500 milioni di persone verso la povertà estrema in un mondo sempre più ingiusto

Salario dignitoso e protezione sociale per tutti. «Usiamo la dignità come bussola»

[18 Ottobre 2023]

In occasione dell’International Day for the Eradication of Poverty, il segretario generale dell’Onu António Guterres ha sottolineato che «Quasi 700 milioni di persone vivono con meno di 2,15 dollari al giorno e oltre un miliardo non ha accesso a beni di prima necessità come cibo, acqua, assistenza sanitaria e istruzione. Altri miliardi non hanno servizi igienici e accesso all’energia, al lavoro, agli alloggi e alle reti di sicurezza sociale. La situazione è aggravata dai conflitti, dalla crisi climatica, dalla discriminazione e dall’esclusione, in particolare contro le donne e le ragazze».

Secondo Guterres, «Un sistema finanziario globale obsoleto e ingiusto porterà quasi 500 milioni di persone a vivere in condizioni di estrema povertà nel 2030, cosa che è semplicemente inaccettabile. Porre fine alla povertà è la sfida del nostro tempo. Ma è una sfida che possiamo vincere».

Quest’anno la giornata internazionale per l’eradicazione della povertà aveva come tema “Decent Work and Social Protection: Putting Dignity in Practice for All” e la concept note dell’Onu pubblicata nell’occasione sottolinea che «Le persone che vivono in condizioni di povertà estrema, molte delle quali lavorano nell’economia informale – senza essere registrate, non riconosciute e non tutelate dalla legislazione sul lavoro – si trovano ad affrontare condizioni difficili e pericolose. I più esclusi non hanno altra scelta che accettare situazioni inaccettabili e sono spesso visti e trattati come “usa e getta”. Nonostante lavorino per molte ore, non riescono a guadagnare abbastanza per mantenere se stessi e le loro famiglie». L’International Labour Organisation (ILO) stima che quasi due terzi della popolazione attiva mondiale, oltre due miliardi di persone, siano lavoratori informali, con il lavoro nero che tocca i livelli più alti in America Latina e Africa sub-sahariana. Nel 2020, solo il 46,9% della popolazione mondiale era coperta da almeno una prestazione di protezione sociale, mentre più della metà della popolazione mondiale era completamente priva di protezione.

Ma, mentre in Italia ci si scontra sul salario minimo, i tafglia alla sanità e ai servizi  e l’evasione fiscale, la concept note Onu ricorda che «Il lavoro informale è presente anche nei Paesi ad alto reddito, soprattutto tra i lavoratori emarginati e privi di documenti. E anche coloro che hanno accesso alla protezione sociale spesso soffrono dello stigma e del controllo che ne derivano. Per le persone che vivono in condizioni di povertà persistente, la mancanza di condizioni di lavoro dignitose e di una protezione sociale rispettosa crea insicurezza che nega loro di assumersi la responsabilità della propria vita e le espone allo sfruttamento, all’umiliazione e a sentimenti di inutilità che impediscono loro di partecipare pienamente alle loro comunità».

E a chi volesse capire le ragioni dell’emigrazione converrebbe leggersi le stime della Banca Mondiale, secondo le quali «Nei prossimi 10 anni un miliardo di giovani cercheranno di entrare nel mercato del lavoro, ma meno della metà di loro troverà effettivamente un lavoro formale. Le persone direttamente colpite dalla povertà estrema si troveranno ad affrontare la discriminazione, non potendo ottenere un lavoro dignitoso a causa del loro status socioeconomico, dei livelli più bassi di istruzione e formazione ricevuti e dello stigma legato alla povertà».

L’Unicef avverte che «Nei Paesi meno sviluppati, poco più di un bambino su 4 (dai 5 ai 17 anni) è impegnato in un lavoro dannoso per la sua salute e il suo sviluppo, mettendo a repentaglio la possibilità di far uscire se stesso e le sue famiglie dalla povertà». La discriminazione è avvertita anche dalle donne, che secondo l’ILO costituiscono il 58% della forza lavoro in nero: «Le donne sono probabilmente le meno pagate, le più emarginate e le più esposte alle molestie sessuali sul lavoro. Nonostante il lavoro delle donne contribuisca all’economia, al benessere degli individui, delle famiglie e delle società, il lavoro di cura e quello domestico non sono retribuiti, sottovalutati e esclusi dalle agende politiche. Allo stesso modo, anche i più esclusi tra noi svolgono lavori utili, spesso in condizioni precarie. Sono stati, ad esempio, in prima linea nella tutela dell’ambiente e all’avanguardia nella riparazione, riutilizzo e riciclo molto prima che il concetto di “economia circolare” diventasse popolare. Nonostante il loro contributo economico, sociale e ambientale, il loro lavoro non è riconosciuto o respinto dalla società».

La concept note  sembra riprendere suggestioni di Papa Francesco quando scrive: «La dignità della persona umana è intrinseca, eppure l’esperienza vissuta delle persone in povertà, la realtà della loro situazione, l’accesso a un lavoro dignitoso e alla protezione sociale sono ben lontani dalla promessa del diritto al lavoro e a una vita dignitosa sancita dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e riaffermata nell’Agenda 2030 per porre fine alla povertà in tutte le sue forme ovunque. Il confronto con la realtà è tanto più scioccante se si considera l’enorme ricchezza, il know-how e i progressi tecnologici che avrebbero potuto porre fine alla povertà già molti decenni fa. Tuttavia, le istituzioni sociali discriminatorie, i sistemi, le leggi, le politiche e le azioni ingiuste fanno sì che la povertà persista e le disuguaglianze aumentino».

La Giornata internazionale per l’eliminazione della povertà del 2023 ha voluto mettere in evidenza «Il “lavoro dignitoso” e la “protezione sociale” strettamente collegati come fattori trainanti per porre fine alla povertà e raggiungere nella pratica la dignità».

L’ILO definisce il lavoro dignitoso come «Lavoro produttivo per donne e uomini in condizioni di libertà, equità, sicurezza e dignità umana» e il report Onu ribadisce che «Garantire che i posti di lavoro consentano alle donne e agli uomini di lavorare in condizioni di dignità è fondamentale per porre fine alla povertà. Il lavoro dignitoso deve essere compreso nel contesto di una vita dignitosa e affrontare le dimensioni nascoste della povertà, il maltrattamento sociale e istituzionale, i contributi non riconosciuti che indeboliscono le persone che vivono in povertà e causano sofferenza nel corpo, nella mente e nel cuore. Affrontando le dimensioni nascoste, il lavoro dignitoso combatte l’esclusione sociale e promuove la coesione invitando gli individui esclusi, coloro che sono stati lasciati indietro, a rientrare nella vita pubblica. Fornisce un ambiente favorevole al contesto non giudicante, aiutando gli individui più esclusi ad accedere a posti di lavoro dignitosi in luoghi vicini a dove vivono. Il lavoro dignitoso trasforma le relazioni di potere ineguali riconoscendo il lavoratore come titolare di diritti che ha bisogno di essere sostenuto e fornito di l’istruzione e la formazione necessarie per svolgere il proprio lavoro, che ha diritto a un salario giusto, alla sicurezza sociale e a condizioni di lavoro sicure. Il lavoro dignitoso è un lavoro che conferisce potere e consente loro il controllo sul reddito guadagnato. La sicurezza del reddito che deriva dalla protezione sociale fornisce alle persone la possibilità di pianificare con fiducia il proprio futuro. Inoltre, la dignità del lavoro rispetta il lavoratore senza discriminazioni, considerandolo quindi il lavoro come “portatore di umanità”».

Mentre in tutto il mondo viene erosa la sanità pubblica, l’Onu ci ricorda che la protezione sociale universale (USP) è essenziale: «Il viaggio della vita è pieno di incertezze e tutti, compresi coloro che sono al di fuori della forza lavoro (ad esempio bambini, anziani e persone inabili al lavoro), hanno diritto alla sicurezza del reddito, ad essere protetti contro la povertà e rischi per la vita e il benessere. Gli Stati sono tenuti a impiegare il massimo delle risorse disponibili per rendere la protezione sociale una realtà per tutti. Chiunque necessiti di protezione sociale dovrebbe potervi accedere e dovrebbero essere affrontati gli ostacoli all’accesso ai diritti di protezione sociale. Nel fare questo, occorre prestare particolare attenzione ai più esclusi e alle persone intrappolate nella povertà estrema, alcune delle quali non esercitano i propri diritti a causa della mancanza di identità legale o della vergogna associata all’essere poveri. Nel progettare e rendere operativi i sistemi di protezione sociale universale, gli Stati devono coinvolgere i titolari dei diritti per garantire un’effettiva adozione da parte di coloro che ne hanno bisogno».

La concept note  Onu conclude: Nei nostri sforzi per andare avanti, usiamo la dignità come bussola, in modo che il raggiungimento dei diritti umani fondamentali e della giustizia sociale sia al centro del processo decisionale nazionale e globale. Usare la dignità come bussola aiuterà anche a plasmare un’economia globale che dia priorità al benessere delle persone e del pianeta rispetto alla massimizzazione dei profitti delle corporations e garantisca giustizia sociale, pace e prosperità. Per andare avanti sono necessarie partnership forti. A questo proposito, dovrebbero essere sostenute i laGlobal Partnership for Universal Social Protection, e la Global Coalition for Social Justice per ridurre e prevenire le disuguaglianze».