La Storia dell'evoluzione umana riscritta con nuovi dati e una maggiore potenza di calcolo

L’evoluzione umana non è iniziata in un solo luogo dell’Africa. I nostri antenati sono migrati e si sono mescolati per millenni

L'Homo sapiens sarebbe nato da più popolazioni strettamente correlate

[19 Maggio 2023]

Lo studio “A weakly structured stem for human origins in Africa”, pubblicato su Nature da un team di ricercatori statunitensi, sudafricani e canadesi  mette in discussione l’idea ampiamente diffusa che gli esseri umani moderni provengano da un’unica regione dell’Africa. Testando il materiale genetico delle attuali popolazioni in Africa e confrontandolo con le prove fossili esistenti delle prime popolazioni di Homo sapiens, i ricercatori hanno scoperto un nuovo modello di evoluzione umana, ribaltando le precedenti convinzioni secondo cui una singola popolazione africana ha dato origine a tutti gli esseri umani. I ricercatori dicono che «Gli esseri umani sono nati da più popolazioni ancestrali in tutto il continente. Queste antiche popolazioni – vissute più di un milione di anni fa – sarebbero state tutte della stessa specie di ominidi ma geneticamente leggermente diverse».

I modelli a sostegno di questa teoria si basano su nuovi software e dati di sequenziamento genomico delle attuali popolazioni africane ed eurasiatiche, nonché sui resti di Neanderthal. Secondo Eleanor Scerri, archeologa evoluzionista al Max Planck Institute für Geoanthropologie che non ha partecipato alla ricerca, «Lo studio fornisce ulteriori prove della teoria che «Non esiste un unico luogo di nascita in Africa e che l’evoluzione umana è un processo con radici africane molto profonde. La teoria dell’origine singola è popolare da decenni, in parte sulla base di reperti fossili. Ma la teoria non si adatta bene ai dati. Tutti gli strumenti e i tratti fisici attribuiti all’Homo sapiens sono comparsi in tutta l’Africa in un periodo simile, da 300.000 a 100.000 anni fa. Se gli esseri umani si fossero irradiati da un unico luogo, gli archeologi si aspetterebbero di vedere fossili più recenti più lontani da un punto centrale e quelli più antichi più vicini ad esso».

Una delle autrici dello studio, Brenna Henn, che insegna antropologia all’università della California – Davis (UC Davis), evidenzia che «Sebbene sia ampiamente riconosciuto che  l’Homo sapiens  abbia avuto origine in Africa, l’incertezza circonda il modo in cui i rami dell’evoluzione umana hanno preso vie divergenti e il modo in cui le persone sono migrate attraverso il continente. Questa incertezza è dovuta ai dati genomici fossili e antichi limitati e al fatto che i reperti fossili non sempre sono in linea con le aspettative dei modelli costruiti utilizzando il DNA moderno. Questa nuova ricerca cambia l’origine delle specie».

In una ricerca congiunta, la Henn e Simon Gravel della McGill University hanno testato una serie di modelli alternativi di evoluzione e migrazione umana attraverso l’Africa provenienti da diversi studi di paleoantropologica e genetica, incorporando i dati del genoma della popolazione umana dell’Africa meridionale, orientale e occidentale. Gli autori dello studio  hanno incluso i genomi appena sequenziati di 44 individui Nama moderni dell’Africa meridionale, una popolazione indigena nota per essere portatrice di livelli eccezionali di diversità genetica rispetto ad altri gruppi moderni. Poi, tra il 2012 e il 2015., hanno generato dati genetici raccogliendo campioni di saliva da individui moderni che svolgevano le loro attività quotidiane nei loro villaggi. La conclusione di tutto questo meticoloso lavoro è che «Il modello suggerisce che la prima divisione della popolazione tra i primi esseri umani rilevabile nelle popolazioni contemporanee si è verificata tra 120.000 e 135.000 anni fa, dopo che due o più popolazioni Homo debolmente differenziate geneticamente si   erano mescolate per centinaia di migliaia di anni. Dopo la divisione della popolazione, le persone migrarono ancora tra le popolazioni staminali, creando una radice debolmente strutturata».

Risultati che forniscono una spiegazione migliore della variazione genetica tra singoli esseri umani e gruppi umani rispetto ai modelli precedenti e la Henn evidenzia che «Stiamo presentando qualcosa che le persone non avevano mai nemmeno testato prima. Questo fa progredire significativamente la scienza antropologica».

Un altro autore dello studio, Timothy Weaver, professore di antropologia alla UC Davis, fa notare che «Precedenti modelli più complicati proponevano contributi di ominidi arcaici, ma questo modello indica il contrario».

Gli autori dello studio prevedono che, secondo questo modello, «L’1-4% della differenziazione genetica tra le popolazioni umane contemporanee può essere attribuita alla variazione nelle popolazioni staminali. Questo modello può avere conseguenze importanti per l’interpretazione dei reperti fossili. A causa della migrazione tra i rami, questi molteplici lignaggi erano probabilmente morfologicamente simili, il che significa che è improbabile che fossili di ominidi morfologicamente divergenti (come l’Homo naledi ) rappresentino rami che hanno contribuito all’evoluzione dell’Homo sapiens».

Quindi, ‘antica specie di ominidi, o “radice ancestrale”, aveva popolazioni localizzate che si pensa si siano incrociate tra loro nel corso dei millenni, condividendo tutte le differenze genetiche che si erano evolute. Questi nostri antichi antenati hanno percorso per secoli e millenni l’Africa e la Scerri dice su Nature  che «Le nostre radici affondano in una popolazione complessiva molto diversificata composta da popolazioni locali frammentate». L’intreccio di questi steli, separati solo debolmente dalle loro differenze genetiche, ha dato origine a un concetto di evoluzione umana che i ricercatori hanno descritto come «Uno “stelo debolmente strutturato”, più simile a una vite aggrovigliata che a un “albero della vita»”. Sebbene l’idea di più punti di origine non sia nuova, la spiegazione della radice debolmente strutturata lo è. E La Henn  ribadisce che «Altri modelli che esplorano origini multiple non hanno utilizzato tanti parametri come questo studio. Volevamo davvero metterci seduti e valutare in modo molto sistematico i modelli in un modo più creativo. E’ un nuovo modello per l’evoluzione umana che è concreto».

Ma il nuovo studio non ha risposto ancora a molte domande sulle origini degli esseri umani e la Henn vuole aggiungere ai modelli più DNA proveniente da altre regioni africane, per vedere se questo cambia i risultati ottenuti. Spera anche di «Utilizzare i dati per fare previsioni sui reperti fossili, ad esempio quali caratteristiche si troverebbero nei fossili umani di una particolare area».