Europa leader mondiale nella ricerca sulla biodiversità

Indagine Elszevier: Italia prima in Europa sul fronte degli investimenti ma solo quinta in ricerca su biodiversità

[22 Maggio 2023]

In occasione dell’l’International Day for Biological Diversity, Elsevier, editore scientifico tra i più importanti al mondo, con più di 3.000 riviste accademiche in ogni ambito, ha pubblicato un’analisi delle pubblicazioni scientifiche sulla biodiversità a livello mondiale dal quale emerge il ruolo guida dell’Europa in tema di ricerca  che «Fa il paio con le politiche europee sulla sostenibilità, come la Farm to Fork o il Green Deal, all’interno del quale è inserita una strategia relativa alla biodiversità per il 2030 – un piano completo, ambizioso e a lungo termine per proteggere e ripristinare l’ambiente naturale e gli ecosistemi nell’Unione europea – proposta dalla Commissione a maggio 2020 e approvata dagli Stati membri a ottobre dello stesso anno».

L’analisi di Elsevier conferma che la biodiversità stia diventando un tema sempre più centrale: «A livello mondiale si è passati da meno di 15mila pubblicazioni sul tema nel 2012 a quasi 30mila pubblicazioni scientifiche nel 2021, con un’intensificazione negli ultimi anni, a partire dal 2018. I dati del 2022 sono ancora incompleti, tuttavia, è riconoscibile una tendenza alla crescita, perciò crediamo che questo sarà il trend nei prossimi anni».  Dal 2012 al 2021 il numero di paper annuali è raddoppiato, con un aumento di quasi il 15% dal 2020 al 2021).

A dominare la ricerca sulla biodiversità negli ultimi 5 anni stata l’Unione europea con il 41% degli studi pubblicati, seguita dagli USA (21%), dalla Cina e dall’America Latina (entrambe al 16%), mentre l’Africa contribuisce con il 7% della ricerca mondiale sulla biodiversità. Il 34,6% della ricerca scientifica sulla biodiversità riguarda le scienze agricole, seguite con il 23,9% quelle ambientali, entrambi campi fortemente multidisciplinari e con un accresciuto contributo da parte di altri settori. A Elsevier confermano che «La ricerca sulla biodiversità ruota attorno a un vasto numero di argomenti che riflettono la complessità dell’area, multidisciplinare e fino a poco tempo fa trascurata».

Anche se, come sanno bene i lettori di greenreport.it; Stati Uniti d’America e Cina producono molte pubblicazioni scientifiche sul tema della biodiversità, questi studi sono un numero esiguo rispetto al totale delle loro pubblicazioni scientifiche: tra lo 0.5% e lo 0.7%. Invece, l’indagine ha scoperto che «Altri Paesi, pur avendo meno risorse economiche, siano 3-4 volte più attivi di Cina o Usa, sempre relativamente parlando: per esempio sia America Latina che Sud Africa dedicano il 2% delle loro attività di ricerca al tema della biodiversità. Un dato che non deve sorprenderci,  se pensiamo che queste sono regioni che subiscono gli effetti negativi della perdita di biodiversità in modo molto acuto».

Sul podio delle istituzioni scientifiche governative più prolifiche a livello mondiale  ci sono l’Accademia cinese delle scienze, il Centre national de la recherche scientifique (CNRS)  francese, e il Consejo Superior de Investigaciones Científicas (CSIC) spagnolo. Al nono posto c’è il nostro Consiglio nazionale delle ricerche (CNR). Nella top ten ci sono ben 3 istituzioni scientifiche pubbliche francesi. Prima tra le università c’è l’University of Chinese Academy of Sciences, seguita dall’Université de Montpellier e dall’Universidade de São Paulo.

Ma è l’Europa la leader globale per quantità di pubblicazioni sulla biodiversità, con una crescita abbastanza costante dal 2012 al 2018 e un’accelerazione significativa a partire dal 2019. Anche Usa, Cina, America Latina e Africa, mostrano  un aumento della produzione di ricerca scientifica sulla biodiversità dal 2012 a oggi, ma in maniera costante, non con l’accelerazione dell’Europa. Elsevier cita il report 2022 sulla biodiversità di Legambiente da quale emergeva che «L’Italia è prima in Europa sul fronte degli investimenti per la salvaguardia della biodiversità, con oltre 1,7 miliardi di euro che hanno finanziato più di 970 progetti per la protezione della natura, ma dalla niuova indagine viene furi che sul podio in Europa ci sono Regno Unito, Germania e Francia, seguiti da Spagna e Italia. Il nostro Paese ha accelerato moltissimo nel 2019, anche se poi ha rallentato nel 2020.  A Elsevier spiegano il perché di questa apparente contraddizione: «C’è stata però una crescita di anno in anno in Italia più alta della media, che si rispecchia anche nel numero di sovvenzioni che sono state elargite in questo tipo di ricerca: se nel 2015 erano circa 15, nel 2022 sono salite a oltre 50. Un’attenzione che crediamo andrà a crescere, complice anche la pandemia: fenomeni come il Covid ci hanno spinto a riflettere sul tema della biodiversità, anche in relazione alle pandemie e al fatto che le attività umane che causano il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità sono le stesse che, attraverso i loro impatti sul nostro ambiente, conducono al rischio di pandemia. Si tratta di capire quale sia il miglior modo (per tutti) per convivere con le altre specie, cercando di proteggere il più possibile gli ecosistemi e chi li abita».

Se si analizzano gli ultimi anni, dal 2017 al 2022, si scopre che «L’Italia ha realizzato 840mila paper in totale e quasi l’1% di questi – 7.492 paper, cioè lo 0,86% per la precisione – ha riguardato il tema della biodiversità (la media globale si attesta allo 0,66%). Anche i livelli di citazioni su questo tema sono particolarmente elevati, con un indicatore dell’impatto medio delle citazioni (che confronta il numero effettivo di citazioni ricevute da un articolo con il numero previsto di citazioni per articoli dello stesso tipo di documento) di 1,73, anche qui sopra la media nazionale di 1,43, il che significa che la ricerca sulla biodiversità è citata più che la ricerca su altri topic».

L’Italia è leggermente sopra la media anche per quanto riguarda le collaborazioni internazionali: il 47% della ricerca italiana è stata realizzata in collaborazione con partner internazionali, mentre la media Ue è del 42%, ma nel caso della biodiversità è ancora maggiore: il 58%. Secondo l’indagine, «Questo denota per l’Italia maggiore propensione alle partnership nel campo della ricerca sulla biodiversità, una tendenza che tra l’altro pone il nostro Paese in linea con il resto del mondo, dove si passa da una media del 21% per le collaborazioni al 37% sul tema qui analizzato».

I Paesi con i quali l’Italia collabora di più sulla biodiversità sono il Regno Unito, gli Usa e la Germania, seguiti da Francia e Spagna, ma i livelli di citazione più alti si registrano nelle collaborazioni con Australia, Svezia e Canada.

L’università italiana  che pubblica più studi sulla biodiversità è La Sapienza di Roma, seguita dalle università di Firenze e di Bologna e poi da quelle di Torino e Milano. Per quanto riguarda le istituzioni scientifiche, al primo posto c’è il CNR, seguito dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli (SZN) e dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).

Ai primi posti tra gli istituti internazionali con i quali l’Italia collabora maggiormante c’è l’olandese Wageningen university and research, poi le ricerca nei Paesi Bassi, specializzata in studi agrari), e poi due università francesi Paris Sciences & Lettres . PSL e la Sorbonne, mentre per quanto riguarda le collaborazioni sulla biodiversità tra l’Italia e le imprese, tra le prime 12 ci sono ben 5  aziende italiane: EURAC, GenProbio srl, lo spin Off Accademico dell’Università degli Studi di Parma, Eni, CEINGE-Biotecnologie avanzate Franco Salvatore (che opera nel campo della biologia molecolare e delle biotecnologie avanzate applicate alla Salute dell’Uomo) ed Ecologia Applicata Italia (il centro di ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico riconosciuto dalla regione Lombardia). Sul podio, dopo l’Eurac, c’è l’AZTI spagnolo e il German Collection of Microorganisms and Cell cultures del Leibniz Institute.

Gli enti con il maggior numero di borse assegnate dal 2010 a oggi sono il CNR, il CNRS,  l’università di Bologna, quella degli Studi di Milano, la Federico II, l’università di Trento e La Sapienza. Mentre l’ente che in assoluto ha assegnato più sovvenzioni per la ricerca in biodiversità è la Commissione europea: oltre 250 dal 2010 a oggi.