Il mondo non abbandoni ancora di più il popolo afghano
OCHA ed esperti Onu: i talebani devono smettere di prendere di mira le donne afghane
[7 Aprile 2023]
L’Afghanistan ha già superato lo Yemen come più grande e grave crisi umanitaria del mondo e sta correndo verso il baratro a causa della grave carenza di fondi e dal divieto di lavorare imposto alle operatrici umanitarie dal governo dell’emirato islamico dei talebani che sta compromettendo la consegna degli aiuti proprio mentre 28,3 milioni di persone hanno urgentemente bisogno assistenza salvavita.
Il 4 aprile, le autorità de facto hanno impedito alle donne che lavorano per le Nazioni Unite a Jalalabad di frequentare i loro luoghi di lavoro. Il 5 aprile hanno emesso un divieto nazionale per le donne afgane che lavorano con l’Onu. Questo fa seguito al divieto per le donne di lavorare con le ONG, emesso il 24 dicembre 2022, e all’ampio elenco di precedenti restrizioni per donne e ragazze emanate da quando i talebani hanno preso il potere.
Ramiz Alakbarov, coordinatore umanitario dell’Onu per Afghanistan, ha denunciato che «Il fortissimo effetto del divieto preesistente alle lavoratrici umanitarie delle ONG, più la recente estensione a tutto il personale femminile delle Nazioni Unite, infligge un altro colpo impensabile e devastante alle donne afgane. Anche se l’impatto di questi divieti potrebbe non essere visto immediatamente, minerà ulteriormente la capacità dei partner umanitari di sostenere la popolazione, in particolare i più vulnerabili come le donne e le ragazze».
Ieri, un team di esperti Onu ha chiesto l’immediata revoca del recente ordine dei talebani che vieta alle donne afghane di lavorare con le Nazioni Unite in Afghanistan: «L’ultimo divieto è una discriminazione illegale e un attacco diretto contro le donne, e totalmente contro i valori e i principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dei trattati internazionali sui diritti umani di cui l’Afghanistan è parte e dei diritti e principi umanitari.
In una dichiarazione congiunta, Richard Bennett, Special Rapporteur on the situation of human rights in Afghanistan; Dorothy Estrada Tanck, Elizabeth Broderick, Ivana Radačić, Meskerem Geset Techane e Melissa Upreti del Working Group on discrimination against women and girls; Fionnuala Ní Aoláin, Special Rapporteur on the promotion and protection of human rights and fundamental freedoms while countering terrorism; Reem Alsalem, Special Rapporteur on violence against women and girls, its causes and consequences; Irene Khan, Special Rapporteur on the promotion and protection of the right to freedom of opinion and expression; Clément Nyaletsossi Voule, Special Rapporteur on the rights to freedom of peaceful assembly and of associationSpecial Rapporteur on the situation of human rights defenders, Margaret Satterthwaite, Special Rapporteur on the independence of judges and lawyers; Alice Jill Edwards, Special Rapporteur on Torture and other Cruel, Inhuman or Degrading Treatment or Punishment, accusano: «Continuando a prendere di mira, escludere e isolare le donne e le ragazze nella società afghana e negando alle donne di lavorare in molte professioni in Afghanistan, i talebani stanno mettendo a rischio la vita di tutti gli afgani e mettendo a repentaglio il futuro del Paese. I talebani stanno dimostrando ancora una volta il loro sfacciato disprezzo per i diritti delle donne e il loro benessere, e la misura in cui andranno a rimuovere le donne da tutte le aree della vita pubblica e a privarle dei loro diritti e della loro dignità. Prendere di mira donne e ragazze in Afghanistan e negare i loro diritti fondamentali in quanto donne aumenta la preoccupazione per la persecuzione di genere, un crimine contro l’umanità, e i colpevoli devono essere ritenuti responsabili.
Gli esperti hanno incoraggiato la comunità internazionale a «Essere solidale con le donne e le ragazze afgane e ad utilizzare ogni possibile strada per convincere i talebani a revocare questo trattamento inaccettabile delle donne che avrà conseguenze devastanti per tutto il popolo afghano. Chiediamo alle autorità de facto di revocare immediatamente i divieti per le donne che lavorano con ONG nazionali e internazionali e con le Nazioni Unite».
Per evitare che milioni di afghani muoiano di fame sarebbero necessari 4,6 miliardi di dollari nel 2023, la più grande operazione di aiuto al mondo ma niente rispetto alle migliaia di miliardi che la NATO e i suoi alleati hanno bruciato nella lunghissima guerra afghana che è finita in una rapida e vergognosa ritirata. In Afghanistan ci sono 20 milioni di persone che hanno fame e 6 milioni sono a un passo dalla carestia, ma l’appello dell’Onu è stato finanziato per meno del 5%: fino ad oggi ha ricevuto solo 213 milioni di dollari, l’operazione di soccorso che ha ricevuto meno fondi a livello globale. L’Unite Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA) evidenzia che «Anche i livelli di malnutrizione acuta moderata sono i più alti mai registrati nel Paese, con circa 4 milioni di bambini e madri incinte e che allattano che quest’anno dovrebbero soffrire di malnutrizione acuta».
Se è vero che i talebani perseguitano il loro popolo e soprattutto le donne, i Paesi occidentali che avevano giurato di difendere i loro diritti si stanno voltando dall’altra parte, rinnegando tutte le solenni promesse di aiuto, assistenza e accoglienza dei rifugiati fatte quando abbandonarono precipitosamente l’Afghanistan nelle mani dei Talebani.
Alakbarov ha lanciato un appello drammatico: «Il mondo non può abbandonare il popolo dell’Afghanistan in questo momento precario. Mentre continuiamo a impegnarci con le autorità de facto talebane per trovare una soluzione a questi decreti, esortiamo la comunità internazionale a non punire ulteriormente il popolo afghano trattenendo finanziamenti essenziali. Le agenzie umanitarie rimangono sul campo fornendo assistenza salvavita a milioni di persone e negli ultimi tre mesi le ONG nazionali e internazionali hanno continuato ad attuare programmi nonostante le circostanze molto difficili. La popolazione ha già sopportato così tanto che sarebbe inconcepibile imporre loro ulteriori danni privandoli di un’ancora di salvezza umanitaria essenziale».
Negli ultimi 20 mesi, il governo talebano ha emesso una serie di misure sempre più restrittive nei confronti di donne e ragazze, limitando la loro partecipazione a tutti gli aspetti della vita sociale, economica e politica. L’ultimo ordine è la continuazione di questa tendenza negativa e viola sia il diritto delle donne al lavoro che il principio di non discriminazione.
L’OCHA conclude: «Se le agenzie umanitarie devono raggiungere tutte le popolazioni bisognose in modo sicuro ed efficace con un’assistenza di efficace e di qualità, la partecipazione del personale femminile alla risposta umanitaria è essenziale. Il personale nazionale resta la spina dorsale di questo sforzo, con le donne che svolgono un ruolo fondamentale e vitale nella fornitura di assistenza e servizi salvavita e di sostegno. Nel 2022, le agenzie umanitarie hanno organizzato una delle più grandi operazioni di aiuto al mondo in Afghanistan, raggiungendo 26,1 milioni di persone in tutte le province con assistenza umanitaria».