Azerbaigian, Palestina e Algeria: che fine farà l’hub del gas di Giorgia Meloni?
L’illusione di un Piano Mattei con le dittature fossili
[9 Ottobre 2023]
Con 491 voti favorevoli, 9 contrari e 36 astensioni, il Parlamento europeo ha condannato «fermamente l’attacco militare programmato e ingiustificato dell’Azerbaigian contro il Nagorno-Karabakh del 19 settembre», che «costituisce una grave violazione del diritto internazionale e dei diritti umani, oltre a una chiara violazione dei precedenti tentativi di raggiungere un cessate il fuoco». Oltre 100.000 armeni sono stati costretti a fuggire dall’enclave in seguito all’ultima offensiva azera e gli eurodeputati a denunciano che «l’attuale situazione equivale a una pulizia etnica e condannano fermamente le minacce e le violenze commesse dalle truppe azere contro gli abitanti armeni del Nagorno-Karabakh.
Inoltre, gli eurodeputati chiedono all’Ue e agli Stati membri di «offrire immediatamente tutta l’assistenza necessaria all’Armenia, per far fronte all’afflusso di rifugiati dal Nagorno-Karabakh e alla conseguente crisi umanitaria» e ad «adottare sanzioni mirate contro i funzionari governativi di Baku, responsabili di molteplici violazioni del cessate il fuoco oltre a violazioni dei diritti umani nel Nagorno-Karabakh. Nonostante l’Azerbaigian abbia la completa responsabilità di garantire la sicurezza e il benessere di tutte le persone nell’enclave, i deputati chiedono indagini sugli abusi commessi dalle truppe azere, che possono costituire crimini di guerra. Dopo la preoccupazione causata dalle dichiarazioni irredentiste e provocatorie del presidente azero, Llham Aliyev, e degli altri funzionari azeri che minacciano l’integrità territoriale dell’Armenia, i deputati sollecitano Baku ad allontanarsi da qualsiasi potenziale “avventurismo militare” e chiedono alla Turchia di frenare il suo alleato».
Per questo, il Parlamento europeo «invita l’Ue a procedere a una revisione globale delle sue relazioni con Baku. Sviluppare un partenariato strategico con un paese come l’Azerbaigian, che viola gravemente il diritto internazionale, gli impegni internazionali e che inoltre ha una situazione allarmante in materia di diritti umani, è incompatibile con gli obiettivi della politica estera dell’Ue». I deputati europei esortano dunque l’Ue a sospendere qualsiasi negoziato sul rinnovo del partenariato con Baku e, se la situazione non dovesse migliorare, a prendere in considerazione la possibilità di sospendere l’applicazione dell’accordo di facilitazione per l’ottenimento dei visti europei con l’Azerbaigian».
Ma la cosa più clamorosa chiesta dal Parlamento europeo è l’invito all’Ue a «ridurre la sua dipendenza dalle importazioni di gas azero e, in caso di aggressione militare o di attacchi ibridi significativi contro l’Armenia, i deputati si dichiarano a favore di una sospensione completa delle importazioni da parte dell’Ue di petrolio e gas azeri». In Italia, fra l’ottobre 2022 e il marzo 2023, il 34% del gas è arrivato dall’Algeria (25% Gnl), il 16% dall’Azerbaigian, l’11% del Nord Europa e il 5% dalla Libia.
Sono passati 2 giorni dal voto all’Europarlamento sull’occupazione de territori armeni e Hamas ha scatenato il sanguinario attacco armato contro Israele che ha risposto bombardando a tappeto la Striscia di Gaza e provocando un moto di solidarietà di tutti i Paesi arabi dai quali l’Europa e l’Italia – che si sono subito schierati con Israele – ha aumentato le importazioni di gas e petrolio in funzione anti-russa dopo l’invasione dell’Ucraina.
Tra i più decisi nell’appoggio da Hamas c’è il regime algerino, uno dei gangli principali della strategia dell’hub del gas riconfermata ad ogni piè sospinto da Giorgia Meloni che in questo periglioso percorso tra Paesi in guerra e dittature amiche e nemiche viene amorevolmente accompagnata da Eni.
L’Algeria è inoltre un alleato di ferro – anche militarmente – della Russia che si vorrebbe boicottare ed è sospettata di triangolazioni per rivendere gas e petrolio russi “proibiti” agli stessi Paesi occidentali che fanno la fila per comprare gas e petrolio algerino.
Anche altri Paesi che fanno parte dell’hub del gas e del “Piano Mattei” meloniano si sono subito schierati con Hamas e i palestinesi, a cominciare dal Qatar che detiene una buona quota di gas GNL verso l’Europa e dall’Egitto che condivide e si litiga con Israele, Turchia, Libia, Grecia, Cipro, Libano e Siria i giacimenti di gas del Mediterraneo orientale sui quali puntano molto Eni e governo, così tanto da mantenere cordialissimi rapporto con un regime che tortura e uccide i suoi oppositori e che ha massacrato Giulio Regeni.
Il voto dell’europarlamento sul Nagorno-Karabakh e l’Azerbaigian, se ripetuto per tutti gli inguardabili regimi come quello azero con i quali facciamo lucrosi affari chiudendo gli occhi quando corre il sangue, tappandosi le orecchie di fonte alle urla di torturati e profughi, tacendo di fronte alla violazione di diritti umani di cittadini e migranti, sarebbe devastante per l’hub del gas Italiano. Ma anche un minimo di coerenza del comportamento da tenere su quel che sta accadendo nel Caucaso armeno occupato e circondato e quel che succede nella Palestina occupata e circondata, porterebbe alle stesse conseguenze e a una nuova crisi energetica che vedrebbe il nostro Paese al centro di un clamoroso fallimento che già si profilava per un’iniziativa azzardata e fuori tempo.
Sembra esserne consapevole anche il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso che, intervistato da Rai News 24, ha detto che l’attacco ad Israele crea «una situazione di emergenza che rischia di far esplodere altre problematiche, per esempio per l’energia. Così come è accaduto per la guerra di Russia in Ucraina per il gas, così potrebbe accadere di nuovo perché da quei paesi dal Nord Africa arrivano altre risorse. Dobbiamo capire anche se dobbiamo pensare all’autonomia energetica del nostro Paese».
E’ la maledizione dei combustibili fossili, la levatrice di cento guerre e della giustificazione di mille ingiustizie. Qualcosa dalla quale un Paese democratico dovrebbe rifuggire perché i dittatori “amici” hanno la strana abitudine di fregarsene di essere “presentabili”, in Azerbaigian come in Tunisia, in Algeria come in Libia e nelle monarchie assolute del Golfo o nei Paesi del Sahel dove scorrazzano militari golpisti armati con armi occidentali ed addestrati made in Italy ed Ue.
E se la crisi israelo-palestinese infettasse ancora di più i Paesi vicini potremmo assistere a qualcosa di molto peggio dell’austerity degli anni ’70, con l’Italia indifesa e in ritardo perché, invece di investire su un rapido affrancamento dalla dipendenza dai combustibili fossili, si balocca con un già superato hub del gas e con un’improbabile e costosa favola del rinascimento nucleare nel Paese dei terremoti, del dissesto idrogeologico e dei ritardi infiniti.
U. M.