In Ecuador referendum sull’estrazione petrolifera nel Parco Nazionale Yasuní ITT

Sfruttamento petrolifero o santuario della biodiversità? Referendum anche contro le miniere nel Chocó Andino

[20 Giugno 2023]

Il 20 agosto in Ecuador non si voterà solo per le elezioni anticipate indette dopo che il presidente di destra Guillermo Lasso ha sciolto il Parlamento per non finire sfiduciato e affrontare un processo penale per corruzione, ma anche per un referendum popolare sul destino del Parque Nacional Yasuní ITT che il ministero dell’ambiente, dell’acqua e della transizione ecologica definisce «Un santuario della biodiversità». E il più grande parco nazionale dell’Ecuador è davvero uno scrigno che trabocca di un’incredibile biodiversità che deve fare i conti con la presenza di un grosso giacimento petrolifero: il Bloque 43-ITT (Ishpingo, Tambococha y Tiputini).

Il referendum è stato convocato proprio per questo: per chiedere ai 13,45 milioni  di elettori ecuadoriani se vogliono continuare o meno con lo sfruttamento del petrolio nell’ITT rispondendo sì o no al quesito “Sei d’accordo che il governo ecuadoriano mantenga il greggio dell’ITT, noto come blocco 43, indefinitivamente sotto terra?”.

Una domanda che divide trasversalmente la società ecuadoriana, compresa la sinistra “urbana” e quella indigenista. Da una parte  ci sono i difensori dell’ambiente e dei popoli incontattati o coloro che vivono in isolamento volontario negli Yasuní, come gli indios  Tagaeri ei Taromenani, dall’altra parte c’è chi vuole che lo stato continui a percepire le royalities derivanti dallo  sfruttamento petrolifero nell’area.

Il Parque Nacional Yasuní è stato istituito nel 1979 su 1.022.736 ettari. Nel 1989 l’Unesco lo ha dichiarato Riserva della Biosfera e nel 1999 è stata creata la riserva integrale Zona Intangible Tagaeri-Taromenane (ZITT). Il ministero dell’ambiente equadoriano sottolinea che «A Yasuní sono stati segnalati dati sorprendenti sulla biodiversità per diversi  gruppi di flora e fauna, mai registrati prima in nessuna area protetta. Sebbene i dati possano variare nel corso degli anni, che Quest’area ospita più di 2.000 specie di alberi e arbusti, 204 specie di mammiferi, 610 specie di uccelli, 121 rettili, 150 anfibi e più di 250 specie di pesci».

Ma nell’ottobre 2013 l’Asamblea Nacional dell’Ecuador ha approvato l’estrazione di petrolio in un’area di 1.030 ettari nel cosiddetto eje ITT, un’area che dove ci sono l 42% delle riserve di greggio del Paese e nella quale nel 2016 è cominciata l’estrazione di greggio che secondo la compagnia petrolifera statale Petroecuador, ha fruttato allo Stato più di 4.500 milioni di dollari di entrate grazie ai 54.800 barili di petrolio che vengono estratti ogni giorno.

L’approvazione per l’estrazione del petrolio è arrivata dopo che l’allora presidente di sinistra Rafael Correa cancellò l’iniciativa Yasuní ITT che in cambio di un risarcimento internazionale di 3,6 miliardi di dollari in 12 anni avrebbe lasciato il greggio presente nell’area sottoterra».

Nell’agosto 2013 Correa – attualmente in esilio ma il cui Partito è dato favorito alle elezioni politiche e presidenziali del 20 agosto – annunciò: «Il mondo ci ha deluso […] Con profonda tristezza, ma anche con assoluta responsabilità nei confronti del nostro popolo e della nostra storia, ho dovuto prendere una delle decisioni più difficili di tutto il mio governo: oggi ho firmato il decreto d’ordine esecutivo per la liquidazione dei fideicomisos Yasuní ITT e quindi porre fine all’iniziativa».

Sullo sfruttamento d petrolifero dello Yasuní ITT – che è stato uno dei motivi di rottura tra la sinistra indigena e i correisti che aveva consegnato il Paese alla destra minoritaria – era già stata oggetto di un referendum nel febbraio 2018 e  la domanda era: “Accetti di aumentare la Zona Intangible di almeno 50.000 ettari e ridurre l’area di sfruttamento petrolifero autorizzata dall’Asamblea Nacional nel Parque Nacional Yasuní  da 1.030 ettari a 300 ettari?”, il 67,3% dei votanti rispose “Sì”.

Forte di quel risultato, la coalizione Yasunidos, formatasi nell’agosto 2013 dopo la liquidazione dell’iniziativa Yasuni-ITT, ha promosso il nuovo referendum e sottolinea che «Possiamo dare l’esempio al mondo mantenendo il petrolio sotto terra e prendendoci così cura dell’Amazzonia, il polmone del pianeta. Vogliamo preservare la biodiversità dello Yasuní, combattere il cambiamento climatico, proteggere popoli e cercare alternative all’estrattivismo».

Per garantire che comunque lo Stato recuperi le entrate petrolifere che perderà, Yasunidos propone la riduzione delle esenzioni fiscali, la rinegoziazione delle tariffe per le grandi compagnie telefoniche, la riscossione di debiti milionari dai primi 500 debitori del Servicio de Rentas Internas (SRI) e la promozione e l’aumento del turismo.

Diverse organizzazioni e popolazioni indigene appoggiano  Yasunidos. La scorsa settimana, le donne Waorani e di altre nazionalità indigene amazzoniche hanno chiesto il voto “sì” al referendum e Alicia Cahuiya, leader Waorani e della Confederación de Nacionalidades Indígenas del Ecuador (Conaie), ha dichiarato: «Vogliamo vivere in pace, perché è la nostra casa. Vogliamo che rispettino il nostro territorio ancestrale. Non vogliamo vogliono che ci uccidano in cambio di petrolio o legname».

La Conaie questa volta si presenterà alle elezioni e probabilmente sarà indispensabile per formare un governo di coalizione e per eleggere il/la nuovo/a presidente, la vicepresidente della Conaie, Zenaida Yasacama, lo sa bene e punta molto nell’intreccio fra elezioni e referendum: «Andremo in tutti i territori a promuovere il “sì”, perché non vogliamo più violazioni dei diritti delle popolazioni indigene e della natura. Quello è il nostro habitat, la nostra lotta continuerà con fermezza».

Anche Nemo Guiquita, leader della Confederación de Nacionalidades Indígenas de la Amazonía Ecuatoriana (Confeniae), pensa che «Lo Yasuní per noi non è un pozzo di petrolio, non è una miniera d’oro, per noi lo Yasuní rappresenta la vita e i polmoni del pianeta».

Ma anche se il “sì” vincerà, lo sfruttamento petrolifero yerminerà nel Bloque 43 o ITT terminerà, ma continuerà in altre aree del Parque Nacional Yasuní, come nel vicino Bloque 31.

Il 20 agosto si terrà anche un referendum locale sul Chocó Andino al quale potranno partecipare solo i 2.013.628  elettori del Distrito Metropolitano de Quito, votanti. Il Chocó Andino è a nord-ovest della provincia di Pichincha, della quale Quito è il capoluogo, ha una superficie di 286.000 ettari, che rappresenta il 30,31% del territorio del Distrito Metropolitano e ospita12 tipi di foreste subtropicali autoctone. Nel luglio 2018 l’Unesco ha dichiarato il Chocó Andino Riserva della Biosfera perché «Si tratta di una regione ad altissima biodiversità, ospita quasi 270 specie di mammiferi, tra cui l’orso dagli occhiali (Tremarctos ornatus), l’aluatta dal mantello dorato (Alouatta palliata), il pacarana (Dinomys branickii) o specie endemiche come il tucano Chocó o la rana cohete de Pichincha». Ma nella Riserva della biosfera ci sono anche quasi 880.000 abitanti che «Vivono principalmente della produzione di frutta e verdura, oltre che di canna da zucchero, piscicoltura, allevamento e piccole imprese».

L’organizzazione Quito sin Minería, che ha promosso il referendum nel Chocó Andino, sottolinea che, «Questa foresta rimuove ogni anno almeno 266.000 tonnellate di carbonio dall’atmosfera, il che aiuta a ridurre il riscaldamento globale». Ma l’area è ricca di oro, rame, argento e altri metalli e sono state approvate 12 concessioni minerarie e altre 6 hanno fatto domanda, in totale per una superficie di circa 27.000 ettari, ma nessuna è ancora operativa.

Nel referendum gi elettori di Quito dovranno rispondere a 4 domande: “Accetti che lo sfruttamento dell’estrazione di metalli su scala artigianale sia vietato all’interno dell’Área de Importancia Ecológica, Cultural y de Desarrollo Productivo Sostenible costituita dai territori delle parrocchie di Nono, Calacalí, Nanegal, Nanegalito , Gualea e Pacto, che costituiscono la Mancomunidad del Chocó Andino?”. Le altre 3 domande sono simili, cambia solo la “scala” dello sfruttamento minerario: impresa “piccola”, “media” e “grande”.