Legambiente: «Affrontare il miglioramento della gestione e la convivenza con l’orso»
Il Trentino vuole dimezzare la popolazione di orsi sul proprio territorio: «Non importa come»
La prima ordinanza urgente prevede l’abbattimento dell’esemplare identificato come l’autore dell’aggressione mortale al runner di 26 anni nei boschi di Caldes
[11 Aprile 2023]
Appare ormai certo che il runner di 26 anni ritrovato esanime in Trentino, nei boschi di Caldes nella notte del 5-6 aprile, abbia perso la vita a causa delle ferite inferte da un orso.
Dalla Giunta provinciale del Trentino è partita un’ordinanza urgente per abbattere l’animale, non appena sarà identificato in base a indagini genetiche, ma questo è solo l’inizio. Seguiranno altre ordinanze per la rimozione di tre orsi problematici – MJ5, JJ4 e M62 –, dopo il parere (non vincolante) di Ispra, e all’orizzonte si staglia già l’ipotesi di un’operazione ben più ampia.
«La presenza di oltre un centinaio di esemplari sul territorio Trentino non è sostenibile. Dobbiamo riportare la popolazione a circa 50 unità. Non importa come», dichiara il presidente della Provincia Maurizio Fugatti, dal 2019 alla guida del Trentino grazie ad una coalizione guidata da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia.
Dalla Provincia di Trento sottolineano che «lo studio di fattibilità del progetto Life Ursus per la reintroduzione negli orsi in Trentino tra il 1999 e il 2002 (iniziato col rilascio di 10 esemplari provenienti dalla Slovenia per ripopolare i boschi trentini, ndr), curato dall’Istituto nazionale per la fauna selvatica, aveva accertato l’idoneità ambientale per ospitare una popolazione vitale di plantigradi (40-60 orsi), che costituiva l’obiettivo finale del progetto. L’areale doveva andare ben oltre i confini del Trentino, mentre la maggior parte del centinaio di esemplari attualmente presente sul territorio provinciale si sposta all’interno di un’area ampia circa 1.500 chilometri quadrati (pari a un quarto dell’intero Trentino) e fortemente antropizzata».
Per questo Fugatti ritiene adesso che «il progetto così com’è, oggi, non sta più in piedi e va rivisto in maniera radicale. Il sovrannumero di esemplari rispetto alle previsioni originarie dovrà essere rimosso», ha detto il presidente al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin.
Anche da parte ambientalista c’è la consapevolezza che il destino dell’orso che ha ucciso il runner trentino sia ormai segnato. Ma da qui a rivedere completamente il progetto Life Ursus il salto è molto ampio.
Nel merito, dal Wwf ricordano che se un orso «mostra conclamati comportamenti pericolosi per l’incolumità umana, arrivando ad aggredire mortalmente una persona, la rimozione di questo individuo diminuisce i rischi di nuovi episodi simili e migliora l’accettazione sociale della popolazione verso la specie. Il ricorso alla rimozione deve, ed è sempre bene ribadirlo, essere in ogni caso l’ultima soluzione, quando la pericolosità dell’animale è conclamata e non esistono altre possibili soluzioni».
Per questo gli ambientalisti del Panda ritengono fondamentale focalizzarsi sulle misure e sui corretti comportamenti che rendono possibile diminuire le probabilità di episodi di questo tipo, denunciando «gravi carenze» da parte della Provincia autonoma di Trento in merito a campagne di comunicazione con residenti e turisti sulle buone pratiche di comportamento in aree di presenza dell’orso.
«Quando accaduto in Trentino-Alto-Adige è un fatto preoccupante – aggiungono Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente e Andrea Pugliese, presidente di Legambiente Trento – Esprimiamo la nostra vicinanza sia alla famiglia del giovane di 26 anni Andrea Papi originario di Caldes in Val di Sole aggredito e ucciso da un orso sia alla comunità locale trentina. È chiaro che il destino di questo orso sia ormai segnato, così come è evidente che in Trentino-Alto-Adige ci sia un problema di gestione di questi plantigradi e di convivenza con la comunità locale. Nel caso di orsi problematici o eccessivamente confidenti, il Pacobace (il Piano d’azione interregionale per la tutela dell’orso bruno sulle alpi centro-orientali) prevede infatti due soluzioni estreme: la prima, indicata con la lettera J, prevede la cattura e la detenzione permanente, la seconda opzione, indicata con la lettera K, prevede l’abbattimento dell’orso. Scelta quest’ultima che sarà adottata per questo orso in linea con quanto previsto dal Pacobace».
Per questo da Legambiente lanciano un appello al ministero dell’Ambiente «per chiedere che venga istituito in tempi rapidi un tavolo tecnico e di confronto al dicastero con regioni, aree protette e associazioni perché la grande sfida da affrontare è il miglioramento della gestione e la convivenza con l’orso, e lo si può fare solo insieme con il supporto della scienza e coinvolgendo in uno step successivo anche le comunità locali. Solo così si potrà evitare che si dia il via ad una nuova caccia alle streghe che abbia per protagonista l’orso, rischiando di far crescere e aumentare la paura nelle comunità locali e tra i turisti».
Nel merito, Legambiente ricorda che questo appare come il primo caso registrato nel nostro Paese negli ultimi 150 anni di un’aggressione di un orso che provoca una vittima, a fronte di 7 aggressioni ufficialmente registrate nell’area alpina italiana negli ultimi anni e qualche decina di contatti diretti tra il plantigrado e l’uomo.
In particolare, riguardo le affermazioni del presidente Fugatti sulla non sostenibilità del progetto Life Ursus, il Cigno verde evidenzia che la «reintroduzione dell’orso bruno nelle aree del Brenta, dove era in via di estinzione, è stata un’iniziativa importante dal punto di vista ecologico, riportando una specie iconica sulle Alpi centrali, e ha avuto anche importanti ricadute sull’immagine del territorio. Sicuramente quanto accaduto in Trentino apre anche una riflessione sul futuro del progetto in questione, che però non deve essere sminuito. Al presidente Fugatti, Legambiente sottolinea, inoltre, che quello che è mancato in Trentino-Alto-Adige, negli ultimi 10-15 anni, è una campagna di comunicazione e informazione che potesse aiutare a costruire una convivenza e a gestire le situazioni problematiche, si è preferito invece costruire un clima di allarme e contrapposizione».