Rinnovabili, si è conclusa la consultazione pubblica sul decreto Fer X per i nuovi incentivi
Althesys: «Bisogna creare le condizioni perché gli investimenti previsti possano essere realizzati in tempi certi e brevi, ancora oggi spesso non avviene a causa di complessità nei processi autorizzativi»
[25 Settembre 2023]
Mentre è ancora buio pesto sui tempi di pubblicazione del decreto Fer 2, atteso ormai da oltre 1.500 giorni per incentivare le fonti rinnovabili cosiddette “innovative” come geotermia o solare termodinamico, si è conclusa la consultazione pubblica sul decreto Fer X.
Avviata ad agosto dal ministero dell’Ambiente, la consultazione è stata pensata per aprire il dibattito su un provvedimento chiamato a incentivare 62,15 GW di fonti rinnovabili “tradizionali”, quasi esclusivamente fotovoltaico ed eolico.
«Questo decreto rivede e attualizza i meccanismi di supporto “storici” del settore – spiega il ministro Pichetto – Rappresenta un altro tassello della politica ambientale del governo per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al minor costo per il consumatore finale, dando maggiori certezze alle imprese ed incrementando la nostra indipendenza e sicurezza energetica».
Secondo la società di consulenza strategica Althesys, che ha partecipato alla consultazione, sono però molte le lacune del provvedimento; in particolare, per Althesys generalizzare lo strumento dei Contratti per differenza (CfD) per tutti gli impianti di produzione di elettricità verde potrebbe disincentivare gli investimenti rivolti al mercato, come ad esempio gli impianti remunerati sui mercati all’ingrosso dell’energia oppure tramite contratti a lungo termine (Ppa).
Al cuore della consultazione, che si è conclusa oggi, c’erano due tipi di contratti per differenza a due vie: uno centralizzato e l’altro decentralizzato. Nel primo, lo Stato imporrebbe quantitativi di energia, localizzazione e tipo di impianti rinnovabili da installare attraverso procedure competitive dal 2024 al 2028. Nel secondo tipo di contratto, il suo ruolo sarebbe limitato a definire le quantità di energia e la localizzazione, mentre gli operatori sarebbero responsabili della scelta delle tecnologie, affidandosi ai costi minori, alla migliore efficienza e ai tempi più veloci consentiti dal mercato e dal principio di neutralità tecnologica.
«La bozza di decreto Fer X sui contratti per differenza per sostenere gli investimenti nelle rinnovabili è sicuramente un passo avanti rispetto al precedente decreto Fer1, perché cerca di superarne alcuni limiti che ne avevano determinato l’insuccesso parziale. Tuttavi – dichiara l’economista Alessandro Marangoni, ad di Althesys – è necessario gestire con attenzione l’equilibrio tra costi, rischi e obiettivi climatici al fine di garantire un futuro energetico sostenibile, dando certezze di medio-lungo periodo, e lasciando al contempo spazio a strumenti di mercato».
Sotto questo profilo, Althesys sottolinea che la generazione è solo una parte nel disegno di una strategia di decarbonizzazione, che richiede anche ingenti investimenti in infrastrutture, reti e accumuli. Le scelte non possono pertanto più basarsi solo sull’analisi del Lcoe, cioè del costo per produrre il chilowattora, ma devono valutare l’intero costo “franco destino, cioè al punto di consumo”, analogo al Valcoe introdotto dall’Agenzia internazionale dell’energia (Iea): «La sfida è trasferire questo concetto, che è di sistema, nelle scelte di investimento degli operatori», dichiarano da Althesys.
Non che cambi molto, dal punto di vista delle priorità tecnologiche per la decarbonizzazione. Nel contesto europeo, la Iea prende in esame sei opzioni stimandone il Valcoe al 2030 e al 2050: nucleare (120 dollari per MWh nel 2030 e 105 USD/MWh nel 2050), carbone (215 USD/MWh nel 2030, fuori mercato nel 2050), gas (220 USD/MWh nel 2030, fuori mercato nel 2050), fotovoltaico (80 USD/MWh nel 2030 e nel 2050), eolico onshore (60 USD/MWh nel 2030 e nel 2050), eolico offshore (45 USD/MWh nel 2030, 40 USD/MWh nel 2050).
Il problema semmai è quello di mettere effettivamente a terra i nuovi impianti rinnovabili richiesti dalla transizione ecologica, dato che in Italia continuano ad avanzare a passo di lumaca rendendo vani anche gli incentivi economici.
«Bisogna creare le condizioni perché gli investimenti previsti (che già sono molto consistenti) possano essere realizzati in tempi certi e brevi – sottolinea nel merito Marangoni – Ciò che ancora oggi spesso non avviene a causa di complessità nei processi autorizzativi».