Le piante selvatiche che contribuiscono al benessere delle persone non sono adeguatamente protette a livello globale
Gli “hotspot bioculturali” dovrebbero essere aree prioritarie per la conservazione della natura
[25 Gennaio 2024]
L’innovativo studio “The global distribution of plants used by humans” pubblicato su Science da un team di scienziati guidato dell’United Nations environment programme World Conservation Monitoring Centre (Unep -WCMC) e dei Royal Botanic Gardens (RBG), Kew, è la prima mappa globale della diversità e della rarità e della distribuzione di oltre 35.000 specie di specie vegetali con utilizzi documentati da parte delle persone.
All’Unep -WCMC ricordano che «Le piante rendono possibile la vita e hanno permesso all’umanità di svilupparsi e prosperare. Oltre a nutrire gli esseri umani e il bestiame, fornire medicinali vitali, carburante e materiali per l’abbigliamento e le infrastrutture, la diversità vegetale può fornire soluzioni ai problemi globali attuali e futuri, come la fame, le malattie e il cambiamento climatico. Tuttavia, ad oggi esistono poche prove empiriche su quante e quali specie di piante vengono utilizzate dalle persone e dove si trovano a livello globale. Queste informazioni sono importanti per supportare l’elaborazione delle politiche per la conservazione delle piante e dei servizi che forniscono».
L’analisi ha rivelato che «Le più alte concentrazioni di piante utilizzate si trovano ai tropici, dove c’è una maggiore biodiversità e diversità culturale umana complessive. Questi “hotspot bioculturali” dovrebbero essere aree prioritarie per la conservazione. Le regioni con elevate concentrazioni di specie vegetali utilizzate sono in gran parte non protette. La pianificazione e l’attuazione della conservazione devono integrare meglio le interazioni uomo-pianta per raggiungere gli obiettivi del Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework (GBF) e affinché le persone e la biodiversità possano prosperare in modo sostenibile in futuro».
Il GBF e il Biodiversity Plan e l’Assessment on the sustainable use of wild species dell’ Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES) evidenziano la necessità dell’interazione tra le persone e la natura per una loro migliore integrazione nelle strategie di conservazione. Gli autori del nuovo studio dicono che «Per farlo, è essenziale documentare e comprendere la diversità e la distribuzione delle specie vegetali utilizzate dall’uomo».
Il team di ricerca internazionale ha quantificato e modellato per la prima volta la distribuzione globale delle piante utilizzate dagli esseri umani, studiando la distribuzione di 35.687 specie di piante con usi documentati da parte delle persone, coprendo 10 categorie, tra le quali cibo umano e foraggio per animali, materiali, combustibili e medicinali. Le piante analizzate andavano dalle colture ampiamente coltivate alle piante rare raccolte in natura. Per prevedere la distribuzione geografica delle specie vegetali utilizzate e la loro rarità, l’analisi ha utilizzato più di 11 milioni di osservazioni di specie vegetali registrate da botanici di tutto il mondo e algoritmi di apprendimento automatico all’avanguardia. E’ così che lo studio ha identificato l’America Centrale, le Ande tropicali, il Golfo di Guinea, l’Africa meridionale, l’Himalaya, il Sud-Est asiatico e la Nuova Guinea «Come centri eccezionali di specie vegetali utilizzate rare e diversificate».
Mentre con il Target 3 del GBF, o Biodiversity Plan, i governi di tutto il mondo si sono impegnati a proteggere il 30% della Terra entro il 2030, restano dubbi su come le nuove aree protette garantiranno la conservazione a lungo termine della diversità vegetale e della sua biodiversità e i contributi che dannoalle persone.
Ai RBG – Kew fanno notare che «Nonostante la rete globale di aree protette copra il 16% delle terre emerse e delle acque interne della Terra, il modello mostra che esiste una maggiore probabilità che le piante utilizzate dalle persone – in particolare le specie rare – si trovino al di fuori delle aree protette piuttosto che al loro interno. Questo è particolarmente evidente in importanti aree ecologiche delle Americhe, dell’Africa meridionale, del Sud-est asiatico e dell’Australia».
Lo studio ha anche scoperto che «Un numero sproporzionato di specie vegetali utilizzate si trova in molti territori indigeni dell’America Centrale, del Corno d’Africa, del Sud e del Sud-Est asiatico, tuttavia, su scala globale, i territori indigeni non contengono concentrazioni più elevate di piante con caratteristiche e usi documentati. Le aree indigene che contengono una diversità vegetale eccezionalmente utilizzata dovrebbero essere considerate priorità sia per la conservazione della natura che per la protezione delle conoscenze tradizionali».
Una precedente valutazione della Lista rossa delle specie minacciate della natura dell’International Union for Conservation (IUCN) ha rilevato che su 2.800 specie vegetali utilizzate, più di una su tre è considerata a rischio di estinzione globale.
Ai RBG Kew fanno alcuni esempi di piante minacciate di estinzione utilizzate dalle persone usano:
Baobab gigante (Adansonia grandidieri). Endemico del Madagascar, il gigantesco albero di baobab viene utilizzato dall’uomo in molteplici modi: Il suo frutto è popolare per la sua elevata energia e gusto; La sua corteccia è utilizzata nella medicina tradizionale per curare l’ipocalcemia; – Le fibre della corteccia vengono utilizzate per realizzare corde per le pareti e tetti delle case; scatole, cestini e stuoie tradizionali; e nei cosmetici. Il baobab gigante è a rischio di estinzione secondo la Lista rossa delle specie minacciate della IUCN ed è minacciato dalla deforestazione, dal pascolo del bestiame e dallo sfruttamento eccessivo.
Tasso dell’Himalaya orientale (Taxus wallichiana). Si trova in tutta l’Asia, le foglie e la corteccia di questo albero vengono utilizzate per produrre il farmaco antitumorale paclitaxel e altri prodotti chimici. Secondo la Lista Rossa IUCN delle specie minacciate di estinzione, è in pericolo di estinzione, con diminuzioni fino al 90% segnalate in India e Nepal e fino al 50% in Cina. E’minacciato dalla deforestazione, dalla conversione del territorio e dallo sfruttamento eccessivo.
Parenti selvatici della patata (Solanum spp.). Secondo la Lista Rossa IUCN delle specie minacciate, quasi una specie di patata selvatica su quattro è a rischio di estinzione nel suo ambiente naturale nelle Americhe . I parenti selvatici delle colture sono fonti essenziali di diversità genetica per il miglioramento delle colture e la sicurezza alimentare. Molte di queste specie potrebbero essere resistenti a parassiti, malattie e condizioni meteorologiche estreme e potrebbero rappresentare soluzioni adattative per l’agricoltura ai futuri cambiamenti climatici.
I ricercatori sottolineano che «I risultati evidenziano l’urgente necessità di trovare modi per proteggere la biodiversità preservando al tempo stesso la sussistenza, il benessere e le conoscenze tradizionali delle persone. La pianificazione della conservazione deve considerare meglio la diversità vegetale e il suo contributo alle persone nella futura pianificazione della conservazione basata sull’area, in particolare nell’ambito dell’ambizioso Target 3 della GBF per aumentare le aree protette e conservate fino a coprire il 30% del territorio mondiale, delle acque interne e oceani entro il 2030».
Il principale autore dello studio, Samuel Pironon, scienziato senior di modellazione all’Unep-WCMC e leader della ricerca ai RBG Kew, evidenzia che «Il nostro studio dimostra che proteggendo le aree con un’elevata diversità vegetale, non solo proteggiamo la natura per il suo valore intrinseco, ma anche per il futuro dell’umanità sul pianeta. Tutti i settori della società devono ora unirsi e sviluppare meccanismi in grado di preservare la diversità vegetale a lungo termine, su scala globale e locale, garantendo al tempo stesso un accesso sostenibile, giusto ed equo alle risorse da parte delle persone».
Un altro autore dello studio, Ian Ondo, responsabile del programma all’Unep-WCMC e analista spaziale senior si RBG Kew, conclude: «La nostra ricerca è un punto di partenza cruciale per comprendere meglio l’enorme diversità delle piante utilizzate dalle persone, la loro importanza culturale e la distribuzione in tutto il mondo. Solleva molte domande che meritano ulteriori studi per informare meglio le politiche e guidare le azioni sul campo. Molte delle piante utilizzate dall’uomo non sono state ancora descritte scientificamente, ma è importante comprenderne il legame con la società e preservare queste specie come patrimonio comune dell’umanità».