Creme solari sulle nevi del Polo Nord

Studio Italiano scopre contaminanti “emergenti” riconducibili ai prodotti per la cura personale nella neve delle isole Svalbard

[20 Dicembre 2023]

Lo studio “Chemicals of Emerging Arctic Concern in north-western Spitsbergen snow: Distribution and sources”, pubblicato su Science of The Total Environment da un team di ricercatori  dell’Università Ca’ Foscari Venezia, dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) e dell’ University Centre in Svalbard, ha scoperto tracce di creme solari al Polo Nord, sui ghiacciai dell’arcipelago delle Svalbard che  «Si depositano soprattutto in inverno, quando sull’Artico cala la notte».

L’obiettivo dello studio era quello di fornire la prima panoramica della presenza ambientale dei prodotti per la cura personale in Artico e dati sulla loro distribuzione spaziale e stagionale nel manto nevoso. I ricercatori italiani spiegano che «Grazie ad un progetto Arctic Field Grant finanziato dal Research Council of Norway, in collaborazione con il Cnr-Isp e la stazione di ricerca Italiana Dirigibile Italia a Ny Ålesund, è stato possibile condurre, tra aprile e maggio 2021, un campionamento da cinque ghiacciai, situati nella penisola di Brøggerhalvøya. La varietà dei siti selezionati sia in prossimità di insediamenti umani sia in luoghi più remoti, ha permesso di studiare la presenza e il comportamento dei contaminanti emergenti, composti tutt’ora in uso ma monitorati dalla comunità scientifica in quanto potenzialmente dannosi per l’ecosistema. I risultati hanno rivelato la presenza di diversi composti, come fragranze e filtri UV, che derivano dai prodotti per la cura personale di largo consumo, fino alle latitudini più estreme».

La principale autrice dello studio, Marianna D’Amico, dottoranda in scienze polari all’università Ca’ Foscari Venezia, evidenzia che «Questa è la prima volta che molti dei contaminanti analizzati, quali Benzofenone-3, Octocrilene, Etilesil Metossicinnamato e Etilesil Salicilato, vengono identificati nella neve artica».

Uno degli autori dello studio, Marco Vecchiato, ricercatore in Chimica analitica a Ca’ Foscari, aggiunge: «I risultati evidenziano come la presenza dei contaminanti emergenti nelle aree remote sia imputabile al ruolo del trasporto atmosferico a lungo raggio. Infatti, le concentrazioni più alte sono state riscontrate nelle deposizioni invernali. Alla fine dell’inverno, le masse d’aria contaminate provenienti dall’Eurasia raggiungono più facilmente l’Artico. L’esempio più evidente riguarda proprio alcuni filtri UV normalmente presenti nelle creme solari. L’origine delle maggiori concentrazioni invernali di questi contaminanti non può che risiedere nelle regioni continentali abitate a latitudini più basse: alle Svalbard durante la notte artica il sole non sorge e non vengono utilizzate creme solari».

La distribuzione di alcuni dei contaminanti scoperti dallo studio varia in base all’altitudine: «La maggior parte dei composti ha concentrazioni maggiori a quote più basse, tranne l’Octocrilene e il Benzofenone-3, due filtri UV comunemente utilizzati nelle creme solari, che al contrario sono più abbondanti sulla cima dei ghiacciai, dove arrivano dalle basse latitudini trasportati dalla circolazione atmosferica». fanno notare al Cnr.

il Cnr-Isp sottolinea che «Questi dati saranno utili per definire piani di monitoraggio nell’area, contribuendo anche alla protezione dell’ecosistema locale. I contaminanti selezionati hanno già dimostrato effetti negativi sugli organismi acquatici alterando le funzionalità del sistema endocrino e ormonale. Alcuni di questi composti sono normati a livello locale in diverse isole del Pacifico e sono attualmente sotto indagine da parte dell’Unione europea».

In questo contesto, quantificare i processi di re-immissione in ambiente dei contaminanti di interesse emergente durante la fase di fusione della neve diventa una priorità per la protezione dell’ambiente artico nel prossimo futuro. Un altro autore dello studio, Andrea Spolaor, ricercatore Cnr-Isp, conclude: «Sarà fondamentale comprendere i fenomeni di trasporto e deposizione di tali contaminanti nelle aree polari, soprattutto in relazione alle variazioni delle condizioni stagionali locali. Condizioni che stanno mutando rapidamente in risposta al cambiamento climatico, che in Artico avviene quattro volte più velocemente rispetto al resto del mondo».