Le piogge autunnali non bastano: primi sintomi di stress idrico
ANBI: la condizione di normalità idrica, raggiunta dopo 3 anni, non è assolutamente stabilizzata
[21 Dicembre 2023]
E’ ormai certo che il 2023 che sta per finire sarà il più caldo mai registrato, con più del 30% dei giorni hanno registrato temperature superiori di un grado e mezzo al periodo preindustriale 1850-1900, con picchi anche al di sopra di +2° C, mentre in questa seconda decade di Dicembre l’anticiclone atlantico sta portando stabilità atmosferica ed un deciso aumento delle temperature.
I corpi idrici godono ancora di buona salute, ma il report settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche segnala come, «Soprattutto sull’Italia centro-meridionale, stiano emergendo i primi sintomi di stress idrico che, accompagnati alla scarsità di neve in diversi settori dell’arco alpino e su gran parte della dorsale appenninica (in linea con il trend degli inverni recenti), dovrebbero far scattare un campanello d’allarme. Il deficit di pioggia, accumulato negli scorsi 24 mesi, interessa ancora percentuali più o meno ampie di territori europei, così come gli anomali livelli di evapotraspirazione degli scorsi 3 mesi mostrano condizioni finora sconosciute soprattutto sul bacino del Mediterraneo centro-occidentale».
Il presidente dell’Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue (ANBI), Francesco Vincenzi, sottolinea che «La condizione di normalità idrica, raggiunta dall’Italia dopo 3 anni di difficoltà, non è assolutamente stabilizzata. Condizioni di criticità possono tornare repentinamente a verificarsi ed è per questo quantomai necessario dotare il Paese di infrastrutture idrauliche, capaci di calmierare situazioni sia di rischio idrogeologico che di siccità».
Le situazioni sono diverse a seconda delle aree prese in esame. Ecco come le descrive l’Osservatorio ANBI:
I grandi laghi del Nord, sono tutti abbondantemente sopra la media con Maggiore e Benaco oltre il 90% di riempimento.
In Valle d’Aosta, lo zero termico oscilla fra i 3300 ed i 3500 metri, quando solo l’anno scorso si registrava a m. 3100. Le temperature medie sopra i 2000 metri sono in forte rialzo (si fatica a scendere sotto lo zero anche a quote superiori a m. 2500), mentre sono in ribasso ad altimetrie inferiori. Il manto nevoso va assottigliandosi: mediamente sulla regione si calcolano poco più di 61 centimetri di neve al suolo. Si riduce la portata d’acqua nella Dora Baltea, mentre rimane stabile il torrente Lys.
Sulle montagne del Piemonte la neve è scarsa (circa una trentina di centimetri attorno ai 2000 metri) ed è quasi assente sotto i 1500 metri. Decrescente è la portata della gran parte dei fiumi, dove si distingue negativamente ancora una volta, il Tanaro, attualmente ad 1/3 della portata media e addirittura più basso del 2022 (fonte: ARPA Piemonte). In Piemonte è in calo anche il livello del Po: al rilevamento di Isola S. Antonio la portata attuale è addirittura inferiore a quella di un anno fa; valori in leggera decrescita ed inferiori alla media mensile anche sul resto dell’asta fluviale.
La Lombardia, che dopo l’estate ha avuto un vero e proprio “exploit idrico” con un totale recupero dell’enorme deficit accumulato dal 2022, gode di una condizione migliore delle regioni confinanti anche dal punto di vista nivale. Se infatti la quantità di neve nella regione risulta leggermente inferiore alla media del periodo (-8,7%), l’altezza del manto nevoso, a parità di quota altimetrica, risulta maggiore di quella delle altre regioni alpine. Buona, anche se in calo, la portata del fiume Adda (185 metri cubi al secondo); il surplus di acqua stoccata (compresa la neve) è pari a 8,5%.
Spostandosi ad Est torna ad esserci poca neve: in Veneto l’altezza massima del manto (cm. 64) è stata registrata a Ra Valles (m.2600 ca.), sulle Dolomiti. I fiumi Adige, Piave e Brenta hanno livelli in calo, mentre in crescita è la Livenza e stabile la Piave.
In Emilia Romagna si nota una netta tendenza al rialzo idrico nei bacini appenninici dei fiumi Secchia ed Enza, minore per il romagnolo Savio ed in calo per i corsi d’acqua più occidentali, quali Trebbia e Taro. Decisamente anomala è la condizione del Reno, la cui portata è il 3% della media mensile (mc/s 1,16 invece di mc/s 38,40!).
In Liguria, i livelli dei corsi d’acqua sono decrescenti con Entella e Magra ben al di sotto delle medie del periodo; la neve è praticamente assente.
In Toscana, la prima metà di Dicembre è stata molto piovosa: in 15 giorni sono caduti mediamente circa 97 millimetri di pioggia, quando la media storica dell’intero mese si aggira su mm. 114. Il successivo periodo di tregua dal maltempo, però, ha immediatamente fatto scendere i livelli dei fiumi: calano, infatti, Serchio, Sieve, Ombrone ed Arno, la cui portata attuale si aggira su mc/s 64, più che dimezzata rispetto alla recente media mensile (mc/s 134).
Nelle Marche è presente un velo di neve solamente su uno dei rilievi della regione: cm. 14 sul Sibilla. Fatta eccezione per il Tronto, i fiumi marchigiani subiscono un nuovo, vistoso calo: Potenza ed Esino sono ai minimi del recente passato.
In Umbria rimangono sostanzialmente stabili i livelli dei fiumi Nera e Chiascio. Discorso a sè merita la condizione del lago Trasimeno: in questo periodo dell’anno e dopo una stagione caratterizzata da prolungati fenomeni di maltempo, l’ulteriore decrescita del livello lacustre (ora -cm. 139, lontano dal “minimo vitale” di cm. 120 ed anche dai -cm.129 dello scorso anno) deve fare riflettere sulle durature conseguenze causate dalla crisi climatica sulle risorse naturali di territori già pregiudicati da un’eccessiva pressione antropica.
Nel Lazio, stesso discorso vale per i laghi della cintura romana, dove si registra un’ulteriore, lieve decrescita di livello per i bacini di Nemi (ora a -cm. 9, quando l’anno scorso era a +cm.15!) e Bolsena. Calano le portate dei principali fiumi: Tevere (praticamente dimezzato), Aniene, Fiora e Liri.
In Abruzzo, il mese di novembre è risultato più piovoso della norma, principalmente sulla provincia di Chieti (+52,48% ma “a macchia di leopardo”: ad Ortona +333,8%, mentre nelle località meridionali della provincia si registra un deficit pluviometrico) e di Teramo (+42,6%, ma piogge scarse nell’entroterra); tra i fiumi cresce l’Orta, mentre cala il Sangro (fonte: Regione Abruzzo). Il manto nevoso si aggira sui 20 centimetri soltanto ad una quota prossima ai 1500 metri e solo in poche stazioni di rilevamento.
In Molise, il tratto del fiume Volturno è ai livelli più bassi degli ultimi anni, così come sono in calo le portate di tutti i corsi d’acqua in Campania.
In Basilicata rimangono sostanzialmente invariati i volumi trattenuti negli invasi, ma si amplia il deficit con quelli stoccati a Dicembre di un anno fa: -73,21 milioni di metri cubi (fonte: Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale).
Anche in Puglia, nonostante un incremento superiore ad 1 milione di metri cubi, i volumi invasati restano inferiori al 2022: – mln. mc. 30.
Il direttore Generale dell’ANBI, Massimo Gargano, conclude: «Manutenzione idraulica, infrastrutture, innovazione, sostenibilità: devono essere queste, le direttrici per lo sviluppo di un’Italia, che voglia essere padrona del proprio destino di fronte all’incertezza del quadro climatico. I nostri recenti accordi nel campo della innovazione nell’irriguo ne sono testimonianza».