Lo sfruttamento eccessivo delle risorse del nostro Pianeta

Quando l’uomo interagisce con il suo ambiente, dovrebbe fare in modo che le risorse vengano mantenute più a lungo possibile

[8 Settembre 2023]

Solo nel bacino di uno dei fiumi più lunghi e grandi del mondo, il Congo (4.374 chilometri di lunghezza, secondo dopo il Nilo) nel cuore dell’Africa equatoriale, si prevede che per il 2030 (quindi esattamente tra sette anni, non tra un secolo!) la deforestazione per la produzione di biodiesel e del legname da costruzione raddoppierà. Il fatto più drammatico è che per la popolazione umana locale non ci sarà mai nessun vantaggio, ma solo disastri.

Per le multinazionali del legno che operano sul posto ma che sono amministrativamente collocate quasi tutte in Nord America e in Europa, il giro di affari è enorme. I governi locali non tutelano il proprio ambiente e spesso danno concessioni per lo sfruttamento del suolo per decenni, dietro laute mazzette, senza pensare al futuro.

Purtroppo, in Africa l’illegalità è la regola. Secondo l’Ocse in Africa il giro di affari illegali del legno è di circa 200 miliardi di dollari americani all’anno, una cifra enorme. Il nostro Paese, l’Italia, da solo, acquista clandestinamente l’80% del legname pregiato dalla Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire).

Eppure da noi esistono molte organizzazioni per la tutela dell’ambiente e degli animali. Sono moltissime, ma i loro risultati sono scarsi, non per mancanza di vedute, ma perché sono sempre voci inascoltate.

Certo, in Africa vivono soprattutto animali selvatici, non domestici come i cani e i gatti, e quindi per i primi gli interessi sono sempre molto scarsi o minimi. Forse è per il fatto che dietro agli animali domestici c’è un giro di affari miliardario, tra pubblicità e vendita di prodotti (crocchette, carne in scatola, integratori, medicine, antiparassitari eccetera)? In Italia ma non solo – nei Paesi nordici ve ne sono ancora di più – vivono milioni di animali cosiddetti da compagnia. Basta fare un giro per le strade dei nostri paesi e delle nostre città, per accorgersi che circa una persona su tre, in tutte le ore del giorno, passeggia con un cane al guinzaglio. Sono così tanti che le autorità locali hanno dovuto collocare degli appositi cestini per lo smaltimento dei loro escrementi, anche se molti padroni spesso non se ne curano.

Studiare il rapporto degli uomini con gli animali domestici sarebbe psicologicamente molto interessante e con risvolti che hanno a che fare, più che con questi animali, con i loro padroni. Ma non è questo l’aspetto che in questo articolo ci interessa di più, bensì le conseguenze del nostro comportamento spesso dissennato verso la natura: la regola sistemica e dominante è quella del profitto e solo del profitto.

Per esempio, nelle dispute territoriali di potere tra il Sud Sudan (che fino a qualche anno fa faceva parte dello Stato del Sudan e la cui inutile indipendenza ha causato fame e milioni di morti) e l’Uganda si fomentano e si appoggiano dall’esterno (sarebbe interessante scoprire da chi e come) i guerriglieri dell’Esercito della Resistenza del Signore, molto attivi nella regione del Kiwu, la zona più a oriente della Repubblica Democratica del Congo, perché il suo territorio è ricchissimo di cassiterite, per non parlare dell’oro, del coltan e dei diamanti.

La cassiterite (biossido di stagno, SnO2) è un minerale semplice e innocuo ma fondamentale per tutta l’industria meccanica del mondo, per la produzione del bronzo e di leghe speciali resistenti alla corrosione, alle alte temperature e alle sollecitazioni, quindi indispensabile nelle industrie aeronautiche, navali e spaziali. Le guerre si fanno anche per il controllo delle estrazioni di questi minerali, per non parlare del controllo delle acque che a breve sarà la causa principale di guerre tra diversi Stati del Sud del mondo e non solo.

Carlo Petrini, fondatore dell’associazione Slow Food, recentemente ha affermato che nel giro di poco tempo il cibo e l’acqua verranno valutati come qualsiasi altra mercanzia, da consumare come si consumano le scarpe, i vestiti, gli elettrodomestici e le automobili. Già ora, e non ci riflettiamo, l’acqua potabile imbottigliata al consumo costa più del petrolio.

Nel mondo manca una cultura della produzione alimentare adeguata alle esigenze dell’umanità. Elinor Ostrom, la prima donna a vincere un premio Nobel in Economia nel 2009, affermò che quando l’uomo interagisce con il suo ambiente, dovrebbe fare in modo che le risorse vengano mantenute più a lungo possibile, in primo luogo quelle forestali, della pesca, dei pascoli e delle irrigazioni. Parole, ovviamente, inascoltate.

Tutti devono prendere coscienza di ciò che sta avvenendo nel nostro Pianeta perché quando si capirà la gravità della situazione sarà troppo tardi per ribaltarne le sorti. Questa sensibilità ancora non c’è. Poi ci sono le calamità naturali: inondazioni, smottamenti, terremoti, cambiamenti climatici, lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari.

Secondo delle stime fatte da molti scienziati sullo scioglimento delle calotte polari entro il 2050, la superficie terrestre che verrà sommersa dalle acque, tra l’altro salate, diventerebbe di 2.223.000 Km2,una superficie pari a quella dell’Argentina.

Queste calamità distruggono le piante e il ciclo produttivo dei loro frutti e delle loro foglie fondamentali per gli animali erbivori e frugivori, soprattutto in Sud America. Anche nel Nord del mondo molti animali subiranno la stessa sorte. Infatti, sull’orlo della estinzione sono l’orso polare, il grizzly, daini e uccelli marini di varie specie.

In ultimo parliamo dell’agricoltura estensiva praticata il tutto il mondo. L’irrigazione dei campi avrà un costo che supererà quello della stessa produzione. In sostanza si produrrà sempre in perdita con il risultato di aver già distrutto l’ambiente. Ciò sta accadendo in molti Paesi cosiddetti avanzati europei e non europei. I contributi stanziati dai governi e in Europa dalla Comunità europea saranno sempre maggiori, ai fini di tenere in piedi un sistema fallimentare per far pareggiare i conti agli agricoltori.

Il 60% del bilancio della Comunità europea è destinato per finanziare la produzione (o non produzione) agricola, tanto è vero che gli agricoltori a volte preferiscono non produrre niente, in quanto i fondi europei vengono assegnati in ogni caso anche per i terreni lasciati incolti: un circolo vizioso molto pericoloso per tutti da cui dobbiamo venire fuori.