Legambiente vuole sopprimere l’articolo che spianerebbe la strada al commissariamento

Dopo i fallimenti di Taranto e Piombino, niente scorciatoie per una nuova acciaieria in Friuli

«Non possiamo permetterci di reiterare gli stessi errori del passato, su cui paghiamo pesanti conseguenze»

[20 Settembre 2023]

L’ipotesi di realizzare una nuova acciaieria in Friuli Venezia Giulia continua a non convincere gli ambientalisti di Legambiente, che hanno presentato osservazioni al Ddl 854 per evitare scorciatoie che possano favorire la realizzazione dell’impianto.

Il Ddl riguarda la conversione in legge del Dl 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici; al suo interno, l’art. 13 prevede la possibilità per il Consiglio dei ministri di dichiarare il preminente interesse strategico nazionale di grandi programmi d’investimento esteri sul territorio italiano di valore non inferiore a 1 miliardo di euro, con la conseguente nomina di un Commissario straordinario che possa rilasciare un’autorizzazione unica, in sostituzione di tutti gli atti di assenso necessari alla realizzazione dei programmi di investimento.

Legambiente nazionale, insieme a Legambiente FVG, Puglia e Toscana, chiede dunque la soppressione di tale articolo: «È un provvedimento che interviene sulle scelte industriali del nostro paese, a partire dall’industria di base, a nostro parere sbagliato nel metodo e nel merito».

Secondo gli ambientalisti, si tratta infatti di «un abito cucito su misura» per il progetto di un polo siderurgico in Friuli-Venezia Giulia nella zona industriale dell’Aussa-Corno, area confinante con la Laguna di Marano e Grado; i soggetti proponenti sono la multinazionale ucraina dell’acciaio Metinvest, proprietaria delle acciaierie di Mariupol, e la italiana Danieli, produttore di impianti siderurgici. Quella in ipotesi è una nuova acciaieria con una capacità produttiva che arriverebbe fino a quattro milioni di tonnellate annue.

«Si è voluto superare la contrarietà delle comunità e istituzioni locali sostituendo un procedimento autorizzativo previsto dalla legge con i poteri in deroga dati all’ennesimo commissario straordinario di Governo – spiegano da Legambiente – Lascia a dir poco perplessi che si “imponga” la costruzione di una nuova acciaieria in Italia, di tali dimensioni, quando le crisi degli stabilimenti siderurgici di Taranto e Piombino non vedono alcuna soluzione, con migliaia di lavoratori in cassa integrazione, diventata cronica, e tanti soldi pubblici buttati».

Si rammenta che il sito di Taranto, considerato impianto strategico nazionale e gestito oramai da una società pubblico-privata, aspetta dal 2012 – anno del sequestro degli impianti a caldo – un Piano industriale degno di questo nome; quanto a Piombino, l’acciaieria giace nel limbo da circa 10 anni.

A inizio settembre l’assessore regionale alle Attività produttive del Friuli Venezia Giulia, Sergio Emidio Bini, ha espresso una posizione contraria alla nuova acciaieria, ma di fatto l’ipotesi – magari in un altro sito localizzativo – resta sullo sfondo.

«Legambiente – concludono gli ambientalisti – non è contro la produzione di acciaio nel nostro Paese che utilizzi le migliori tecnologie da destinare a usi civili orientati alla transizione ecologica. Non possiamo però permetterci di reiterare gli stessi errori del passato, su cui paghiamo pesanti conseguenze. Le scelte industriali di un paese manifatturiero, com’è il nostro, non possono essere fatte con provvedimenti improvvisati e maldestri e senza una visione d’insieme».

A tal proposito, il 27 ottobre a Taranto l’associazione organizzerà un convegno sulle politiche industriali nel settore siderurgico e sulle tecnologie che possono accompagnare il processo di decarbonizzazione della produzione.