Secondo le autorità italiane la conformità arriverà nel 2027, con 29 anni di ritardo
L’Italia deferita (di nuovo) alla Corte Ue per l’inadeguata depurazione delle acque reflue
«Questo secondo rinvio alla Corte può comportare sanzioni pecuniarie», avvertono da Bruxelles: già oggi la multa vale 45 milioni di euro all’anno
[1 Giugno 2023]
La Commissione europea ha deciso oggi di deferire nuovamente l’Italia alla Corte di giustizia dell’Ue, a causa dell’inadeguato trattamento delle acque reflue urbane; un problema che si trascina ormai da decenni.
In questo caso specifico, all’Italia viene contestato il non aver dato piena esecuzione alla sentenza della Corte dell’aprile 2014, quando venne stabilito che 41 agglomerati (città, centri urbani, insediamenti) non avevano garantito la raccolta e il trattamento adeguati delle acque reflue urbane.
A nove anni di distanza, di questi 41 agglomerati 5 sono ancora inadempienti: 1 in Valle d’Aosta e 4 in Sicilia. Eppure «la mancanza di adeguati sistemi di trattamento per questi cinque agglomerati comporta rischi significativi per la salute umana, le acque interne e l’ambiente marino nelle aree critiche sotto il profilo ecologico in cui sono scaricate le acque reflue non trattate», come spiega la Commissione Ue.
Nonostante questo secondo rinvio alla Corte Ue possa «comportare sanzioni pecuniarie», le autorità italiane sembrano prendersela comoda: stimano che «la piena conformità alla sentenza del 10 aprile 2014 non sarà raggiunta prima del 2027. Tuttavia – rimarcano da Bruxelles – l’Italia avrebbe dovuto garantire il rispetto della direttiva concernente il trattamento delle acque reflue urbane sin dal 31 dicembre 1998».
E non è certo questa la sola lacuna dell’Italia in merito alla depurazione delle acque reflue. Come riassunto un’estate fa dal Commissario unico per la depurazione Maurizio Giugni, sul tema le procedure per cui l’Italia è oggi in sentenza di condanna sono tre: la 2004/2034, giunta fino alla sanzione pecuniaria (causa C-251/17) sulle acque reflue nei centri urbani, la 2009/2034 (C-85/13) sugli scarichi in aree sensibili e la più recente condanna per la 2014/2059, mentre è ancora in fase istruttoria la procedura 2017/2181.
Intervenendo alla IV edizione del Forum acqua di Legambiente, nel novembre scorso, Giugni ha rimarcato che «la sanzione europea scesa a 45 milioni l’anno per la mancata depurazione resta un problema, ma limitato rispetto al danno prevalente: quello ambientale e d’immagine. Ci sono aree prossime a mare di grande pregio ambientale senza fognatura e depurazione. E quando ci confrontiamo con le istituzioni europee, ci chiedono sempre conto del mancato adeguamento alla Direttiva di riferimento, che risale al 1991».