Il 10% più ricco è responsabile del 40% delle emissioni di gas serra

Gli approcci basati sul consumo per limitare le emissioni di gas serra puniscono i poveri e hanno scarso impatto sugli estremamente ricchi

[21 Agosto 2023]

Gli investimenti sono il principale motore della disuguaglianza delle emissioni

Secondo lo studio “Income-based U.S. household carbon footprints (1990–2019) offer new insights on emissions inequality and climate finance”, pubblicato su PLOS Climate da un team di ricercatori dell’ dall’università del Massachusetts Amherst e della Norges teknisk-naturvitenskapelige universitet, «gli americani più ricchi, quelli il cui reddito li colloca nel 10% più ricco, sono responsabili del 40% delle emissioni totali di gas serra della nazione».

Si tratta del primo studio a collegare il reddito, in particolare il reddito derivante da investimenti finanziari, alle emissioni utilizzate per produrre quel reddito e gli autori suggeriscono ai responsabili politici di «adottare tasse incentrate sugli azionisti e sull’intensità di carbonio dei redditi da investimento, al fine di raggiungere equamente l’obiettivo di mantenere la temperatura globale a 1,5° C di riscaldamento».

Scienziati e ambientalisti sanno da tempo che il consumo – la quantità e il tipo di cibo che mangiamo, i veicoli che guidiamo e tutte le cose che compriamo – è strettamente legato alle emissioni di gas serra. La politica ambientale tradizionale ha quindi cercato di limitare il consumo o guidarlo verso strade più rispettose dell’ambiente: sostituire la carne rossa con diete a base vegetale o scambiare un veicolo a benzina con un veicolo elettrico. Ma secondo il principale autore dello studio, Jared Starr dell’università del Massachusetts Amherst, «gli approcci basati sul consumo per limitare le emissioni di gas serra sono regressivi. Puniscono in modo sproporzionato i poveri pur avendo scarso impatto sugli estremamente ricchi, che tendono a risparmiare e investire gran parte del loro reddito. Gli approcci basati sul consumo perdono qualcosa di importante: l’inquinamento da carbonio genera reddito, ma quando quel reddito viene reinvestito in azioni, anziché essere speso per le necessità, non è soggetto a una carbon tax basata sul consumo. Cosa succede quando ci concentriamo su come le emissioni creano reddito, piuttosto che su come consentono il consumo?»

La risposta a questa domanda è apparentemente semplice, ma è irta di difficoltà, perché, spiegano i ricercatori «sebbene sia relativamente facile scattare un’istantanea di salari e stipendi – le principali fonti di reddito per il 90% degli americani – è stato molto difficile avere un’idea del reddito da investimenti che costituisce una grande fonte della ricchezza degli americani più ricchi».

Per risolvere questo problema, Starr e i suoi colleghi hanno esaminato 30 anni di dati, attingendo a un database contenente oltre 2,8 miliardi di trasferimenti finanziari intersettoriali e seguendo il flusso di carbonio e reddito attraverso queste transazioni. Questo ha permesso loro di calcolare due valori diversi: le emissioni di gas serra del reddito basate sui fornitori e quelle basate sui produttori.

I ricercatori statunitensi e norvegesi spiegano che «le emissioni basate sui fornitori sono quelle create dalle industrie che forniscono combustibili fossili all’economia. Ad esempio, le emissioni operative rilasciate dalle compagnie di combustibili fossili sono in realtà piuttosto basse, ma realizzano enormi profitti vendendo petrolio ad altri che lo bruceranno. Le emissioni basate sul produttore sono quelle rilasciate direttamente dal funzionamento dell’azienda stessa, come una centrale elettrica a carbone».

Grazie a queste due cifre, Starr e i coautori dello studio hanno potuto collegare i loro dati sulle emissioni con un altro database contenente dati demografici e di reddito dettagliati per oltre 5 milioni di statunitensi. Questo database analizza le fonti di reddito differenziando il reddito attivo – i salari o gli stipendi guadagnati attraverso l’occupazione – dal reddito da investimento generato passivamente.

E’ così che il team ha scoperto che «oltre il 40% delle emissioni degli Stati Uniti era attribuibile ai flussi di reddito del 10% più ricco», ma ha anche che «L’1% più ricco da solo genera il 15 – 17% delle emissioni della nazione».

Generalmente, le famiglie bianche non ispaniche, hanno il reddito legato alle emissioni più alto e le famiglie nere quello più basso. Le emissioni tendono ad aumentare con l’età, raggiungendo un picco nella fascia di età 45-54 anni, prima di diminuire.

Il team ha anche identificato i “super emettitori”, chi ha un’intensità di emissioni estremamente elevata, e sono quasi esclusivamente tra lo 0,1% più ricco delle famiglie, che sono sovrarappresentate nei settori della finanza, immobiliare e assicurativo, manifatturiero, minerario ed estrattivo.

Per Starr, «questa ricerca ci dà un’idea del modo in cui il reddito e gli investimenti oscurano la responsabilità delle emissioni. Ad esempio, 15 giorni di reddito per una famiglia superiore dello 0,1% generano tanto inquinamento da carbonio quanto una vita di reddito per una famiglia nel 10% inferiore. Una lente basata sul reddito ci aiuta a concentrarci esattamente su chi sta traendo i maggiori profitti dall’inquinamento da carbonio, che cambia il clima, e a progettare politiche per cambiare il loro comportamento».

I ricercatori puntano soprattutto su una tassazione basata sul reddito e sugli azionisti, piuttosto che sulla tassazione dei beni di consumo. E Starr conclude: «In questo modo, potremmo davvero incentivare gli americani che traggono i maggiori profitti dal cambiamento climatico e lo guidano a decarbonizzare le loro industrie e i loro investimenti. E’ un disinvestimento per interesse personale, piuttosto che per altruismo. Immaginatevi quanto velocemente i dirigenti aziendali, i membri dei consigli di amministrazione e i grandi azionisti decarbonizzerebbero le loro industrie se lo facessimo nel loro interesse finanziario. Le entrate fiscali guadagnate potrebbero aiutare la nazione a investire in modo sostanziale negli sforzi di decarbonizzazione».