Dove e come è nato il vino
Ci sono stati due eventi distinti di domesticazione della vite, non uno solo come si credeva finora
[9 Marzo 2023]
La prestigiosa rivista Science dedica la copertina allo studio “Dual domestications and origin of traits in grapevine evolution” pubblicato da un team guidato da Yang Dong dell’università di Yunnan e dal Laboratorio di genomica vegetale di Shenzhen e che ha visto la collaborazione di Gabriella De Lorenzis (Uiversità di Milano), Fabrizio Grassi (università Milano-Bicocca), Francesco Sunseri (Mediterranea di Reggio Calabria) e di Francesco Mercati (Istituto di bioscienze e biorisorse – Cnr-Ibbr di Palermo), che riporta i risultati della più vasta analisi genetica mai condotta sulla vite, con un dataset finale di 2.448 genomi di vitigni unici (a partire dai 3.500 sequenziati), raccolti da 23 istituzioni in 16 Paesi del mondo.
dal quale emerge che «L’origine e la domesticazione della vite, da tavola e da vino, finora avvolta in un mistero di difficile decifrazione, risalgono a circa 11 mila anni fa, grazie a due differenti eventi di domesticazione separati geograficamente circa 1.000 km, avvenuti in Asia occidentale e nella regione del Caucaso meridionale», smentendo studi precedenti che indicavano un solo evento nel Caucaso l’origine del vino.
Secondo i ricercatori, «I due eventi sono avvenuti contemporaneamente, circa 11 mila anni fa, quindi in concomitanza con l’avvento dell’agricoltura e 4 mila anni più tardi rispetto a quanto ritenuto in precedenza. Sebbene l’evento di domesticazione nel Caucaso meridionale sia associato alle prime vinificazioni (fonti storiografiche), l’origine del vino in Europa nasce dall’incrocio tra le viti selvatiche di questa regione e le uve domesticate del Vicino Oriente, inizialmente utilizzate solo per il consumo fresco (uva da tavola), stabilendo quattro grandi gruppi di viti coltivate in Europa lungo le rotte migratorie dell’uomo».
Per arrivare a questi risultati, i ricercatori hanno sequenziato il DNA del progenitore selvatico, comparandolo con il DNA dei circa 3.000 campioni raccolti in tutto il mondo, identificando così anche «Alcuni geni, relativi a sapore, colore e consistenza dell’uva, che potrebbero aiutare i viticoltori a migliorare i loro prodotti e a rendere le varietà attuali più resistenti ai cambiamenti climatici».
Infine, dicono al Cnr-Ibbr lo studio ha dimostrato che «L’aumento degli scambi commerciali ha favorito il commercio di cultivar superiori tra le regioni euroasiatiche e ciò è risultato particolarmente evidente nelle cultivars italiane che condividono tre o più parentele genetiche con altre cultivars, ponendo le basi per uno studio definitivo della grande biodiversità vitivinicola italiana con la sfida a districare la storia genealogica di molte cultivar, peraltro già ben avviata in precedenti lavori degli stessi autori italiani».