Venezuela contro Guyana: riesplode la disputa territoriale sulla Guyana Esequiba
Dietro il riaccendersi dello scontro ci sono immense risorse minerarie e ambientali e il petrolio e il gas offshore
[20 Febbraio 2023]
Il 17 febbraio ricorreva il 57° anniversario della firma dell’Accordo di Ginevra che fissa gli attuali confini tra la Repubblica cooperativa di Guyana e la Repubblica bolivariana del Venezuela e il governo della Guyana ha invitato a celebrare quello che ritiene «Un accordo internazionale vincolante tra le Parti». Il Venezuela ha immediatamengte ribattuto con un comunicato quell’accordo in realtà stabilisca «I termini di fedele osservanza per risolvere la spoliazione fraudolenta operata dalle potenze imperiali contro la nostra Patria attraverso il lodo arbitrale di Parigi del 1899». In tal senso, il Venezuela insiste nel denunciare la condotta iniqua e spuria del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord in occasione della frode arbitrale di Parigi del 1899, che ha facilitato l’espropriazione di un enorme spazio di territorio (159.542 kmq), nota come Guayana Esequiba», che i venezuelani chiamano El Essequibo.
Nel novembre 2022, la vicepresidente esecutiva del Venezuela, Delcy Rodríguez, ha presentato alla Corte internazionale di giustizia (ICJ), a L’Aia, le obiezioni preliminari alla richiesta della Repubblica cooperativa della Guyana per i diritti di la Guyana Esequiba. La Rodríguez ha spiegato in tribunale che «Il lodo arbitrale di Parigi del 1899 è illegale, perché il Venezuela non era presente; quando è stato concluso, la Guyana non esisteva come oggetto di diritto internazionale e che l’accordo di Ginevra è nato a seguito dell’argomento secondo cui il lodo è nullo». Inoltre, il Venezuela sostiene che «L’ICJ non ha giurisdizione in questo caso, poiché le parti dell’accordo di Ginevra hanno stabilito che l’unico modo per risolvere la controversia territoriale è la composizione amichevole. La posizione della Repubblica Bolivariana del Venezuela, sufficientemente supportata negli archivi storici, è che Guayana Esequiba ha fatto parte del territorio venezuelano sin dalla sua formazione come como Capitanía General del Reino de España nel 1777 e l’ha mantenuta quando è nata come Repubblica nel 1811, e che l’Accordo di Ginevra del 1966 ha lascito dietro di sé il lodo arbitrale fraudolento di Parigi del 1899».
Il governo di Georgetown, guidato dal People’s Progressive Party/Civic (che aderisca all’Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai), si scontra quindi nuovamente su questioni territoriali con il governo “socialista” di Caracas e la Guyana rivendica il fatto che l’Accordo di Ginevra «Concluso alla vigilia dell’Indipendenza del nostro Paese tra Regno Unito, Venezuela e Guyana Britannica, disciplina la risoluzione della controversia sorta a seguito dell’infondata e mal scelta tesi venezuelana secondo cui il Lodo Arbitrale del 1899 è “nullo e non valido”. Ha rimosso il blocco all’indipendenza della Guyana che il Venezuela, con ambizione imperiale, aveva cercato di erigere. In base all’accordo di Ginevra, tale controversia è ora, con l’approvazione della comunità internazionale, dinanzi alla Corte internazionale di giustizia, nel cui rispetto imparziale e indipendente dello stato di diritto internazionale la Guyana ha assoluta fiducia. Il Venezuela ha cercato negli anni di minare l’Accordo e in particolare di vanificare la risoluzione della controversia per via giudiziaria anche quando, come ora, è obbligato a partecipare».
Il 7 gennaio 2021 Il presidente venezuelano, Nicolás Maduro, ha inviato una lettera al segretario generale dell’Onu, António Guterres, per sottolineare che «E’ nelle sue mani rianimare il dialogo e perseguire la disputa territoriale con mezzi pacifici». Poi ha nviato una lettera al presidente dell’ICJ, Abdulqawi Ahmed Yusuf, per negare che Venezuela e Guyana potessero essere convocati per un’udienza virtuale il 15 gennaio perché Venezuela ha detto di non riconoscere la giurisdizione del tribunale.
Dietro questo scontro territoriale ci sono immense risorse di petrolio e gas (onshore e offshore), minerari, di legname e idriche. A riconoscerlo è lo stesso ministero degli esteri della Guyana che evidenzia: «Man mano che procede lo sviluppo legittimo delle sue risorse da parte della Guyana, è pertinente oggi sottolineare che l’Accordo di Ginevra non impone alla Guyana alcun obbligo di astenersi da attività di sviluppo economico in nessuna parte del suo territorio, o in alcuna area marittima pertinente. Qualsiasi tentativo unilaterale da parte del Venezuela di limitare l’esercizio da parte della Guyana della sua sovranità e dei suoi diritti sovrani sarà del tutto incoerente con l’accordo di Ginevra e lo stato di diritto internazionale. In questo giorno dell’anniversario di quello storico Accordo, la Guyana ritiene che nessun omaggio più grande le possa essere reso dalla nostra Repubblica sorella del pieno rispetto dei suoi termini, compreso l’articolo IV paragrafo 2, in base al quale il Segretario generale delle Nazioni Unite ha scelto il Corte internazionale di giustizia come mezzo per la risoluzione definitiva e vincolante della controversia. La Guyana attende con impazienza il ritorno del Venezuela ai processi giudiziari dell’Accordo di Ginevra in abbandono del suo precedente obiettivo imperiale. Non potrebbe esserci segno più grande di rispetto per l’Accordo da parte della Repubblica Bolivariana del Venezuela».
La risposta del ministro del potere popolare per le relazioni estere del Venezuela, Yván Gil, non è stata per niente conciliante: «Il Venezuela è impegnato nella difesa della sua sovranità e nella protezione dei suoi diritti storici su Guayana Esequiba, con la visione fissata nella rinascita della Patria». E in un comunicato il ministero degli esteri di Caracas ha aggiunto: «E’ sorprendente che il governo della Guyana accusi falsamente” Caracas di minare detto patto e che, al contrario, affermi con coraggio che non impedisce atti di disposizione, sfruttamento e degrado del territorio attivi e arbitrari, che eccedeno abusivamente ad ogni formula di amministrazione rispettosa della realtà di un territorio conteso».
E, tanto per far capire alla piccola e pacifica Guyana con chi ha a che fare e cosa rischia, il il generale Vladimir Padrino López, ministro del potere popolare per la difesa del Venezuela, ha avvertito: «Dalla Fuerza Armada Nacional Bolivariana (FANB) ratifichiamo che El Essequibo è nostro! Ci sono molte ragioni legali e storiche, ma c’è anche molta voglia di difendere ciò che è nostro: nell’Essequibo sorge il sole del Venezuela!».
La Guyana Guayana Esequiba – El Essequibo è un territorio ricchissimo di risorse naturali che è conteso sin dal XIX secolo. Nel 1899, il Paris Arbitration Award si pronunciò a favore del Regno Unito, allora potenza colonuale della Guyana Britannica, privando il Venezuela di quello che secondo Caracas era una regione che le apparteneva dal 1777. Caracas ha impugnato la sentenza davanti all’Onu, che nel 1966 l’ha dichiarata «Nulla e non valida», il che ha portato le parti a firmare l’Accordo di Ginevra attraverso il quale si sono impegnate a trovare una soluzione concordata alla disputa territoriale. Ma la Guyana, diventata indipendente, si è rifiutata di accettare qualsiasi decisione diversa dal Paris Arbitration Award perché. Se accolte, le rivendicazioni territoriali del Venezuela la ridurrebbero a una strisciolina di territorio e la priverebbero di un’area marina nella quale sono state scoperte abbondanti riserve di idrocarburi.
Il Venezuela considera la Guyana poco più di un’invenzione coloniale britannica e accusa: «La Guyana sa bene che sebbene fino al 1966 non sognasse nemmeno di nascere come Stato indipendente, il Venezuela ha invece degli indiscutibili titoli storici e giuridici che dimostrano che Guayana Esequiba le appartiene. L’unico obiettivo dell’impero britannico era quello di spogliare il Venezuela del suo territorio, rubare e saccheggiare le sue risorse. Georgetown ha tentato unilateralmente di astrarsi dall’Accordo di Ginevra, con un’interpretazione giuridica nata e finanziata dalle multinazionali del petrolio. Esortiamo la Guyana ad assumersi seriamente le proprie responsabilità internazionali».
A parte il fatto che, storicamente, i veri padroni di quei territori sarebbero i popoli indigeni che li abitavano (e li abitano) prima dell’arrivo degli invasori spagnoli, britannici, olandesi e francesi e che probabilmente nessuno parlerebbe della Guyana Guayana Esequiba – El Essequibo se non fosse piena di risorse minerarie e forestali, è molto difficile districarsi nella storia di un’area dominata dagli imperi spagnolo, olandese e poi britannico, con quest’ultimo al quale venne assegnata nel 1899 e contro la quale il Venezuela si è opposto bel 63 anni dopo dicendo che l’accordo era stato raggiunto in maniera fraudolenta e grazie alla complicità tra i delegati britannici e il Giudice russo Fyodor Martens.
L’Accordo di Ginevra arriva nel 1966 con l’indipendenza della Guyana, mentre esisteva ancora la Guyana Olandese (oggi Suriname) e la Guyana Francese esiste ancora oggi. L’accordo, firmato a Ginevra il 17 febbraio 1966 da Venezuela e Regno Unito, insieme alla Guyana britannica (di prossima indipendenza), stabilisce che l’Essequibo sarà amministrato dalla Guyana ma la sua sovranità è contesa dal Venezuela, fino a quando la situazione non verrà risolta entro 4 anni con un nuovo trattato. Cosa mai avvenuta. Tra il 1983 e il 1999, entrambi i paesi hanno cercato di risolvere il conflitto attraverso il cosiddetto meccanismo dei Buoni Uffici delle Nazioni Unite, un sistema per la risoluzione pacifica delle controversie territoriali attraverso un ‘Buon Officiante’ scelto e accettato dalle parti.
Il conflitto tra i due Paesi teoricamente affratellati dall’ideologia socialista si è intensificato nel 2015, quando la Exxon Mobil ha annunciato la scoperta di un importante giacimento nell’Oceano Atlantico, proprio nell’area che rientra nella storica disputa territoriale. Le esplorazioni sono state effettuate con l’avallo del governo della Guyana, il che ha provocato una nota di protesta dal Venezuela e un nuovo fallito tentativo di conciliazione dell’Onu. Allora, la Guyana – che se venissero accettate le tesi di Caracas verrebbe praticamente annessa al Venezuela – ha chiesto unilateralmente alla Corte internazionale di giustizia (ICJ) di giudicare la disputa territoriale in maniera “definitiva”. Nel frattempo, Exxon Mobil continua a fare prospezioni petrolifere e gasiere, che il Venezuela considera illegali. Ma la Guyana, che è considerata il secondo Paese più povero dell’emisfero occidentale dopo Haiti (anche se non ha nemmeno lontanamente i livelli di miseria, violenza e fame di Haiti) ha un terribile bisogno delle entrate petrolifere.
Il Venezuela la butta sul nazionalismo è l’antimperialismo e le mappe ufficiali pubblicate dal governo identificano la Guayana Esequiba come “area rivendicata”. Una situazione “dimenticata” che, mentre il mondo è distratto da altre guerre e sembra essersi dimenticato del Venezuela di Maduro, potrebbe anche precipitare in un nuovo conflitto petrolifero.