Nel 2024, quasi 300 milioni di persone avranno bisogno di assistenza e protezione, a causa di guerre, clima persecuzioni
Tra il 2021 e il 2022, gli sfollati interni causati dai cambiamenti climatici sono aumentati del 45% in un solo anno
[12 Dicembre 2023]
Secondo il rapporto “Global Humanitarian Overview 2024” pubblicato dall’United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA). «Nel prossimo anno, 74,1 milioni di persone avranno bisogno di assistenza umanitaria nell’Africa orientale e meridionale».
Da sola la guerra civile in Sudan rappresenta quasi il 40% di questo totale. L’OCHA sottolinea che «Le richieste nazionali per il Sudan, e per l’intera regione, sono aumentate da quando è scoppiato il conflitto nell’agosto 2023, con un massiccio afflusso di persone verso i Paesi vicini. Il Sudan sta registrando un rapido aumento dei bisogni, passando da 15,8 milioni di persone nel 2023 all’incredibile cifra di 30 milioni di persone nel 2024».
Nell’Africa occidentale e centrale, 65,1 milioni di persone hanno bisogno di aiuto e le crisi in Burkina Faso e Niger si sono estese e intensificate.
In Medio Oriente e Nord Africa, 53,8 milioni di persone necessitano di assistenza, con l’infinita guerra in Siria che ha provocato 32,5 milioni di persone bisognose, sia all’interno della Siria che nei Paesi vicini.
In Asia e nel Pacifico le persone bisognose di aiuto sono 50,8 milioni. delle quali 30,6 milioni in Afghanistan. In Myanmar i bisogni sono aumentati con l’aggravarsi della crisi politica ed etnica.
In America Latina e Caraibi ci sono attualmente 38,9 milioni di persone bisognose, di cui 15,9 milioni sono colpite dalla crisi del Venezuela.
Nell’Europa orientale 16,8 milioni di persone sono ancora bisognose di aiuto a causa della guerra in Ucraina.
Ci sono tre fattori principali che determinano queste crisi umanitarie crescenti:
Guerra: il mondo sta sperimentando sempre più conflitti, sempre più radicati, con conseguenze devastanti per i civili. Solo nel 2023, lo scoppio della guerra diffusa in Sudan e le ostilità tra Israele e Gaza hanno causato un drammatico aumento delle morti civili. In sole 5 settimane, il numero di civili uccisi nei Territori palestinesi occupati è stato equivalente a quasi il 60% del numero totale globale di civili uccisi nel 2022, che era già di per sé l’anno più sanguinoso dal genocidio del Rwuanda del 1994. Quasi 1 bambino su 5 nel mondo vive o fugge da zone di guerra.
L’emergenza climatica globale: la crisi climatica si sta espandendo a spirale, lasciando una scia di distruzione sul suo cammino. Si prevede che il 2023 sarà l’anno più caldo mai registrato con disastri climatici simultanei, dal ciclone tropicale Freddy nell’Africa meridionale agli incendi in Europa e alla devastazione provocata dalla tempesta Daniel in Libia. Tra il 2021 e il 2022, Gli sfollati interni causati dai cambiamenti climatici sono aumentati del 45% in un solo anno,
Fattori economici: le dinamiche economiche si sovrappongono a conflitti, disastri climatici, epidemie di malattie infettive e altri, come un fattore significativo di bisogni umanitari e sono un fattore primario, o un forte contributo, all’aumento dei bisogni in diverse crisi, tra cui Afghanistan, Siria e Venezuela.
Tutto questo fa sì che «Oggi gli sfollati sono più numerosi che in qualsiasi altro momento dall’inizio del secolo – denuncia il rapporto OCHA – . In tutto il mondo, più di 1 persona su 73 è stata costretta a sfollare, un rapporto che è quasi raddoppiato negli ultimi 10 anni. I conflitti e i disastri climatici rimangono i principali fattori che determinano lo sfollamento. Alla fine del 2022, gli sfollati interni hanno raggiunto il livello più alto mai raggiunto, con 71,1 milioni di sfollati interni (IDP) in tutto il mondo, che rappresentano un aumento del 20% in un anno (il maggiore aumento su base annua dal 2013). Il numero di rifugiati ha raggiunto il livello record, pari a 36,4 milioni, di cui oltre la metà provenienti da Afghanistan, Siria e Ucraina».
L’insicurezza alimentare acuta, causata da conflitti armati, shock economici, condizioni climatiche estreme, povertà e disuguaglianza, è una realtà per 258 milioni di persone in 58 Paesi. Il deperimento minaccia la vita di 45 milioni di bambini sotto i 5 anni (che rappresentano il 7% di tutti i bambini). L’OCHA avverte che «Di questi, 13,6 milioni soffrono già di grave deperimento, il che li espone a un imminente rischio di morte. Senza sforzi internazionali concertati, le prospettive della sicurezza alimentare peggioreranno ulteriormente nel 2024, con Burkina Faso, Mali, Territori palestinesi occupati, Sud Sudan e Sudan ai massimi livelli di preoccupazione».
E le epidemie dimenticate appena il Covid-19 ha allentato la sua presa sui Paesi ricchi stanno causando significative perdite di vite umane. Il rapporto evidenzia che «Epidemie di colera sono segnalate in 29 paesi e queste sono diventate più mortali negli ultimi due anni a causa del sovraccarico dei sistemi sanitari, della carenza di vaccino orale contro il colera, della mancanza di accesso all’acqua pulita e ai servizi igienico-sanitari e alla presenza di molteplici epidemie parallele». E la ulteriore cattiva notizia è che El Niño e altri fenomeni climatici, incluso il dipolo dell’Oceano Indiano, peggioreranno gli effetti del cambiamento climatico e i conseguenti problemi sanitari in tutto il mondo, mentre molte comunità colpite dalle crisi restano sotto-vaccinate per il Covid-19 che sta rialzando la testa.
Ma il rapporto fa notare che «Nonostante l’aumento dei conflitti, l’emergenza climatica globale e altri fattori stiano facendo salire alle stelle i bisogni in molti luoghi, tra il 2023 e il 2024 il numero di persone identificate come bisognose è diminuito in diversi Paesi» e questo per tre ragioni principali: 1. a seguito di miglioramenti, diversi Paesi hanno interrotto i loro piani/appelli umanitari per il 2024, e tra questi figurano Kenya, Malawi e Pakistan, ciascuno dei quali è sulla strada della ripresa dopo dei devastanti eventi climatici nel 2023, ma necessitano di investimenti urgenti per lo sviluppo per sostenere le comunità colpite dalla crisi climatica. 2. ci sono stati alcuni miglioramenti nei Paesi che hanno ancora piani/appelli umanitari, anche se i loro bisogni rimangono estremamente acuti. In Somalia, ad esempio, il massiccio aumento della risposta umanitaria e la fine della siccità nel 2023 porteranno a un numero inferiore di persone bisognose nel 2024. Nel frattempo, nello Yemen la tregua di fatto della guerra, una maggiore la libertà di movimento e l’aumento del flusso di importazioni commerciali e di carburante nel 2023, combinati con un’azione umanitaria mirata ed efficace, hanno contribuito a ridurre il bisogno in quella che era la più devastante crisi umanitaria del mondo. 3. l’introduzione di una nuova metodologia per l’analisi dei bisogni – il Joint and Inter-Sectoral Analysis Framework (JIAF) 2.0 – ha consentito un’analisi più sfumata e rigorosa dei bisogni umanitari. In diversi Paesi, questo ha consentito ai partner umanitari di individuare con maggiore precisione le persone e i luoghi con i maggiori bisogni, garantendo al tempo stesso che non vi siano duplicati.
Per il 2024, le Nazioni Unite e le organizzazioni partner lanciano un appello per 46,4 miliardi di dollari per assistere 180,5 milioni di persone in 72 Paesi e spiegano che «La regione del Medio Oriente e del Nord Africa richiede 13,9 miliardi di dollari, il totale più grande per qualsiasi regione nel 2024 e che rappresenta il 30% della panoramica umanitaria globale. L’Africa orientale e meridionale richiede 10,9 miliardi di dollari, mentre l’Africa centrale e occidentale richiede 8,3 miliardi di dollari. L’Asia e il Pacifico richiederanno 5,5 miliardi di dollari, l’Europa dell’Est 4,1 miliardi di dollari e l’America Latina e i Caraibi 3,6 miliardi di dollari.
L’appello globale di quest’anno riflette gli sforzi estesi dei partner umanitari per dare priorità alla risposta nelle aree in cui le persone si trovano ad affrontare i bisogni più pericolosi per la vita, sulla base di una comprensione realistica della loro capacità di fornire aiuto».
In diversi Paesi come Camerun, Repubblica Centrafricana, Honduras, Nigeria e Somalia, l’assistenza umanitaria si concentrerà nelle aree geografiche che sono state recentemente colpite da shock e che presentano i bisogni più elevati. In altri, come Ciad, Mali, Siria e Yemen, i piani di risposta umanitaria per il 2024 concentreranno la risposta sui bisogni umanitari più urgenti, evidenziando al contempo l’impellente necessità di una risposta di sviluppo complementare.
Presentando il rapporto a Doha, in Qatar, Martin Griffiths, sottosegretario generale per gli affari umanitari dell’Onu, ha ricordato la triste realtà attuale: e «Gli operatori umanitari stanno salvando vite umane, combattendo la fame, proteggendo i bambini, reprimendo le epidemie e fornendo riparo e servizi igienico-sanitari in molti dei contesti più disumani del mondo. Ma il sostegno necessario da parte della comunità internazionale non è al passo con i bisogni. Ringraziamo tutti i donatori per il loro contributo, che quest’anno ammonta a 20 miliardi di dollari, ma si tratta solo di un terzo di ciò che era necessario. Se non saremo in grado di fornire ulteriore aiuto nel 2024, le persone lo pagheranno con la vita».
La carenza di finanziamenti nel 2023 ha fatto sì che le organizzazioni umanitarie abbiano raggiunto meno di due terzi delle persone che intendevano assistere. Le conseguenze sono tragiche: in Afghanistan, tra maggio e novembre, 10 milioni di persone hanno perso l’accesso all’assistenza alimentare. In Myanmar più di mezzo milione di persone sono rimaste in condizioni di vita inadeguate. Nello Yemen, oltre l’80% delle persone destinatarie di assistenza non dispone di acqua e servizi igienico-sanitari adeguati. E in Nigeria, solo il 2% delle donne in attesa di servizi di salute sessuale e riproduttiva e di prevenzione della violenza di genere li ha ricevuti.
Le organizzazioni umanitarie hanno dovuto fare pesantissimi tagli e concentrarsi su chi ha bisogno di un aiuto più urgente, il risultato è che l’anno prossimo le persone che potranno essere assistite saranno 181 milioni rispetto ai 245 milioni della fine del 2023. Ormai, di fronte al crescente disinteresse per i disperatio della Terra, anche le organizzazioni umanitarie chiedono meno fondi: 46,4 miliardi di dollari per il 2024 rispetto ai 56,7 miliardi di dollari alla fine dell’appello globale del 2023, ma l’Ocha sottolinea che «Tuttavia, l’ambizione di raggiungere tutte le persone bisognose non è cambiata e l’appello rivolto ai donatori a scavare in profondità e finanziare interamente tutti i piani di risposta è più urgente che maiz.
Mentre la tragedia di Gaza sta diventando indicibile e conclude un altro anno incredibilmente impegnativo per gli aiuti umanitari, quasi 300 milioni di persone in tutto il mondo hanno bisogno di assistenza e protezione umanitaria e Griffiths fa notare che «300 milioni di persone, penso che equivalgano al terzo Paese più grande e più popoloso del mondo, 300 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria in tutto il mondo. E tutti conosciamo le cause. Non ci sono segreti. Conflitti nuovi e risorgenti in tutto il mondo con conseguenze profonde e durature, quasi nessuno dei quali viene risolto e diventa ciò che chiamiamo intrattabile. Quest’anno abbiamo assistito allo scoppio di conflitti ancora più brutali. Ce n’è stato uno dopo l’altro. In Sudan ad aprile e, come ho appena accennato, in Israele e nei Territori palestinesi occupati in ottobre – questi due enormi conflitti geostrategicamente importanti e umanitariamente vitali si sono aggiunti alla miriade di altri conflitti irrisolti che hanno tenuto milioni di persone in uno stato di prolungata bisogno e che non avremmo discusso della situazione in cui ci trovavamo un anno fa. Ucraina, ve lo ricordate? In Siria, ve lo ricordate? Nello Yemen – me lo ricordo – per citarne solo alcuni».
Griffiths ha ricordato che «Oggi sono più i bambini sfollati a causa del clima che a causa dei conflitti, il che è una cosa terribile, una cosa terribile sul comportamento umano» e ha aggiunto: «Adesso ci sono più di quattro cavalieri dell’apocalisse: sono tanti e li vediamo ogni giorno (…) Se vogliamo superare sfide sempre più complesse per l’azione umanitaria, cosa che vedremo nel 2024 – e alla fine di quest’anno avremo un bilancio negativo a meno che non accada un miracolo – allora tocca a tutti noi. Proprio come a Gaza, tutti noi dobbiamo unirci per fare la nostra parte. Dopotutto, in assenza di soluzioni, il ruolo più importante che la comunità internazionale può svolgere nelle crisi è fare tutto il possibile per salvare vite umane, riconfermare l’umanità, riconfermare che siamo, nella nostra essenza, umani, premurosi e generosi».