L’ampliamento del Parco nazionale della Val Grande e il 30% di aree protette
Sammuri: se l’Italia non mette presto le mani in modo importante alla strategia 2030 il raggiungimento del 30% diventa un’utopia
[16 Ottobre 2023]
L’11 ottobre scorso, sulla gazzetta ufficiale, è stato pubblicato il decreto del Presidente della repubblica 18-7-2023 con il quale veniva sancito l’ampliamento del Parco Nazionale della Val grande. E’ un risultato importante, anche perché nasce da una proposta che viene dal territorio, formulata dalla comunità del parco, che ha la sua componente principale nei sindaci, oltre che la presenza della provincia e della regione. Mi piace sottolineare quest’aspetto perché c’è ancora chi vorrebbe una gestione dei parchi nazionali centralistica, magari con un’agenzia non meglio identificata, con la convinzione, tutta da dimostrare, che se si sta a Roma si è meno inclini alle pressioni che possono creare nocumento all’ambiente. C’è chi si è spinto anche oltre dipingendo i sindaci come i nuovi barbari, mentre invece se si mettesse tutto in mano ad una “mente illuminata” che sta a Roma la conservazione della natura sarebbe garantita.
Bene questa della Val Grande è l’esatta dimostrazione del contrario, l’ampliamento lo hanno proposto e voluto i sindaci, sia quelli che erano già nel parco, sia i tre che ci volevano entrare.
Conoscendo la storia sin dall’inizio voglio fare i complimenti ai due presidenti che si sono succeduti alla guida della Val Grande: Massimo Bocci, che lo era quando la proposta si è concretizzata e Luigi Spadone che da quando è subentrato l’ha considerata una vera priorità. Voglio anche ricordare l’importante lavoro svolto dal senatore Enrico Borghi, parlamentare del territorio, che ha sposato la causa sin dall’inizio.
Detto delle luci che ci sono su questa bella notizia, vorrei parlare delle ombre che questa vicenda evidenzia.
Da quel 13 Dicembre 2019, quando la comunità del parco formalizzò la richiesta, ci sono voluti quasi 4 anni con 3 ministri diversi, perché la cosa si concretizzasse.
Una proposta sulla quale gli “oppositori” erano veramente pochi e che era spinta fortemente dal territorio.
Entro il 2030 dobbiamo raggiungere il 30% del territorio protetto in Italia, sia a terra che a mare.
Perché lo dobbiamo fare? Per gli impegni che sono stati presi in sede della Convenzione per Diversità Biologica di Montreal dello scorso dicembre dove 192 paesi del mondo, tra cui l’Italia, hanno sottoscritto il cosiddetto “Piano 2030” che impegna i singoli paesi, tra le altre cose, a raggiungere il 30% di territorio protetto entro il 2030. Questa indicazione è stata formalmente recepita con l’approvazione, lo scorso agosto, da parte del Ministro dell’ambiente della “Strategia italiana per la biodiversità” che peraltro per quest’aspetto è coerente con quella europea.
Oggi in Italia le aree protette terrestri ricoprono meno del 21% del territorio nazionale. In termini di ettari per aggiungere quel 9% abbondante che manca ce ne vogliono 2.710.000 circa.
L’ampliamento della Val Grande, con i suoi 2.423 ettari ha coperto lo 0,09% della superficie nuova da rendere protetta e ci sono voluti 4 anni.
Il 2030 sembra lontano, ma con questi tempi e dovendo trovare altri. 2,7 milioni di ettari c’è poco da stare allegri. Oltretutto, tanto per rimanere in tema, 2 parchi nazionali sono stati istituiti nel 2017, Portofino e Matese, ma ancora, 6 anni dopo, non ci sono. In questo caso i ministri che si sono succeduti salgono a 4. Peraltro, con le proposte che sono sul tavolo, il Parco di Portofino non dovrebbe far guadagnare nemmeno mezzo ettaro, con la semplice trasformazione dell’area del parco regionale in nazionale. Quello del Matese probabilmente non granché, essendo anche lì l’ossatura costituta da una parco regionale.
In definitiva se l’Italia non mette presto le mani in modo importante alla strategia 2030 il raggiungimento del 30% diventa un’utopia e l’ennesima procedura d’infrazione in campo ambientale da parte dell’UE, inevitabile; del resto in questo campo siamo primatisti europei…
Forse andrebbe costituita una task force per fare come si fece negli anni ‘90, quando, sulla spinta della legge 394/91 furono istituiti (veramente) una quindicina di parchi nazionali.
di Giampiero Sammuri
Presidente Parco Nazionale Arcipelago Toscano