Il dibattito sulla guerra israelo-palestinese al Consiglio di sicurezza dell’Onu

Guerra di Gaza: Israele chiede le dimissioni del segretario generale dell’Onu

Guterres: il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione

[25 Ottobre 2023]

Intervenendo a margine del dibattito aperto trimestrale del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul conflitto in corso tra Israele e Palestina, l’ambasciatore israeliano all’Onu Gilad Erdan ha scritto su X, ex Twitter, che «Un Segretario Generale delle Nazioni Unite, che mostra comprensione per la campagna di sterminio di massa di bambini, donne e anziani, non è adatto a guidare le Nazioni Unite. Lo invito a dimettersi immediatamente. Non vi è alcuna giustificazione né senso parlare con coloro che mostrano compassione per le più terribili atrocità commesse contro i cittadini di Israele e il popolo ebraico».

Dopo aver chiesto ad António Guterres in che mondo vivesse, Erdan, ha aggiunto che «Il discorso scioccante di Guterres è la prova che il segretario generale è completamente disconnesso dalla realtà della nostra regione e che vede il massacro commesso dai terroristi nazisti di Hamas in modo distorto e immorale».

Il ministro degli esteri israeliano Eli Cohen, dopo aver annullato un incontro bilaterale programmato con Guterres, ha rincarato la dose: «La sua dichiarazione secondo cui “gli attacchi di Hamas non sono avvenuti nel vuoto” esprime comprensione per il terrorismo e l’omicidio. E’ davvero insondabile. E’ davvero triste che il capo di un’organizzazione nata dopo l’Olocausto abbia opinioni così orribili. Una tragedia!». Poi ha ribadito che non avrebbe più incontrato il segretario generale dell’Onu: «Dopo il 7 ottobre non c’è spazio per un approccio equilibrato. Hamas deve essere spazzato via dal mondo!».

Ma cosa ha detto di così grave Guterres nel suo discorso introduttivo al Consiglio di sicurezza? Più o meno quel che hanno detto anche gli ambasciatori della maggioranza dei Paesi intervenuti, compresi alcuni alleati di Israele.

Secondo Guterres «La situazione in Medio Oriente diventa di ora in ora più grave. La guerra a Gaza infuria e rischia di estendersi a tutta la regione.  Le divisioni stanno frammentando le società. Le tensioni minacciano di esplodere. In un momento cruciale come questo, è fondamentale essere chiari sui principi, a cominciare dal principio fondamentale del rispetto e della protezione dei civili. Ho condannato inequivocabilmente gli atti di terrore terrificanti e senza precedenti compiuti da Hamas in Israele il 7 ottobre. Niente può giustificare l’uccisione deliberata, il ferimento e il rapimento di civili – o il lancio di razzi contro obiettivi civili. Tutti gli ostaggi devono essere trattati umanamente e rilasciati immediatamente e senza condizioni. Noto con rispetto la presenza tra noi di membri delle loro famiglie».

Quello che ha fatto arrabbiare il governo di estrema destra israeliano è che il capo dell’Onu abbia fatto notare che «E’ importante riconoscere anche che gli attacchi di Hamas non sono avvenuti nel vuoto. Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione. Hanno visto la loro terra costantemente divorata dagli insediamenti e piagata dalla violenza; la loro economia soffocata; la loro gente è stata sfollata e le loro case demolite. Le loro speranze per una soluzione politica alla loro situazione sono svanite. Ma le lamentele del popolo palestinese non possono giustificare gli spaventosi attacchi di Hamas. E questi terribili attacchi non possono giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese».

Una posizione equilibrata ma che rompe con la propaganda di guerra israeliana (e di gran parte della stampa occidentale) che punta a identificare il popolo palestinese con Hamas, soprattutto  quando Guterres ricorda che «Anche la guerra ha delle regole. Dobbiamo esigere che tutte le parti sostengano e rispettino i loro obblighi ai sensi del diritto umanitario internazionale; prestare costante attenzione nella conduzione delle operazioni militari per risparmiare i civili; rispettare e proteggere gli ospedali e rispettare l’inviolabilità delle strutture delle Nazioni Unite che oggi danno rifugio a più di 600.000 palestinesi. L’incessante bombardamento di Gaza da parte delle forze israeliane, il livello delle vittime civili e la distruzione totale dei quartieri continuano ad aumentare e sono profondamente allarmanti».

E proprio questa presenza imbarazza e infastidisce Israele e la sua narrazione unidirezionale, ma il segeetario generale dell’Onu l’ha ricordata in tutta la sua luttuosa concretezza; «Piango e onoro le dozzine di colleghi delle Nazioni Unite che lavorano per l’UNRWA – purtroppo almeno 35 e oltre – uccisi nel bombardamento di Gaza nelle ultime due settimane. Devo alle loro famiglie la mia condanna per questi e molti altri omicidi simili. La protezione dei civili è fondamentale in qualsiasi conflitto armato. Proteggere i civili non può mai significare usarli come scudi umani. Proteggere i civili non significa ordinare a più di un milione di persone di evacuare verso il sud, dove non ci sono ripari, cibo, acqua, medicine e carburante, e poi continuare a bombardare il sud stesso. Sono profondamente preoccupato per le evidenti violazioni del diritto umanitario internazionale a cui stiamo assistendo a Gaza. Vorrei essere chiaro: nessuna delle parti coinvolte in un conflitto armato è al di sopra del diritto umanitario internazionale. Per fortuna, alcuni aiuti umanitari stanno finalmente arrivando a Gaza. Ma è una goccia di aiuto in un oceano di bisogno. Inoltre, le nostre scorte di carburante delle Nazioni Unite a Gaza si esauriranno nel giro di pochi giorni. Sarebbe un altro disastro. Senza carburante, gli aiuti non possono essere consegnati, gli ospedali non avranno elettricità e l’acqua potabile non può essere purificata e nemmeno pompata. La popolazione di Gaza ha bisogno di una fornitura continua di aiuti a un livello che corrisponda agli enormi bisogni. Tali aiuti devono essere forniti senza restrizioni. Rendo omaggio ai nostri colleghi delle Nazioni Unite e ai partner umanitari a Gaza che lavorano in condizioni pericolose e rischiano la vita per fornire aiuti a chi ne ha bisogno. Sono un’ispirazione. Per alleviare sofferenze epiche, rendere la consegna degli aiuti più semplice e sicura e facilitare il rilascio degli ostaggi, ribadisco il mio appello per un cessate il fuoco umanitario immediato».

E al governo israeliano, i cui ministri teorizzano – e praticano –l’apartheid e la cacciata dei Palestinesi dai Territori Occupati, non è certamente piaciuta la chiusura del discorso di Guterres: «Anche in questo momento di pericolo grave e immediato, non possiamo perdere di vista l’unico fondamento realistico per una vera pace e stabilità: una soluzione a due Stati. Gli israeliani devono vedere concretizzate le loro legittime esigenze di sicurezza, e i palestinesi devono vedere realizzate le loro legittime aspirazioni per uno Stato indipendente, in linea con le risoluzioni delle Nazioni Unite, il diritto internazionale e gli accordi precedenti. Infine, dobbiamo essere chiari riguardo al principio della tutela della dignità umana. La polarizzazione e la disumanizzazione sono alimentate da uno tsunami di disinformazione. Dobbiamo opporci alle forze dell’antisemitismo, del bigottismo anti-musulmano e di tutte le forme di odio. Oggi è la Giornata delle Nazioni Unite e si celebrano i 78 anni dall’entrata in vigore della Carta delle Nazioni Unite. Quella Carta riflette il nostro impegno condiviso per promuovere la pace, lo sviluppo sostenibile e i diritti umani. In questa Giornata delle Nazioni Unite, in questo momento critico, faccio appello a tutti affinché si tirino indietro prima che la violenza mieta  ancora più vite e si diffonda ulteriormente».

La reazione di israele è stata “costruita” successivamente e fa parte di un’evidente strategia per impedire all’Onu di esercitare sia un’opera di mediazione che di testimonianza e assistenza a Gaza e in Cisgiordania. Infatti intervenendo al Consiglio di sicurezza dopo Guterres, il ministro degli esteri israeliano Cohen non era stato così duro verso le argomentazioni del segretario generale dell’Onu. Aveva mostrato un collage delle foto delle persone rapite da Hamas e aggiunto che «La situazione degli ostaggi è un incubo vivente. Ricordando che l’attacco del 7 ottobre contro Israele, «Passerà alla storia come un brutale massacro e un campanello d’allarm” contro l’estremismo e il terrorismo. Hamas sono i nuovi nazisti. Chiedo l’accesso immediato agli ostaggi e il loro rilascio incondizionato».

Poi Cohen ha detto che il Qatar potrebbe facilitare questo rilascio: «Voi, membri della comunità internazionale, dovreste chiedere al Qatar di fare proprio questo. Il meeting dovrebbe concludersi con un messaggio chiaro: riportateli a casa».

Una richiesta imbarazzante per molti alleati di Israele – a partire dall’Italia – che fanno affari d’oro con una monarchia petrolifera assoluta che gli israeliani accusano – a ragione – di essere il maggior sostenitore di Hamas.  Ancora più imbarazzante visto che Coehen cerca di trasformare l’eterno conflitto israelo-palestinese in uno scontro di civiltà: «Israele ha il diritto e il dovere di difendersi. Non è solo la guerra di Israele. E’ la guerra del mondo libero. La risposta proporzionale al massacro del 7 ottobre è una questione di sopravvivenza. Ringrazio le nazioni per aver sostenuto Israele. Vinceremo perché questa guerra è per la vita; questa guerra deve essere anche la vostra guerra. In questo momento, il mondo si trova di fronte a una chiara scelta di chiarezza morale. Si può far parte del mondo civilizzato o essere circondati dal male e dalla barbarie. Non esiste una via di mezzo. Se tutte le nazioni non sostengono con decisione la missione di Israele di eliminare i mostri dalla faccia della Terra, questa sarà l’ora più buia dell’Onu che non avrà alcuna giustificazione morale per esistere». Poi è partito l’attacco a Guterres.

Tirata in ballo, l’ambasciatrice del Qatar all’Onu. Alya Ahmed Saif Al-Thani, ha ricordato che «In molte occasioni il mio  Paese negli ultimi mesi ha espresso cautela contro l’intensificazione delle politiche israeliane, compresi i tentativi di cambiare lo status quo storico e lo status quo geografico. dei luoghi santi di Gerusalemme. Nelle ultime due settimane ha lanciato appelli e instancabili sforzi diplomatici per la mediazione e il dialogo verso una soluzione pacifica del conflitto».

Dopo aver sottolineando gli sforzi del Qatar per il rilascio degli ostaggi dalla Striscia di Gaza, la Al-Thani ha detto che «Il Qatar respinge fermamente le parole di Israele che ha dato una falsa immagine degli sforzi di mediazione del mio Paese, che sono stati accolti favorevolmente dai Paesi amici, dall’Onu  e dai partner internazionali. Il sostegno fornito dal Qatar ai civili a Gaza copre il sostegno umanitario e allo sviluppo per la distribuzione degli aiuti delle Nazioni Unite e fa parte del suo obbligo umanitario e morale nei confronti del popolo palestinese. Il suo sostegno è anche una risposta agli appelli dei partner internazionali che hanno invitato il mio Paese a svolgere un ruolo di primo piano per raggiungere la stabilità a Gaza e nella regione».

Riyad al-Maliki, ministro degli esteri dell’Autorità Nazionale Palestinese, ha dichiarato che «Il Consiglio di Sicurezza e la comunità internazionale hanno il dovere e l’obbligo di salvare vite umane. Il continuo fallimento di questo Consiglio [di Sicurezza] è imperdonabile. Solo il diritto internazionale e la pace meritano il sostegno incondizionato dei Paesi. Più ingiustizie e più omicidi non renderanno Israele più sicuro. Nessuna quantità di armi, nessuna alleanza, porterà sicurezza: solo la pace lo farà, la pace con la Palestina e il suo popolo. Il destino del popolo palestinese non può continuare ad essere l’espropriazione, lo sfollamento, la negazione dei diritti e la morte. La nostra libertà è la condizione per condividere pace e sicurezza».

Al-Maliki ha sottolineato che «Per evitare una catastrofe umanitaria ancora più grande e una ricaduta regionale, deve essere chiaro che ciò può essere raggiunto solo ponendo fine immediata alla guerra israeliana lanciata contro il popolo palestinese nella Striscia di Gaza. Fermate lo spargimento di sangue».

Nel dibattito sono intervenuti anche i rappresentanti di altri Paesi coinvolti nel conflitto israelo-palestinese. Con alcuni dei quali l’Italia ha stretto rapporti economici e politici sorvolando sulle differenza di opinione e di strategia geopolitica (e dando loro patenti di inesistente democraticità e moderatismo) che sono emerse clamorosamente nel dibattito al Consiglio di sicurezza dell’Onu. A cominciare dal ministro degli esteri ad interim della Libia (governo occidentale di Tripoli riconosciuto da Onu e Italia)  Eltaher Salem Elbaour, che ha condannato «La brutale aggressione di Israele contro la Striscia di Gaza» e,  alludendo al bombardamento dell’ospedale Al-Ahli Arab che ha causato la morte di 500 persone, ha detto che «Nessun media al mondo può falsificare ciò che è accaduto a Gaza». Poi rivolgendosi alle «Cosiddette nazioni civilizzate che esprimono sostegno all’aggressione, smascherando la falsità dietro gli slogan sui diritti umani» (e tra le quali c’è evidentemente l’Italia), ha chiesto: «Che tipo di messaggio state inviando al mondo? Il mondo è pienamente consapevole di ciò che sta accadendo nei Territori Palestinesi Occupati. Basta doppi standard; basta falsificare i fatti».

E un altro imbarazzante amico dell’Italia e dell’Occidente (e rappresentante di uno dei pochi Stati arabi ad avere rapporti diplomatici con Israele) il ministro degli esteri dell’Egitto Sameh Shoukry, è andato ben oltre le parole di Guterres: «I territori palestinesi stanno attraversando sviluppi orribili. Lì, migliaia di persone sono state uccise, tra cui migliaia di bambini. E’ vergognoso che alcuni continuino a giustificare ciò che accade, citando il diritto all’autodifesa e alla resistenza al terrorismo. Il silenzio in questo caso equivale a dare la propria benedizione. Invocare il rispetto del diritto internazionale umanitario senza descrivere violazioni specifiche equivale a partecipare ai crimini».

Il rappresentante del Libano, un altro Paese già coinvolto con le milizie sciite filoiraniane di Hezbollah nella guerra in corso, ha respinto le argomentazioni di Israele: «Non esiste alcuna legge o dottrina che giustifichi l’uccisione sistematica di una popolazione che vive in una prigione a cielo aperto da più di mezzo secolo. Parlando di risoluzioni Onu, ci dispiace dirvi che sono state completamente ignorate e ignorate dalle forze di occupazione israeliane. Gli arroganti israeliani non hanno risposto nemmeno ai ripetuti appelli del Segretario generale delle Nazioni Unite perché non credono in questa Organizzazione e non credono nella pace. Gli Stati arabi avevano accettato la pace nel 2002 attraverso un accordo di iniziativa saudita. Il Libano non è mai stato un aggressore, è sempre stato vittima dell’aggressione di Israele a partire dagli anni ’60. Israele ha mantenuto parti del Libano sotto occupazione».

Al Haka Dindi,  rappresentante  della Siria, un altro Paese che ha una parte del suo territorio – il Golan – occupato da Israele e che in questi giorni è stato nuovamente bombardato da aerei israeliani, ha detto che «La campagna criminale e sanguinosa di Israele va oltre la comprensione e l’immaginazione. Questa campagna illegale non sarebbe stata possibile se alcuni Stati occidentali non avessero dato carta bianca a quello che chiamano diritto all’autodifesa. Commettendo massacri e genocidi contro il popolo palestinese, Israele persegue la politica della terra bruciata, grazie agli Stati Uniti che non solo hanno ostacolato le decisioni del Consiglio di Sicurezza ma hanno anche fornito aiuti militari a Israele e milioni di dollari per eliminare i palestinesi. Dobbiamo stare attenti a non mettere sullo stesso piano le vittime e la potenza occupante e riconoscere il legittimo diritto dei palestinesi ad uno Stato indipendente».

Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha preso le difese di Israele  ricordando che «Tra le oltre 1.400 persone uccise da Hamas il 7 ottobre c’erano cittadini di oltre 30 Stati membri delle Nazioni Unite, compresi gli americani. Ognuno di noi ha un interesse, ognuno di noi una responsabilità nello sconfiggere il terrorismo». Ha anche sottolineato «La necessità vitale di proteggere i civili. Israele ha il diritto e l’obbligo di difendersi». Ma ha aggiunto che «Il modo in cui lo fa è importante» e che «Hamas non rappresenta il popolo palestinese e i civili palestinesi non sono responsabili della carneficenza commessa dai militanti. I civili palestinesi devono essere protetti, questo significa che Hamas deve smettere di usarli come scudi umani. E’ difficile pensare a un atto di maggiore cinismo». Ma «Israele deve prendere tutte le precauzioni possibili per prevenire danni ai civili e che cibo, acqua, medicine e altri aiuti umanitari devono poter fluire a Gaza e alle persone che ne hanno bisogno. I civili devono essere in grado di uscire dal pericolo» e ha sollecitato la necessità di prendere in considerazione «Pause umanitarie», visto che Israele non vuol sentir parlare di tregua o cessate il fuoco.

Ma Amir Saied Iravani, ambasciatore all’Onu dell’Iran (il convitato di pietra della guerra in corso) ha risposto che «Oggi il Segretario di Stato americano ha tentato ancora una volta di attribuire erroneamente la colpa all’Iran. Il costante sostegno degli Stati Uniti all’occupazione e all’aggressione li ha resi parte attiva del problema. Gli Stati Uniti hanno ulteriormente esacerbato il conflitto allineandosi apertamente con l’aggressore a scapito dell’innocente popolazione palestinese. La rapida fornitura di sostegno militare e logistico all’oppressivo regime occupante ha reso gli Stati Uniti complici del brutale massacro di palestinesi innocenti nella Striscia di Gaza. E’ deplorevole che oggi in quest’aula gli Stati Uniti e alcuni Stati occidentali abbiano tentato di scaricare la colpa dal colpevole alla vittima. Equiparano l’autodifesa e il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese al terrorismo, tentando di garantire al regime occupante, Israele, un ingiusto diritto all’autodifesa. Il diritto internazionale è chiaro su questo argomento, ha detto. Non è previsto che un regime occupante possa invocare il diritto all’autodifesa ai sensi dell’Articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite».

Per quanto riguarda gli altri membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, Tom Tugendhat, ministro della sicurezza britannico, ha espresso «Uun risoluto sostegno al diritto di Israele all’autodifesa», ma allo stesso tempo ha riconosciuto che «I palestinesi stanno soffrendo», sottolineando che «Il Regno Unito ha stanziato 37 milioni di dollari extra per sostenere i civili a Gaza. Dobbiamo evitare che questo conflitto scateni conflitti oltre Gaza e travolga la regione più ampia in una guerra. E’ nell’interesse dei civili israeliani e palestinesi e di tutti gli Stati della regione che questo conflitto non si estenda ulteriormente. La posizione di lunga data del Regno Unito sul processo di pace in Medio Oriente sostiene una soluzione negoziata che porti a un Israele sicuro e protetto che conviva accanto a uno Stato palestinese vitale e sovrano. Gli eventi della scorsa settimana mostrano con totale chiarezza la necessità di raggiungere questi obiettivi. La speranza e l’umanità devono vincere»

La ministra degli esteri della Francia. Catherine Colonna, ha confermato la netta posizione filo-israeliana presa dal presidente Emmanuel Macron: « E’ giunto il momento che il Consiglio si assuma il dovere di condannare l’attacco di Hamas in Israele. La Francia è fermamente al fianco di Israele, che ha il diritto di difendersi, nel rispetto del diritto internazionale umanitario». Ma ha ammesso che «In effetti, tutte le vite dei civili devono essere protette. A Gaza è urgentemente necessario un accesso rapido e sicuro agli aiuti. Ogni minuto conta». E anche lei ha chiesto «Pause umanitarie e una tregua che possa portare a una pace duratura». Poi ha aggiunto che «Allo stesso tempo il Consiglio deve mobilitarsi ed esercitare pienamente le proprie responsabilità. E’ nostro dovere aprire la strada alla pace. L’unica soluzione praticabile è quella dei due Stati. Dobbiamo fare tutto il possibile. Questo Consiglio deve agire e deve agire ora».

Secondo l’ambasciatore della Russia all’Onu,  Vasily Nebenzya, «E’ stato un peccato che l’incontro abbia avuto luogo durante la Giornata delle Nazioni Unite, sullo sfondo di una violenza senza precedenti che ha causato vittime catastrofiche da entrambe le parti, con dei russi tra le vittime. Il numero di morti e feriti testimonia il fatto che la portata del disastro umanitario nella Striscia di Gaza ha superato ogni nostra peggiore immaginazione. Gli atti terribili del 7 ottobre e i tragici eventi che ne sono seguiti sono il risultato di anni di posizioni distruttive assunte da Washington, gli Stati Uniti hanno sabotato le potenziali soluzioni al prolungato conflitto nella regione. Noi, insieme a molti altri, ormai da diversi anni, abbiamo avvertito che la situazione è sull’orlo dell’esplosione e l’esplosione è avvenuta. Questa crisi ha dimostrato ancora una volta che senza un’equa soluzione del conflitto israelo-palestinese in linea con le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e dell’Assemblea Generale e sulla base delle decisioni internazionali approvate sulla soluzione dei due Stati, la stabilizzazione regionale sarà fuori portata. E’ necessario un processo negoziale sostenibile. Dopo questo, deve esserci la creazione di uno Stato palestinese sovrano, entro i confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale, che coesista in pace e sicurezza con Israele».

L’ambasciatore della Cina  Zhang Jun ha  invitato il Consiglio di sicurezza dell’Onu a inviare un messaggio forte e unito: «Questo include un cessate il fuoco immediato, che il Consiglio deve esprimere in un linguaggio chiaro e inequivocabile. In caso contrario, la soluzione dei due Stati potrebbe essere messa a repentaglio. Gli Stati dovrebbero sostenere la coscienza morale e non i doppi standard. Passando alla situazione umanitaria a Gaza, sono necessari sforzi urgenti. Le forniture di aiuti attualmente autorizzate a entrare nell’enclave sono una goccia nel mare. L’assedio totale di Gaza deve essere revocato insieme alla punizione collettiva dei palestinesi. Invito Israele a fermare i suoi attacchi e a consentire la consegna degli aiuti. Il diritto umanitario internazionale deve essere rispettato. Il Consiglio deve difendere lo Stato di diritto a tutti i livelli e opporsi a qualsiasi violazione. La causa principale del conflitto risiede nell’occupazione prolungata del territorio palestinese e nella mancanza di rispetto dei loro diritti. Le azioni del Consiglio non devono discostarsi da questo».