Sudan: 860.000 profughi fuggiti nei Paesi confinanti (VIDEO)
Piano Onu da 445 milioni di dollari per alleviare la crisi. Ma il WFP ferma gli aiuti all’Etiopia
[5 Maggio 2023]
Secondo gli aggiornamenti del Regional Response Plan for Sudan presentato dell’United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR) ai donatori, almeno 860.000 persone dovrebbero fuggire dai combattimenti in Sudan e cercare rifugio nei Paesi vicini e e l’Onu e i suoi partner hanno lanciato un appello per 445 milioni di dollari per assistere fino a ottobre gli sfollati in Ciad, Sud Sudan, Egitto, Etiopia e Repubblica centrafricana. Un piano più dettagliato verrà presentato la prossima settimana.
Raouf Mazou, Assistente per le pperazioni dell’Alto Commissario dell’UNHCR , ha evidenziato che «La situazione umanitaria in Sudan e dintorni è tragica: ci sono carenze di cibo, acqua e carburante, accesso limitato ai trasporti, alle comunicazioni e all’elettricità e prezzi alle stelle dei generi di prima necessità. L’UNHCR ha coordinato la pianificazione di emergenza con i partner per i nuovi arrivi nei Paesi confinanti con il Sudan. La crisi ha eradicato cittadini sudanesi ma anche rifugiati che ora stanno tornando nelle loro terre d’origine e altri cittadini. L’UNHCR e i suoi partner dispongono di team di emergenza e stanno assistendo le autorità con supporto tecnico, registrando gli arrivi, effettuando il monitoraggio della protezione e rafforzando l’accoglienza per garantire che i bisogni urgenti siano soddisfatti. Questo è solo l’inizio. C’è urgente bisogno di più aiuto».
Il Regional Response Plan è stato redatto dall’UNHCR insieme a 134 partner, tra cui altre agenzie Onu, ONG nazionali e internazionali e gruppi della società civile. La proiezione preliminare di 860.000 persone prevede che circa 580.000 profughi siano sudanesi; 235.000 rifugiati che tornano nei loro Paesi e che prima erano fuggiti in Sudan per sfuggire ad altre guerre e che quindi si troveranno in condizioni ancora peggiori, 45.000 rifugiati di altre nazionalità che si sono trovati in trappola tra l’esercito e i paramilitari ribelli. La maggior parte dei profughi sta raggiungendo l’Egitto a nord e il Sud Sudan.A questi si vanno ad aggiungere gli almeno 330.000 sfollati all’interno del Sudan e oltre 100.000 rifugiati e rimpatriati in Sudan che lasciano il Paese. L’UNHCR ha anche lanciato un portale di dati che aggiornerà quotidianamente gli arrivi di rifugiati e rimpatriati nei Paesi limitrofi. Il Regional Response Plan sosterrà i Paesi ospitanti per garantire l’accesso al diritto di asilo, all’assistenza umanitaria salvavita e ai servizi specializzati per i più vulnerabili.
Come il Sudan, la maggior parte dei Paesi nei quali stanno affluendo i profughi ospitavano già un gran numero di sfollati forzati e le operazioni di assistenza erano già perennemente sottofinanziate: la maggior parte ha finora ricevuto meno del 15% del fabbisogno finanziario del 2023.
Mazou ha sottolineato: «”Abbiamo urgentemente bisogno di nuovi finanziamenti tempestivi per rispondere alle crescenti esigenze». E, proprio mentre Francia e Italia litigano ancora una volta sui migranti e Giorgia Meloni riceve il generale Khalīfa Belqāsim Ḥaftar, padrone di metà della Libia e alleato dei militari golpisti sudanesi, ha avvertito sulle potenziali conseguenze di vasta portata della guerra civile sudanese: «Abbiamo urgentemente bisogno di nuovi finanziamenti tempestivi per rispondere alle crescenti esigenze. I bisogni sono enormi e le sfide sono numerose. Se la crisi continua, potrebbero essere in gioco la pace e la stabilità in tutta la regione».
Intanto, l’International organization for migration (IOM) informa che dal 15 aprile, quando in Sudan sono iniziati i combattimenti, oltre 12.000 persone sono arrivate nella remota città di confine etiope di Metema e tra loro ci sono cittadini sudanesi, turchi, keniani e di altri oltre 50 Paesi e profughi etiopi, eritrei e somali. Molti esausti dopo aver compiuto un lungo e pericoloso viaggio verso la salvezza. Attualmente Displacement Tracking Matrix (DTM) dell’IOM sta registrando oltre 1.000 arrivi giornalieri a Metema e spiega che «Molte di queste persone entrano in Etiopia senza risorse e averi, lasciandole vulnerabili a rimanere bloccate lì». L’IOM sta assistendo chi arriva, compreso chi proviene da Paesi le cui ambasciate hanno richiesto supporto per i propri cittadini. Quasi 200 keniani, alcuni dei quali studenti, oltre 200 ugandesi e più di 800 somali sono tra coloro che sono stati finora aiutati.
Ma, proprio in Etiopia, il World Food Programme (WFP) si è detto «Profondamente preoccupato per le recenti segnalazioni di una significativa deviazione dell’assistenza alimentare umanitaria nella regione del Tigray. Il WFP prende questo problema estremamente seriamente e non tollererà alcuna interferenza nella distribuzione di aiuti alimentari essenziali alle donne, agli uomini e ai bambini più vulnerabili».
Infatti, dopo aver appreso che gli aiuti alimentari destinati alla popolazione del Tigray sono stati destinati ad altri, il WFP ha intrapreso indagini rapide per stabilire i fatti e rafforzare ulteriormente controlli e ha sospeso le distribuzioni di cibo nel Tigray e ha avvertito che «Non riprenderanno fino a quando il WFP non sarà in grado di garantire che gli aiuti vitali raggiungano i destinatari previsti. Il WFP sta lavorando a stretto contatto con le autorità regionali per identificare eventuali individui coinvolti in queste attività e per colmare eventuali lacune nel processo di identificazione e registrazione dei beneficiari. Il WFP ribadisce inoltre con forza la collaborazione con i nostri partner cooperanti che monitorano e segnalano qualsiasi attività illecita e che stanno applicando i controlli concordati. Il WFP è orgoglioso di garantire il corretto utilizzo dei contributi dei donatori, con i controlli e le procedure più rigorosi al fine di servire al meglio i milioni di affamati che dipendono dall’assistenza salvavita e che cambia la vita del WFP. La popolazione del Tigray si sta ancora riprendendo dagli effetti di un conflitto durato due anni, che ha lasciato l’84% della regione in una crisi alimentare. Il WFP è fermamente impegnato a garantire che l’assistenza alimentare salvavita raggiunga i più bisognosi in modo efficiente ed efficace».