Estrazione mineraria di acque profonde: flash mob di Greenpeace con il polpo rosa gigante

Al summit ISA in Giamaica è scontro sulla moratoria per un’attività mineraria della quale nessuno conosce i reali impatti

[10 Luglio 2023]

Oggi a Kingston in Giamaica prende il via la riunione di 3 settimane dell’International Seabed Authority (ISA),  che prenderà in esame le controverse per consentire l’estrazione mineraria in acque profonde. Un summit  che arriva dopo che è scaduto un divieto due anni quando i Paesi non sono riusciti a raggiungere un accordo su nuove regole. Gli scienziati temono che una possibile “corsa all’oro” per estrarre dalle profondità pceaniche metalli rari e preziosi possa avere conseguenze devastanti per la vita marina. Ma chi vuole le miniere di alto mare sostiene che questi minerali sono indispensabili per soddisfare la domanda di tecnologie verdi.

Greenpeace ricorda che «Al meeting parteciperà anche l’Italia, che tuttavia finora è rimasta silente sul Deep Sea Mining, mentre anche nel Mediterraneo si registrano i primi interessamenti da parte di aziende italiane (Saipem e Fincantieri) all’avvio di attività estrattive negli abissi. Considerato tuttavia un quadro di impatti molto incerto, a cui potrebbero essere associati numerosi rischi, è necessario che l’ISA metta sul tavolo la possibilità di introdurre una moratoria internazionale per il Deep Sea Mining. Una scelta che sarebbe in perfetta continuità con il recente accordo sul Trattato globale per proteggere gli oceani, formalmente adottato dalle Nazioni Unite nelle scorse settimane».

Per questo, ieri i volontarie e volontari di Greenpeace Italia hanno organizzato sul litorale di Vecchiano, in provincia di Pisa, un flash mob con un polpo viola, alto circa 8 metri e con tentacoli di 6 metri, e una grande stella marina composta da figure umane, insieme a uno striscione con il messaggio “Stop Deep Sea Mining”.

Anche Greenpeace «Ha voluto attirare l’attenzione su una nuova corsa all’oro che minaccia mari e oceani: l’estrazione di metalli e terre rare nelle profondità marine, il cosiddetto Deep Sea Mining. Considerata la crescente domanda di materie prime, le attività potrebbero partire già nel 2024, ma i rischi allarmano la comunità scientifica internazionale. Questa nuova forma di estrattivismo, infatti, rischia di intaccare in modo irreversibile ambienti unici ed eccezionalmente stabili che giocano un ruolo chiave nel sequestro del carbonio del pianeta, oltre a ospitare una peculiare biodiversità adattatasi nel corso di milioni di anni a vivere in ambienti estremi».

La polemica globale è iniziata nel 2021 quando il piccolo Stato insulare di Nauru – già defvastato dalle miniere esaurite di guano –  ha presentato una richiesta formale all’ISA  per ottenere una licenza commerciale per iniziare l’estrazione in acque profonde, innescando così la clausola che ha dato il via al conto alla rovescia di 2 anni perché l’ISA  prendesse in considerazione la domanda, nonostante fossero in vigore normative minime.

Da allora i Paesi si sono incontrati regolarmente per cercare di approvare le norme sul monitoraggio ambientale e la condivisione delle royalties, ma senza successo.

A Kingston intanto si stanno mobilitando gli oppositori: la maggioranza dei Paesi e Territori, tra cui Svizzera, Spagna e Germania, chiedono una pausa o una moratoria per motivi ambientali e forse ad agosto sarà votato un nuovo divieto.

Gli scienziati marini sono preoccupati per il fatto che nelle profondità dell’oceano siano state condotte ricerche limitate sugli animali che ci vivono e quindi su quali potrebbero essere gli impatti che l’estrazione mineraria in acque profonde potrebbe avere su di loro.

Secondo l’IUCN, le potenziali tecniche per raccogliere i minerali dal fondo del mare potrebbero produrre un notevole inquinamento acustico e luminoso e rilasciare pennacchi di sedimenti che rischiano di soffocare le specie filtratrici. Catherine Weller, direttrice politica globale di Fauna & Flora, ha dichiarato: «Non dobbiamo lasciare che questa sia una nuova corsa all’oro in cui ci lanciamo a capofitto in un’ulteriore devastazione del nostro pianeta senza capire veramente cosa stiamo facendo».

Recentemente, una spedizione scientifica ha annunciato che nella Clarion Clipperton Zone (CCZ) dell’Oceano Pacifico, un’area destinata ad accogliere l’etrazione mineraria sottomarina,  sono state scoperte più di 5.000 specie, e altre aree adatte all’estrazione mineraria come la Pacific Prime Crust sono ambienti unici con camini idrotermali in profondità, montagne sottomarine e vaste pianure fino a 6.500 metri sotto la superficie, dove pullula una vita incredibile e ci sono molte specie ancora sconosciute.

Non tutti i paesi si oppongono apertamente all’estrazione mineraria in acque profonde: l’ISA ha già concesso 31 contratti di esplorazione a compagnie che vogliono effettuare ricerche nell’oceano profondo e tra i loro sponsor ci sono 14 Paesi, compresi Cina, Russia, India, Regno Unito, Francia e Giappone.

L’ISA consente solo contratti in acque internazionali, mentre ogni  Paese è libero  di intraprendere esplorazioni nelle sue acque nazionali. A giugno, la Norvegia ha aperto fra le proteste all’estrazione mineraria di profondità nel Mare di Groenlandia, nel Mare di Norvegia e nel Mare di Barents: un’area di 280.000 Km2 dove le compagnie minerarie potranno richiedere licenze. Il ministro laburista del petrolio e dell’energia. Terje Aasland. Ha detto: «Abbiamo bisogno di minerali per avere successo con la transizione verde».

The Metals Company, che è partner di Nauru, Kiribati e Tonga, è determinata a portare avanti le richieste di licenze perché «Le profondità marine offrono una promettente fonte di metalli come rame, cobalto e nichel necessari per tecnologie come telefoni cellulari, turbine eoliche e batterie per veicoli elettrici».

Nick Pickens, direttore ricerca sull’estrazione mineraria globale di Wood Mackenzie, ha dichiarato alla BBC che «Molti di questi minerali sono relativamente abbondanti sulla terraferma ma possono essere difficili da raggiungere». La Repubblica Democratica del Congo, che ha alcune delle riserve di rame di più alta qualità al mondo è sconvolta da anni da violenti conflitti interetnici – fomentati dai Paesi vicini e dalle multinazionali – proprio per mettere le mani su quelle risorse. Inoltre mancano gli impianti di raffinazione per trasformare i minerali estratti dalle profondità marine in componenti utili.

Pickens conclude con una buona dose di realismo: «L’estrazione mineraria in acque profonde non risolve necessariamente nessuno di questi problemi… avremo ancora problemi geopolitici».

Secondo Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia, «Le estrazioni in acque profonde sono l’ultima follia umana che deve essere fermata sul nascere, con una moratoria internazionale. Questi ambienti marini profondi, in gran parte ignoti e non ancora intaccati dalle attività antropiche, rischiano infatti di essere sacrificati sull’altare di una presunta penuria di materie prime in settori come quello dell’elettronica, delle comunicazioni e della produzione di energia. Uno scenario che appare sempre più plausibile, nonostante l’EASAC abbia stimato che entro il 2050 tra il 40 e il 77% dei metalli necessari alle tecnologie verdi in Europa potrà essere ottenuto dal riciclo. E’ perciò necessario ridurre progressivamente la nostra dipendenza dall’estrazione di metalli e terre rare, incentivando il riciclo e una vera economia circolare, seguendo il buon primo passo fatto dall’Europa con la recente introduzione del regolamento sulle batterie».