Alla scoperta degli ecosistemi dell’Honduras, la terra dalle acque profonde
Ma un’altra grave conseguenza della deforestazione è che provoca danni irreparabili alle risorse idriche
[6 Dicembre 2023]
L’Honduras (o Las honduras, che significa “terra dalle acque profonde”) è stato battezzato in questo modo da Cristoforo Colombo, impressionato dalle acque limpidissime e abissali poco lontane dalla costa atlantica quando ci arrivò per la prima volta nel 1502, durante il suo quarto e ultimo viaggio nelle Americhe.
L’Honduras è un meraviglioso e incantevole paradiso del Centro America ai confini con El Salvador; in un punto particolare si può avvistare anche l’altro oceano, il Pacifico. Rispetto agli altri Paesi del Centro America, l’Honduras ha subito di meno gli stravolgimenti causati da guerre, dittature, urbanizzazione selvaggia e soprattutto deforestazione.
Con i suoi 112.520 kmq di superficie, una popolazione di poco più di dieci milioni di abitanti secondo l’ultimo censimento del 2021 e un tasso di crescita di circa il 3%, l’Honduras è riuscito a mantenere il 48% del suo territorio forestale com’era ai tempi in cui ci arrivò Cristoforo Colombo.
Nelle foreste abbattute dai conquistatori spagnoli sono state impiantate delle piantagioni di banane, che tuttora il Paese esporta in tutto il mondo. Fortunatamente, date la morfologia del territorio e le difficoltà per trasportare il legno dall’entroterra verso le coste, molte foreste sono state risparmiate. L’Honduras ha inoltre un’altra ricchezza, costituita dalle miniere, soprattutto aurifere. Infatti la capitale Tegucigalpa, fondata dagli spagnoli nel 1524, è diventata presto il centro minerario più importante di tutto il Centro America.
In Honduras esistono delle foreste, come quella di La Tigra, diventate recentemente parchi nazionali. Lungo la cordigliera a nord-ovest è stato istituito il parco nazionale del Celaque, altri ancora sono sorti sia a nord sia a sud del Paese. Nonostante i suoi problemi, oggi l’Honduras può vantare riserve, aree protette e parchi molto belli e popolati da una flora lussureggiante e da una fauna piuttosto ricca e variegata.
In alcune aree protette vivono le uniche tre specie di scimmie rimaste nel Paese, cioè l’aluatta dal mantello (Alouatta palliata), il cebo cappuccino (Cebus capucinus) e la scimmia ragno (Ateles geoffroyi), le stesse del vicino Nicaragua. Nell’Honduras la situazione delle scimmie ragno e delle diverse sue sottospecie è molto critica, soprattutto a causa dei cambiamenti ambientali provocati dall’uomo. Ora vivono solo nel parco nazionale di Pico Bonito e in un’area chiamata la Mosquitia.
Gli organismi preposti alla loro conservazione sono finanziati poco e male e non possono fare molto per ostacolare l’espansione delle aree agricole limitrofe ai parchi, coltivate soprattutto a mais e a caffè e con pascoli bovini sempre più numerosi; per non parlare del bracconaggio, ancora molto diffuso in tutto il Centro America e quindi anche nell’Honduras. Queste sono tutte sciagure che prima o poi porteranno la scimmia ragno, e non solo, all’estinzione.
Ci sono pochi interventi per risalire la china e soprattutto per il contenimento della deforestazione, che non è appannaggio solo delle multinazionali del legno ma anche della gente del luogo, che disbosca per coltivare piccoli appezzamenti di terra, tra l’altro abusivi.
Una sorte analoga la stanno subendo sia il cebo cappuccino sia l’aluatta, che si ritrovano in territori sempre più piccoli per loro. Sono animali con un homerange molto grande e che quindi per alimentarsi in un anno si spostano per lunghe distanze, ritrovando spoglie le aree che avevano lasciato l’anno prima.
Un’altra grave conseguenza della deforestazione è che provoca danni irreparabili alle risorse idriche, non solo per le scimmie, ma per tutta la flora e tutta la fauna esistenti. Per le scimmie c’è un altro problema non secondario: con l’antropizzazione dei loro territori diventa più frequente la trasmissione di malattie dall’uomo a loro (antroponosi), soprattutto a causa di un nematode che le scimmie si trasmettono attraverso le feci.
Per evitare che le scimmie scompaiano definitivamente dall’Honduras le autorità hanno pensato a un progetto di reinserimento di nuovi esemplari nei vari territori, ma per ora i risultati sono molto scarsi. Queste scimmie ci cibano di una grande quantità e varietà di piante, fiori e germogli, soprattutto di ficus, terminalia e spondias, nonché di larve e formiche; a causa del veloce depauperamento del terreno, però, la flora si sta impoverendo sempre di più. E pensare che fino a un centinaio di anni fa queste zone dell’Honduras erano praticamente incontaminate!
L’invasione del territorio da parte dell’uomo, d’altra parte, non ha portato nessun beneficio. Le terre sono diventate sterili e non adatte alle coltivazioni, tanto che un terzo degli honduregni ha abbandonato tutto ed è emigrata come forza lavoro negli Stati Uniti, in Canada e anche in Europa. Quindi oltre al danno anche la beffa! In ultimo, l’aumento della siccità e l’incremento automatico della salinità del terreno, con il conseguente aumento di piante infestanti come la centaura nera e l’euforbia, hanno fatto il resto.
In conclusione, nell’Honduras (ma non solo) non esiste più la possibilità di distinguere ciò che si è perso da ciò che si è guadagnato rispetto al passato. Di fronte a questo disastro economico, umano e ambientale, le autorità hanno pensato di sfruttare i parchi, con le ultime scimmie rimaste al loro interno, a scopo turistico. Quando le scimmie vedono arrivare i turisti nei loro territori, però, non si avvicinano e non si mettono in posa per farsi fotografare, ma scappano via a gambe levate: la vanità non è nella loro natura.