Il “premio Nobel per l’ambiente” a Daniel Pauly e Rashid Sumaila, difensori degli oceani (VIDEO)
I due scienziati marini dell’UBC vincono il Tyler Prize for Environmental Achievement per il loro lavoro su pesca e Aree marine protette
[23 Febbraio 2023]
Il Tyler Prize for Environmental Achievemen, considerato il “premio Nobel per l’ambiente” e assegnato dall’University of Southern California, è andato quest’anno a due coraggiosi esperti di pesca oceanica dell’università della British Columbia (UBC) – il biologo marino Daniel Pauly e l’economista della pesca Rashid Sumaila. Pauly Sumaila sono entrambi University Killam Professors all’UBC e da molto tempo colleghi all’ Institute for the Oceans and Fisheries dell’università canadese e hanno commentato: «Vincere questo premio ci offre l’opportunità di diffondere un messaggio urgente e basato su prove: tutta la pesca in alto mare dovrebbe essere vietata».
Il 27 aprile, Sumaila e Tyler terranno una presentazione pubblica del loro lavoro all’ University of Southern California e il giorno dopo riceveranno il Premio ( 250.000 dollari, da dividere equamente). Entrambi hanno pubblicato numerosi studi sugli effetti ecologici ed economici della pesca eccessiva in alto mare e Sumaila, è convinto che «La creazione di riserve marine no-take è qualcosa che dobbiamo fare. Vietare la pesca in alto mare, che è l’area al di fuori delle zone di 200 miglia nautiche dei Paesi marittimi, creerà una “banca del pesce” di cui il mondo ha assolutamente bisogno»
Pauly, che è il fondatore e ricercatore principale dell’iniziativa di ricerca dell’UBC Sea Around Us, ha evidenziato che «Se non fermiamo la pesca eccessiva, perderemo gli stock marini essenziali per la sicurezza alimentare e la biodiversità e la capacità dell’oceano di regolare efficacemente le temperature globali. Un divieto di pesca in alto mare è uno dei modi più efficaci per invertire i danni inflitti all’oceano attraverso decenni di pesca eccessiva insostenibile, principalmente per mano dei ricchi Paesi occidentali. I nostri modelli dimostrano che la chiusura dell’alto mare non comporterebbe alcuna perdita del totale delle catture globali, ma solo una distribuzione più equa. La maggior parte delle specie pescate a fini commerciali si sposta avanti e indietro tra l’alto mare e le zone costiere, dove possono essere catturate nella zona economica esclusiva di un Paese (ZEE)».
Sumaila ha aggiunto: «Il sostegno a un divieto di pesca in alto mare continua a crescere. La chiusura del Mare di Ross in Antartide nel 2016, che ha creato la più grande area marina protetta del mondo, è servita da modello prezioso. Più di 190 paesi si sono impegnati nell’accordo 30×30 alla Convention of Biodiversity Conference of the Parties (COP15) di dicembre – per proteggere il 30% della loro terra e delle loro acque entro il 2030. Quindi ci sono buoni segnali di progresso. Ma dobbiamo muoverci più velocemente. La pesca eccessiva aumenta le emergenze globali come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e l’insicurezza alimentare, in particolare per le comunità già vulnerabili, come le popolazioni indigene e le popolazioni del Sud del mondo».
Pauly ha passato gran parte dei suoi 40 anni di ricerca documentando il rapido declino dei pesci marini e d’acqua dolce. Nel 1995, ha coniato il termine “Shifting Baselines”, che spiega come la conoscenza del declino ambientale svanisca nel tempo rispetto a precedenti punti di riferimento, portando a una comprensione errata del cambiamento in corso sul nostro pianeta che può mascherare la vera natura del degrado ecologico nel tempo. Dal 2010 è lo scienziato della pesca più citato al mondo. Ma prima di raggiungere questi prestigiosi traguardi scientifici la sua è stata una vita difficile e avventurosa: è nato in Francia, ma è stato rapito da bambino per lavorare come domestico per una famiglia svizzera. A 17 anni è fuggito in Germania dove si è diplomato al liceo, conseguendo infine un dottorato in biologia della pesca, zoologia e oceanografia fisica alla Christian-Albrechts-Universität zu Kiel. E’ entrato a far parte della facoltà dell’UBC nel 1994 come scienziato della pesca e la sua ricerca si è concentrata sul rapido declino delle specie ittiche negli ambienti di acqua dolce e marina. Nel 1999, ha fondato Sea of Us, un’iniziativa dell’UBC che identifica e qualifica i trend globali della pesca.
Le radici familiari di Sumaila sono in Ghana e Nigeria, ma il suo dottorato in economia lo ha fatto all’Universitetet i Bergen, in Norvegia. Poi ha concentrato la sua ricerca sulla bioeconomia, la valutazione dell’ecosistema marino e sull’analisi di questioni globali come i sussidi alla pesca, le Aree marine protette (AMP), la pesca illegale, i cambiamenti climatici, l’inquinamento marino da plastica e gli sversamenti di petrolio. Ha lavorato nel settore della pesca in tutto il mondo: dalla Norvegia al Canada, dal Brasile alla Namibia e a Hong Kong, diventando uno degli esperti più citati di economia della pesca, economia delle risorse naturali e politica oceanica. Attualmente è anche Canada Research Chair in Interdisciplinary Ocean and Fisheries Economics all’Institute for the Oceans and Fisheries e alla School of Public Policy and Global Affairs dell’UBC.
Meigan Aronson, Dean, di UBC Science, ha commentato: «Rashid e Daniel sono una coppia incredibile: il loro lavoro ha avuto un impatto immenso sulla nostra comprensione della pesca oceanica e della sostenibilità marina e ha generato una vasta gamma di risultati politici in tutto il mondo. Non potremmo essere più orgogliosi di questo riconoscimento da parte del Comitato Esecutivo del Tyler Prize».
E la presidente del Tyler Prize for Environmental Achievement, Julia Marton-Lefèvre, si è detta «Onorata di conferire questo riconoscimento storico a scienziati che si dedicano alla protezione delle risorse naturali per le generazioni future» e ha concluso: «Le nostre vite e i nostri mezzi di sussistenza dipendono dall’oceano, che copre oltre il 70% della Terra. Il Tyler Prize Executive Committee riconosce gli eccezionali risultati individuali e complementari dei professori Pauly e Sumaila verso la conservazione di questa fonte di vita globale. Con approcci analitici pionieristici e piattaforme di conoscenza per valutare lo stato globale della pesca mondiale, hanno scoperto soluzioni praticabili, offrendo ai responsabili politici un percorso realistico verso la gestione sostenibile della pesca oceanica».