Livelli di contaminazione fino a 10 volte più alti rispetto al limite consentito
Acque potabili inquinate da Pfas, da Greenpeace sei esposti in Procura per la Lombardia
Su 31 campioni analizzati dall’associazione ambientalista, un terzo rivela presenza di Pfas e quattro superano i limiti della direttiva Ue 2020/2184
[5 Ottobre 2023]
Il 35% dei campioni di acqua potabile raccolti a maggio da Greenpeace in tutte province lombarde – per la maggior parte da fontane pubbliche, spesso presso “punti sensibili” come scuole o parchi giochi – rivela la presenza di inquinamento da Pfas.
Si tratta di composti poli e perfluoroalchilici, noti come “inquinanti eterni”: sostanze chimiche di sintesi utilizzate in un’ampia varietà di applicazioni di uso comune grazie alle loro proprietà idro- e oleo-repellenti oltre che ignifughe, dai rivestimenti delle scatole dei fast food e delle pentole antiaderenti, alle schiume antincendio.
Una volta dispersi nell’ambiente però i Pfas si degradano in tempi lunghissimi, contaminando fonti d’acqua e coltivazioni: l’esposizione ai Pfas è stata associata a una serie di effetti negativi sulla salute, tra cui problemi alla tiroide, diabete, danni al fegato e al sistema immunitario, cancro al rene e ai testicoli e impatti negativi sulla fertilità.
Guardando ai campioni raccolti da Greenpeace in Lombardia e analizzati da un laboratorio indipendente, in quattro casi è stata riscontrata una contaminazione da Pfas superiore al limite della direttiva europea 2020/2184, pari a 100 nanogrammi per litro: «È avvenuto a Caravaggio e Mozzanica, in provincia di Bergamo, e a Corte Palasio e Crespiatica, in provincia di Lodi», dettagliano dall’associazione ambientalista.
Si tratta di concentrazioni che richiedono «un intervento immediato», come avvenuto di recente in casi simili in altre regioni italiane: lo scorso luglio, per esempio, a Montebello Vicentino (in provincia di Vicenza) la presenza di valori superiori a 100 nanogrammi per litro ha portato a sospendere per alcuni giorni l’erogazione dell’acqua potabile al fine di evitare rischi per la salute.
In particolare a Crespiatica risulta una concentrazione di Pfas pari a oltre «1.000 nanogrammi per litro», ovvero oltre dieci volte il limite europeo; in presenza di concentrazioni analoghe, oltre venti comuni veneti furono inseriti dalla Regione nella cosiddetta “area rossa” e la popolazione fu sottoposta a screening sanitari per verificare l’insorgenza di patologie associate ai Pfas.
Nei restanti sette campioni lombardi risultati contaminati, le analisi hanno evidenziato concentrazioni comprese tra 12 nanogrammi litro (Pontirolo Nuovo, Bergamo) e 54 nanogrammi litro (Mariano Comense, Como). In cinque dei sette casi (Capriolo, Somma Lombardo, Mariano Comense, via Civitavecchia e via Cusago a Milano) le concentrazioni erano superiori ai valori più cautelativi per la salute umana vigenti in Danimarca o proposti negli Usa.
Per questo Greenpeace ha presentato sei esposti destinati alle Procure lombarde di riferimento per le province dove sono stati raccolti gli 11 campioni di acqua potabile in cui è stata rilevata la presenza di Pfas: Bergamo, Brescia, Como, Milano, Lodi, Varese.
In particolare, l’organizzazione ambientalista ha chiesto alle Procure interessate di “adottare i provvedimenti cautelari necessari ad impedire il protrarsi della somministrazione di acque contenenti Pfas alla popolazione”. Al contempo, la richiesta a Governo e Parlamento è quella di varare in tempi brevi un provvedimento che vieti l’uso e la produzione di tutti i Pfas sul territorio nazionale.
«Per limitare i rischi dei Pfas – argomenta Giuseppe Ungherese per Greenpeace – sono necessarie campagne di monitoraggio capillari e periodiche, basate sulla trasparenza e la condivisione dei dati con la cittadinanza, e interventi concreti per tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini. A nostro avviso, in molti casi le istituzioni lombarde preposte sono manchevoli: per questo abbiamo presentato una serie di esposti presso le Procure competenti».