Piantedosi intervenga. «La politica continua a farsi dettare l'agenda dalle associazioni venatorie»
Stagione venatoria 2022-2023, Wwf: allarme sicurezza. Escalation di morti e feriti. Abolire la braccata al cinghiale
E il Veneto prolunga la caccia all’avifauna acquatica ignorando una sentenza del TAR
[30 Gennaio 2023]
Il 31 gennaio, dopo oltre 4 mesi di caccia, si chiude la stagione venatoria 2022/23 e, se èpossibile, il giudizio del Wwf è anche più duro che nel passato: «Purtroppo in molte regioni le doppiette non si fermeranno perché una serie di deroghe e prolungamenti dei periodi di caccia consentiranno di continuare ad abbattere determinate specie anche nelle prossime settimane. Oltre ai milioni di animali uccisi, la stagione di caccia è stata segnata da un numero alto e inaccettabile di morti e feriti. Emblematico il caso dell’Umbria, la regione a più alta densità di cacciatori, dove solo nel mese di gennaio 2023, sono morte due persone durante lo svolgimento delle attività di caccia (in un caso le autorità stanno indagando per un presunto omicidio volontario)».
Secondo il Panda italiano, «Non si tratta di fatalità ma di episodi gravi che vengono spesso sottovalutati nonostante il loro ripetersi. Il settore della caccia rappresenta un centro di potere e la politica, a livello regionale e nazionale, continua a farsi dettare l’agenda dalle associazioni venatorie, finanziate con soldi pubblici e supportate dalla potente lobby delle armi. I rappresentanti del mondo venatorio eletti nelle istituzioni operano secondo precise direttive sposando totalmente le richieste delle associazioni venatorie che pretendono e ottengono, ogni anno, sempre maggiori favori, da ultima la possibilità di intervenire con le doppiette anche nelle aree protette e nei centri urbani grazie ad un emendamento votato nell’ultima Legge di bilancio. In altri termini: più caccia meno controlli. Tutto questo a scapito della biodiversità, sempre più minacciata, e della sicurezza dei cittadini privati della libertà di frequentare aree verdi e addirittura i terreni di loro proprietà, senza rischiare di essere impallinati. Ma questa deregulation è un problema anche per gli stessi cacciatori che, attraverso un sistema fondato sull’autogestione e consapevoli della scarsità di controlli presenti sul territorio, esercitano la caccia in maniera sempre meno prudente e rispettosa delle regole. Questo accade soprattutto per la caccia al cinghiale che prevede l’utilizzo di armi molto potenti e che nella maggior parte dei casi viene esercitata con la tecnica della “braccata”, una modalità di caccia collettiva che, oltre ad avere impatti devastanti per la natura e a provocare il proliferare incontrollato dei cinghiali, è la causa della gran parte dei cosiddetti incidenti di caccia».
Per questo, il Wwf evidenzia che «L’atteggiamento del Governo è ingiustificabile perché antepone la sicurezza di tutti alle richieste di una minoranza (oggi si calcola che in Italia esercitano la caccia circa 500.000 persone, sempre meno e sempre più anziane). Eppure quotidianamente esponenti della maggioranza che sostiene il Governo continuano ad usare toni allarmistici quando trattano argomenti come la presenza del lupo, indicato come una minaccia e un pericolo. Tacciono invece sulle decine di morti e feriti (nella precedente stagione 2021/22 sono stati 90 secondo l’Associazione Vittime della caccia) e l’illegalità diffusa che annualmente la caccia porta con sé».
Il Wwf conclude chiedendo al governo Meloni, e in particolare al ministro dell’interno Piantedosi, di «Intervenire, aumentando la vigilanza venatoria, oggi quasi del tutto assente, promuovendo l’aumento delle sanzioni, oggi ridicole e prive di efficacia deterrente, e abolendo la caccia in braccata».
Intanto la Lega per l’abolizione della caccia (LAC) annuncia che «In Veneto lo slogan «padroni a casa nostra», al di là di leggi, prescrizioni e sentenze, trova facilmente applicazione se si tratta di organizzare i “saldi venatori di fine stagione”. Stavolta la giunta regionale è riuscita nell’impresa di azzerare una sentenza del TAR che, analogamente a quando già avvenuto in Emilia, aveva solo pochi giorni fa chiuso anticipatamente la caccia a 12 specie di uccelli aquatici, fermando le stragi nel delta del Po veneto come era appunto già successo nella parte emiliana della grande area umida».
La Lac spiega che «Con sentenza n. 97 del 21 gennaio 2023 della 1° Sezione del TAR Veneto, la Regione è risultata soccombente nella causa instaurata dalla Lega per l’Abolizione della Caccia che ha impugnato il calendario venatorio regionale per la stagione 2022/23. La caccia agli acquatici era stata chiusa perché« Il TAR, con la propria sentenza di merito, ha stabilito che deve essere anticipata, secondo le indicazioni tecniche formulate dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), la data di chiusura della caccia a tutti gli uccelli acquatici (dodici specie) , fissata ora al 20 gennaio anziché al 30 gennaio, come aveva a suo tempo deliberato la Giunta regionale. Conseguentemente era efficace da subito lo stop alla caccia in tutto il territorio del Veneto alle specie: Porciglione, Frullino, Folaga, Beccaccino, Gallinella d’Acqua, Germano reale, Alzavola, Mestolone, Canapiglia, Fischione, Codone, Marzaiola. Il TAR ha anche stabilito che la Regione ha illecitamente protratto di dieci giorni la caccia alle specie: Cesena e Tordo sassello, che avrebbe dovuto chiudere all’esercizio venatorio già a partire dal 10 gennaio».
La Lac ricorda che «Il ricorso era stato presentato anche considerando le prescrizioni dell’Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale relative alla necessità di tutelare l’avifauna nella fase pre nuziale, e nonostante una lettera che la Lac ha indirizzato giorni fa ai vertici della Regione, invitando l’istituzione a evitare colpi di mano e ad assumere il ruolo di tutela dell’interesse primario stabilito dalla nazionale Legge 157/1992, ovvero quello della tutela della fauna, ancora una volta l’interesse è stato solo quello delle doppiette e dei loro voti. Con una delibera tenuta nel cassetto fino all’ultimo per evitare ricorsi in extremis, l’amministrazione Zaia ha riaperto ieri la caccia agli acquatici, che doveva fermarsi al 20 gennaio e regalato l’ultimo weekend di fucilate ai cacciatori del delta e del resto del Veneto. A quelli blindati nelle valli a pagamento e a quelli meno ricchi sparsi sul resto del territorio di un Parco barzelletta». La Lac denuncia: «Tutti pronti a sparare a più non posso violando, insieme alla giunta regionale, non solo le sentenze, ma anche la legge e la decenza utilizzando tranquillamente richiami elettroacustici vietati, come testimoniato venerdì, dai volontari della nostra associazione. I volontari sono e saranno sul campo a monitorare e denunciare gli illeciti dell’ultima strage stagionale. In foto un capannista già denunciato per l’utilizzo di richiamo elettroacustico vietato per l’attività venatoria».