concluso: «Possiamo ridurre le pressioni e gli impatti ambientali associati al consumo eccessivo dell’Ue in diversi modi, tra i quali cambiando il modo in cui le persone viaggiano o le loro scelte dietetiche, e creando nuove politiche commerciali dell’Ue che riducano le pressioni e gli impatti ambientali associati a beni e servizi».